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Virginia Sommadossi ci racconta le tante soddisfazioni, ma anche le traversie, che hanno vissuto in questi cinque anni dall’avvio di LIVE WORKS Performance Act Award.
A Centrale Fies ci prendiamo cura dei cortocircuiti che fanno accedere al “next level”.
Qui c’è stata, fin dall’inizio, una forte consapevolezza dell’importanza della ‘produzione’, ma anche la caparbietà nel mettere in atto nuove modalità produttive, dove il condividere, lo stare insieme, l’intrecciare i know how, il mischiare le nature diverse all’interno di un centro già abitato da chi ha fatto le più diverse esperienze nel campo delle pratiche live, diventano il “tessuto base”.
Oltre a questo una certa dose di coraggio, in totale contrasto con un trend che ci vorrebbe tutti allineati sul produrre cose per creare mero consenso, Centrale Fies non smette di produrre ricerca e qualità, di strutturare codici, di decodificare immaginari-documento della nostra contemporaneità.
Penso sia stato coraggioso, da parte della Direzione Artististica di inserire in un festival trentennale una piattaforma esclusivamente dedicata alle pratiche live provenienti dalle arti visive; coraggioso rispetto a un pubblico forse abituato ad altri formati e lontano dalle durational performance o da pratiche artistiche che tendono ad agire sulla realtà in tempo reale, senza limitarsi alla “rappresentazione”. Abbiamo rischiato di incorrere in una frattura, di perdere pubblico.
Ci abbiamo messo ben 5 anni ad allenare lo sguardo e il senso critico su LIVE WORKS e quest’anno la presenza di un folto pubblico incuriosito, motivato, attento, ci ha restituito gran parte della fatica.
In ogni lavoro di questa edizione è stato facile intuirne la profonda ricerca e la serietà, forse anche questo ha facilitato un dialogo col pubblico, un pubblico conscio di assistere e leggere un impegno reale, di onestà intellettuale e di grande generosità da parte degli artisti…ecco…questa è la base per non sentirsi offesi da eventuali limiti o sensazioni di disagio creati dalla performance: anzi, tutto ciò che ha in qualche modo debordato si è fatto essenza stessa della performance.
Gli applausi a riconciliare, ringraziare, ad accendere un ulteriore rapporto tra artista e pubblico. E’ proprio in questa logica che il tutto non può risolversi in ‘mi piace – non mi piace’, ma raggiunge altri livelli di pensiero e di relazione con quello che si vede sulla scena.
E questo Barbara Boninsegna, Simone Frangi e Daniel Blanga Gubbay – curatori di Live Works- lo sanno. E sanno anche quanto sia importante che i segni e le pratiche live del premio trovino modo di approdare in nuovi Paesi, centri, teatri, musei, gallerie, festival, esposizioni, in modo da testare sempre nuovi pubblici e nuovi contesti.
Gli artisti di LIVE WORKS degli anni scorsi ora fanno tappa in importanti appuntamenti nazionali e internazionali: all’interno di importanti esposizioni ( Biennale Venezia, Quadriennale Roma….) e Musei di Arti Contemporanee (…) e questo perché la selezione accuratissima dei curatori amplifica le possibilità future degli artisti scelti. E’ a loro, agli artisti, che viene dedicato moltissimo tempo, a partire da Fies, dove è come se facendo la residenza qui, gli artisti attuassero un’accelerazione della loro maturità e consapevolezza professionale.
Altro tipo di potenziamento e accelerazione delle pratiche artistiche, con presupposti diversi , l’avevamo già sperimentata nel 2007 con FIES FACTORY (il primo incubatore per artisti italiani: dall’ideazione di una strategia di sviluppo dei progetti artistici alla vendita, passando per la gestione finanziaria, la produzione, la ricerca dei possibili partner, la distribuzione, la promozione, la comunicazione); è stato uno dei primi progetti, di cui non era molto chiara (dal di fuori) la natura. In realtà per noi era tutto molto semplice: dare agli artisti le condizioni migliori per lavorare.
I selezionati potevano accedere a residenze di qualsiasi durata, curatela, attenzione per tutte le fasi produttive e un cospicuo network, quello di Fies, a fare da base per qualsiasi azione. Inizialmente, a disposizione dell’artista non solo per la produzione ma anche per il loro percorso di studio o di ricerca, 10.000 euro .
Centrale Fies aveva vinto il bando Patto Stato-Regione, e anziché investirli nel festival aveva deciso di dedicarsi alla produzione e alla curatela di giovani artisti italiani. A distanza di 10 anni la FACTORY c’è ancora, e continua a vivere nel mondo teatrale con Anagoor, Sotterraneo e Marta Cuscunà, che non cessano di lavorare e creare cifre stilistiche importanti e ad oggi molto conosciute.
Tra l’altro della prima Factory faceva parte anche uno dei curatore di Live Works Daniel Blanga Gubbay, con Pathosformel …insomma nulla nasce per caso… Così come 10 anni fa la FACTORY era stato il primo progetto a superare visioni consolidate e standard nella produzione e nell’accopagnamento degli artisti, oggi LIVE WORKS supera i limiti di età e nazionalità dell’artista ma ci mette la stessa forza, energia, passione, impegno e visione. E non solo.
Credo davvero che LIVE WORKS sia un progetto capace di ‘guardare più in là’, anche grazie alla modalità di free school (le residenze collettive tra artisti selezionati) è un’azione effettiva e fattiva (…) Il primo obbiettivo è quello di rintracciare, tracciare e mappare pratiche live potenziali o già in fieri, per intrecciare percorsi di analisi, curatela, e sostegno. Quest’anno lavoreremo inoltre all’archivio di tutte le performance prodotte in questi 5 anni. Questo significa che in futuro non lontano sarà possibile accedere a tutti i materiali del premio.



