Sposare la notte – Ep. III | Brancaccio, Costa Sud

Palermo, da Brancaccio a S. Erasmo attraversando le soglie della Costa Sud di Palermo | Venerdì 9 settembre | 18.00 - 01.00 
23 Novembre 2022
Sposare la notte III, Chiesa di San Ciro 1725 (riaperta dopo vent’anni) Palermo 2022 foto Francesco Baudo
Sposare la notte III Traccia impronta Chiesa di San Ciro – Foto Francesco Baudo

Autore Ferdinando Trapani
Editor Simone Raviola 

Quelli a cui sta a cuore Brancaccio, il suo Maredolce e lo spazio vuoto per una chiesa in memoria di Padre Pino Puglisi (parroco militante di periferia anch’egli, come Pier Paolo Pasolini, portatore di verità scomode e per questo ucciso a revolverate il giorno del suo compleanno, il 15 settembre 1993) avevano già fatto nel 2018 un cammino breve in occasione di Manifesta 12. Un cammino di attivisti, coinvolti nella vita politica quotidiana, molti studenti ma soprattutto residenti che saldava i due luoghi legati da un destino futuro misterioso. Se ne voleva capire il significato fugando il pericolo del loro abbandono e dell’oblio. Con g. olmo stuppia (che ha voluto aprirsi alle realtà di quartiere dedicando più di due mesi ad assemblee, incontri e lavoro etnografico proprio a Brancaccio) abbiamo scelto il tramonto non solo per il caldo implacabile dell’avvio settembrino a Palermo, ma anche per abbracciare la notte, a dipanare il senso della storia trascorsa. Per sondare il portato della violenza del passato recente puntando all’alba di un cambiamento possibile. Abbiamo palpato il corpo del vespro. Fuori dalla  “sicurezza” delle nostre case, dei luoghi Istituzionali e deputati all’arte, per fare del cammino una scultura:

[…] l’Occidente include il tramonto non solo nel suo nome, ma anche nella sua stessa struttura – che esso sia, cioè, dal principio alla fine una civiltà vespertina. Il vespro, la stella dell’Occidente, continua a splendere per tutta la notte che crediamo di stare attraversando e in cui invece dimoriamo; il tramonto – l’essere in ogni istante alla fine – è la condizione normale dell’uomo occidentale. Per questo la sua notte non aspetta dilùculo né aurora. Ma il tramonto, la crisi interminabile che egli persegue e che usa come un’arma letale che cerca con ogni mezzo di dominare, gli sta sfuggendo dalle mani e finirà per rivolgersi, come già sta avvenendo, contro di lui. La sicurezza è diventata la sua parola d’ordine perché l’Occidente ha cessato da un pezzo di sentirsi al sicuro¹.

Il cammino, o meglio la dérive², inizia con la memoria dell’acqua degli Archi di San Ciro che un tempo alimentava lo specchio lacustre di Maredolce. Un’acqua che, obliata dal cemento, ritorna come il nostro fluire in cammino. Partiamo dall’alto, ai piedi della montagna e riprogettiamo, per qualche ora, tutte le nostre certezze.

Brancaccio-Ciaculli è uno dei quartieri più densi di Palermo che nel 2019 accoglieva 16.666 residenti italiani e 153 stranieri³ e fa parte della seconda circoscrizione comunale, formata da tre fasce di distanza dal centro. La prima fascia è costituita dagli ex quartieri Oreto e Oreto-Stazione e costituisce la parte urbana a contatto del centro storico. La seconda fascia va dalla montagna fino al mare con Brancaccio che funge da filtro tra la città sviluppata tra i tessuti lineari delle borgate dei primi del ‘900, la trama dei grandi blocks di casermoni popolari costruiti tra gli anni ’70 e ’90 e Settecannoli con la località “Acqua dei Corsari”. La terza fascia, quella più lontana dal centro storico, tocca il confine comunale con i piccoli centri di Misilmeri, Villabate e Ficarazzi ed è costituita da Ciaculli con Croceverde Giardini: ultimo baluardo di campagna produttiva dominata dagli agrumeti. Il percorso di “Sposare la notte” di g. olmo stuppia – terzo episodio del progetto commissionato dal Public Program del 59° Padiglione Italia della Biennale di Venezia coordinato da Adriana Rispoli⁴ – ha consentito ai partecipanti di percepire l’effetto diverso delle tre fasce del quartiere. Così il sud di Palermo ci ha investito senza sconti con i lutti, le aporie, il disordine e tanta tensione sociale, ma anche con i sorrisi, gli sguardi e la capacità di vivere la vita in leggera ironia. Di essere felici al vespro.

Brancaccio resta racchiuso tra il fiume Oreto e il nuovo centro commerciale “Forum” e si estende a sud-est della città antica, inglobando tutti gli elementi, antichi e moderni, in un conglomerato di parti urbane costituite da edilizia per lo più residenziale e attività commerciali che rendono vivo il tessuto urbano.

Sposare la notte III torcia partenza III f. Adriano Lalicata 2022
Sposare la notte III Carovana verso il primo ponte dopo Chiesa di San Ciro, Viadotto di Maredolce, f. Adriano Lalicata

Il gruppo dei partecipanti di “Sposare la notte”, guidato da un anziano, il compagno Domenico Ortolano, è un fiume di giovani del quartiere e della scena artistica con inserti di mezza età. É partito da San Ciro a ridosso del Monte Grifone, dove si vedono i due versanti di Santa Maria di Gesù verso la Valle dell’Oreto e più ad est il grande agrumeto verso Misilmeri, Villabate e Bagheria. Dopo è disceso in Via Giafar superando il ponte raggiungendo Maredolce e poi di nuovo verso la città per toccare il luogo dove è prevista da tempo la realizzazione della chiesa dedicata a Padre Puglisi, dinanzi il plesso scolastico dedicato al poeta Danilo Dolci, altro camminatore instancabile. Si aggiungono Eugenio Viola e Adriana Rispoli e “Sposare la notte” si completa in questo sudare e camminare settembrino. Poi un’altra curva verso via Giafar seguendo la linea d’acqua dalla montagna verso i lavatoi di epoca fascista ma di antica presenza medievale insieme a tanti mulini ormai scomparsi. Viste persone, incontrate anime appassionate difese da case, casupole e piccoli paradisi con quello che rimane delle borgate insieme a “villini” strani in mezzo a palazzetti fuori contesto. Orti in mezzo alle case, alle palazzine. Orti in mezzo alle cose di tutti e di nessuno, cancelli e squarci e sorrisi, auto e moto guizzanti in ogni direzione: nessun marciapiede. 

Munnizza poca, vegetazione spontanea tanta o tantissima, inaspettata e spettacolare in alcuni punti come il Ficus Magnolia cresciuto tra i marciapiedi dopo il Batti Cinque Park. Si è arrivati al luna park Batti Cinque Park sul far della sera, quando ormai la stanchezza si faceva sentire. Qualcuno vede e sente sfrecciare un go-kart e vuole provare. Rombi gorgoglianti di motori due tempi. Le cose a miscela. È un attimo: tutti lo seguono. Dei discorsi e delle atmosfere serie e a tratti cupe dei primi luoghi monumentali ed emblematici, si è passati a possedere spazi ludici pensati come sfogo per bambini in piena area ex industriale. In un’ansa di strada dipanata come un anaconda di fronte al Conad Superstore: un faro nella selva dei blocchi. Un ludibrio.

Brancaccio ha una storia che è uno stigma. Nessuno però se ne è accorto. E come sarebbe potuto succedere se gli abitanti stessi non capivano cosa stesse accadendo, di fronte alla camminata di persone “strane” in mezzo alle strade di borgata che rallentavano o ostruivano il traffico. Tutti gli abitanti di Brancaccio sorridevano, alcuni sfottevano, altri sembravano compiaciuti di ricevere una visita inaspettata, una regalìa inattesa. 

Ancora i palazzoni e gli squarci delle demolizioni e degli abbandoni. I buchi, i ficus magnolia spontanei, i cartelli sparati ma come frecce aperte verso il nulla, fluttuanti come un mare che c’è ma non si percepisce, spostato da munnizza e detriti più in là. Ecco il punto: Brancaccio non è un quartiere chiuso come lo sono lo ZEN e il CEP a Palermo. Brancaccio, al tramonto verso la notte, ci è sembrata una città completa e aperta al suo futuro, ancora in cerca di una sua identità. Una bella sorpresa per chi conosceva bene questa parte di città ma che la vedeva con occhi nuovi, come fosse la prima volta. Anche questo può essere l’effetto di una “artificazione” urbana: 

Il neologismo “artificazione”, recentemente emerso nel dibattito filosofico e artistico, presenta diverse sfumature teoriche: può assumere il valore di mera decorazione – esemplata nei murales – o può indicare una trasformazione più profonda. Infatti, può attivare processi relazionali ed esperienze estetiche intense e rigeneranti. Quest’ultimo concetto di artificazione è più significativo del primo, poiché rivela meglio come l’arte possa avere un valore educativo e produrre un miglioramento non solo dell’area urbana – divenuta esteticamente più gradevole – ma soprattutto della qualità di vita dei suoi abitanti⁵. 

Sposare la notte III Signora abitante del quartiere Castello di Maredolce, Foto Francesco Baudo
Sposare la notte III Ponte dell’autostrada da Chiesa di San Ciro fFoto Francesco Baudo

Più domande che risposte, più progetti che analisi, più sogni e desideri che risposte ipotetiche a temibili e giuste domande sociali. L’ecowalk (che intende l’ecologia come riuso della mente e dei corpi e non produttivismo e estrazione di coltan in altri Paesi) ha toccato vari luoghi: gli ‘Archi’ e la chiesa di San Ciro in fase di restauro, il Castello di Maredolce, un passaggio all’esterno di Magazzino Brancaccio e una visita alle realizzazioni del Centro Padre Puglisi. Il corteo ha percorso il ponte sulla circonvallazione – un vero e proprio vallo che divide e lacera il corpo urbano da nord a sud in fase espansiva dagli anni ’80 – a chiusura della prima parte del cammino. Poi di nuovo in via Emiro Giafar a visitare una piccola area di autoscontri e incontrando alcuni membri di una famiglia di giostrai, quasi tutti minorenni, dai volti dolci. L’incursione costiera notturna all’Ecomuseo del Mare (ex stazione ferroviaria di Palermo) sembra l’arrivo in un’oasi di pace dove conforta la memoria di quello che era la vita sulla costa a levante di Palermo oggi resa discarica e abbandonata.

Fino allo sfinimento, dopo sei ore di cammino intervallate da soste poetizzate e sollazzi vari, al terrazzo superiore all’Hotel San Paolo Palace il “corteo” decimato dal caldo si confondeva tra gli invitati di un matrimonio che si stava festeggiando a bordo piscina, tra musica “tasha”⁶ e abbigliamento kitsch ma autentico. In quel mentre è stato esclamato dall’artista il brano selezionato di un pianificatore anarchico di altri tempi:  

[…] è possibile una visione, un’impostazione tramutativa e una, semplicemente, del meno peggio. Così come, cioè, da anni sta emergendo un movimento d’opinione che suggerisce “relazioni umane” nell’industria (così i lavoratori renderanno di più), decentramento nelle fabbriche (così si sarà più al sicuro dalle insidie belliche, e inoltre gli operai più vicini al suolo d’origine e alle proprie famiglie si comporteranno in modi più produttivi e più succubi), attivizzazione nell’educazione scolare (più rapido e proficuo apprendimento, perché no, a vantaggio delle industrie di nuovo insediamento) e di quelle degli adulti (maestranze meglio e più validamente disposte a uscire da uno stato di presunta negativa manovalanza), si può benissimo veder qualcosa di falso nella tendenza a creare zone bilanciate d’attività produttive e di riposo, dove sono proprio i “locali”, con la loro vita fatta di lavoro e tempo libero, a garantire una piena fruizione di tempo libero ai visitatori, ai turisti. E già molto, beninteso: ma mi resta il sospetto che si tratti dell’ennesimo equivoco coinnestato di tante buone intenzioni e di una concretezza che in pratica elude i problemi di fondo (…) Come, (…) gli autori (…) quando non pensano a un contemporaneo superamento del momento di lavoro e del momento di tempo libero, tramite azioni associate e insediamenti connaturali a codeste azioni. Industria e agricoltura, città, campagna, tempo di lavoro e tempo libero, partecipazione attiva e creativa, dirimente, dei “gruppi” al farsi delle comunità, correlazione fra le comunità in una serie di giri d’acqua che inanellano tutta la terra, questo è il tema di una pianificazione e di una azione sociale che si innervano nella vita⁷.

“Sposare la notte” si aggira a Brancaccio come uno spettro vivo, che raccoglie segni, forme, detriti, munnizza – con capacità trasformativa e di slancio futuribile – e poi svanisce. Sembra un dono alla nostra città e alla sua devastata costa sud: Panormus, alle antiche borgate di cui nessuno dovrebbe dimenticarsi. Un sogno di Sicilia interclasse, di ascolto, di differenza, di progetto aperto e ramificato, un sogno che può divenire realtà se si ha la voglia di “mettersi u pede in camino”⁸. Il coraggio di restare e andare, di captare raggi di energie e trasformarli in forme. Di camminare come scultura. 

In una tradizione che va dai pellegrini come San Cristoforo a STALKER, dal London Orbital di Ian Sinclair al situazionismo, la proposta “surreale e lieve” dell’artista g. olmo stuppia riporta il 59° Padiglione Italia all’Esposizione Internazionale della Biennale di Venezia ad una dimensione identitaria, orgogliosamente meridionale, in Sicilia. Un Padiglione che, col suo Public Program esce dalla zona di comfort borghese dell’arte contemporanea e torna ad abitare la vita quotidiana, varcando soglie inesplorate, dovere assoluto dell’arte. Un sogno di Sicilia differente, pur nella sua giusta tradizione linguistica, stratificata e gestuale; come l’acqua che scorre sotto Brancaccio, come l’urbe e la “Comune di Gibilmanna” resa vibrante dall’urbanista anarchico Carlo Doglio.

Doglio, un maestro di molti, che provò, nonostante tutto, a dare slancio ad una Sicilia diversa, proprio come noi in quel momento sotto la luna piena pensando al finire della notte e – forse alcuni di noi – fidando in un’alba differente. 

FERDINANDO TRAPANI, Professore associato di urbanistica, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Palermo. 

NOTE
1 Giorgio Agamben, Le sette parti della notte, online in Quodlibet, cfr. https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-le-sette-parti-della-notte. 
2 Pratica di scomposizione e destrutturazione urbana realizzata camminando con la testa rivolta verso l’alto e che mira a interrompere i flussi di merci, ritrovando la dimensione ludica dell’urbe. La pratica è stata “coniata” dai Situazionisti a Parigi nel 1967. Cfr. Guy Debord, Théorie de la dérive, in Les Lèvres nues, n. 9, novembre 1956, Bruxelles; ripubblicato senza le due appendici in Internationale Situationniste, n° 2, dicembre 1958, Parigi; trad.it. Internazionale Situazionista, Nautilus, Torino.  
3 Cfr. https://opendata.comune.palermo.it/opendata-dataset.php?dataset=1263; dati anagrafe municipale. 
4 Il programma prevede la “disseminazione” del Padiglione curato da Eugenio Viola con un’opera unica di Gian Maria Tosatti. Cfr. https://www.notteecomete.it/public-program/performance-public-program/maggio-giugnosettembre-ottobresposare-la-nottevenezia-e-palermo/. 
5  Di Stefano, E. (2019). Artificare lo spazio urbano. Lo sguardo “altro” di Danisinni, ARCHITETTURA CIVILE, 23-24, 42-44.  
6 Modo palermitano per definire i tamarri.  
7 Carlo Doglio, “Il piano della vita”, saggio apparso su “Comunità”, n. 109, 1963, e ripubblicato in Dal paesaggio al territorio, Il Mulino, Bologna 1968. L’edizione è apparsa in Per prova ed errore, a cura di Chiara Mazzoleni, Ed. Le Mani, Genova 1995, Carlo Doglio, Il piano della vita. Scritti di urbanistica e cittadinanza, a cura di Chiara Mazzoleni, Nino Morreale, Ferdinando Scianna, Roma, ottobre 2006, www.lostraniero.net, p.39-40.  
8 Espressione della lingua siciliana dell’entroterra che vuole intendere: “mettere le cose in moto, in azione”. 

Leggi
— Lucciole a Sacca San Mattia, Venezia, con g. olmo stuppia Ep. I
Sposare la notte Ep. II – La Fabbrica di lucciole

Sposare la notte Ep. III still da video foto M. Cossu 2022
Sposare la notte palazzine e Ultras BVS Brancaccio – Foto A Lalicata

Sposare la notte – Episode III | Walk three 

Palermo, from Brancaccio to S. Erasmo crossing the threshold of Palermo South Coast |
Friday 9 September | from 6 p.m. to 1 a.m.  |

Text by Ferdinando Trapani
Editor Simone Raviola 

Those who care about Brancaccio, its Maredolce and the empty space for a church in memory of Don Pino Puglisi (militant priest from the suburbs who, like Pier Paolo Pasolini, was also a bearer of uncomfortable truths and was therefore shot dead on his birthday, 15 September 1993), had already made a short walk in 2018 during Manifesta 12. A walk of activists, involved in local politics, students and above all residents that welded the two places linked by a mysterious future destiny. They wanted to understand their meaning by dispelling the danger of their abandonment and oblivion. With g. olmo stuppia (who wanted to open up to the neighbourhood by dedicating more than two months of meetings, assemblies, encounters and ethnographic work to Brancaccio) we chose sunset not only because of the relentless heat of September’s start in Palermo, but also to embrace the night, to unravel the meaning of the history gone by. To explore the violence of the recent past by pointing to the dawn of possible change. We touched the body of the eventide. Outside the ‘safety’ of our homes, institutional and art venues, to make the path a sculpture:

[…] the Occident includes sunset not only in its name, but also in its very structure – that it is, from beginning to end, an evening civilisation. Evenstar, the star of the West, continues to shine throughout the night that we believe we are passing through and in which we dwell instead; sunset – being in every moment at the end – is the normal condition of Western man. That is why his night waits for neither dawn nor daybreak. But the sunset, the endless crisis that he pursues and uses as a lethal weapon that he tries by all means to dominate, is slipping from his hands and will eventually turn, as it is already doing, against him. Security has become his watchword because the West has long since ceased to feel safe¹.

The walk, or dérive², begins with the memory of the water of the Archi of San Ciro that once fed the lake of Maredolce. A water that, forgotten by the concrete, returns as our flow on the way. We start from the top, at the foot of the mountain and, for a few hours, we rethink all our certainties.

Brancaccio-Ciaculli is one of Palermo’s densest neighbourhoods, with 16,666 Italian residents and 153 foreigners in 2019³, and is part of the second municipal district, which is made up of three bands of distance from the centre. The first band consists of the former Oreto and Oreto-Stazione districts and constitutes the urban part in contact with the historic centre. The second band goes from the mountain to the sea with Brancaccio acting as a filter within the city developed between the linear fabrics of the early 20th century suburbs, the pattern of the large blocks of popular barracks built between the 1970s and 1990s, and Settecannoli with the “Acqua dei Corsari” locality. The third strip, the one furthest from the historic centre, touching the municipal boundary with the small towns of Misilmeri, Villabate and Ficarazzi is Ciaculli with Croceverde Giardini: the last bastion of productive countryside dominated by citrus groves. The route of “Sposare la notte” by g. olmo stuppia – the third episode of the project commissioned by the Public Program of the 59th Italian Pavilion of the Venice Biennale coordinated by Adriana Rispoli⁴ – allowed the participants to feel the different effect of the three neighbourhoods. So the south of Palermo invested us without discount with mourning, aporias, disorder and a lot of social tension, but also with smiles, glances and the ability to live life in light irony. Of being happy at eventide.

Brancaccio remains enclosed between the Oreto river and the new “Forum” shopping centre and it stretches to the south-east of the ancient city, incorporating all elements, ancient and modern, in a conglomerate of urban parts consisting of mostly residential buildings and commercial activities that bring the urban fabric alive. 

Sposate la notte Via dei Mille Esca Viva, – Foto Adriano La Licata
Sposare la notte III Chiara Bollettino, giostre Batti Cinque Park – Foto Francesco Baudo

The group of “Sposare la notte”, led by an elderly man, comrade Domenico Ortolano, was a river of young people from the neighbourhood and the art scene with middle-aged inserts. It started from San Ciro near Monte Grifone, where one can see the two slopes of Santa Maria di Gesù towards the Oreto Valley and further east the large citrus grove towards Misilmeri, Villabate and Bagheria. Then it descended Via Giafar, crossing the bridge and reaching Maredolce and then back towards the city to touch the place where a church dedicated to Father Puglisi has long been planned, in front of the school complex dedicated to the poet Danilo Dolci, another tireless walker. They are joined by Eugenio Viola and Adriana Rispoli and “Sposare la notte” is completed in this sweating and walking September. Then another turn towards Via Giafar following the water line from the mountain towards the fascist-era but once medieval wash houses along with many mills that have now disappeared. Seen people, met passionate souls defended by houses, hovels and small paradises with what remains of the hamlets together with strange “villini”⁵ amidst out-of-context buildings. Gardens in the midst of houses. Vegetable gardens in the midst of everyone’s and no one’s things, gates and slashes and smiles, cars and motorbikes darting in every direction: not a single pavement.

Little garbage, lots and lots of spontaneous vegetation, unexpected and spectacular in places such as the Ficus Magnolia that has grown up between the pavements after the Batti Cinque amusement Park. We arrived at the Batti Cinque Park in the early evening, when tiredness was taking its toll. Someone sees and hears a go-kart whizzing by and wants to give it a try. Gurgling roars of two-stroke engines. Things with a petrol mixture. It’s a moment: everyone follows. From the serious and sometimes sombre atmosphere of the first monumental and emblematic places, we have moved on to possess playful spaces designed as an outlet for children in the middle of the former industrial area. In a bend of road unfolded like an anaconda in front of the Conad Superstore: a lighthouse in the forest of the blocks. A ludibrium.  

Brancaccio has a history that is a stigma. But no one has noticed. And how could it have happened if the inhabitants didn’t understand what was happening when “strange” people were walking in the middle of the village streets slowing down or obstructing traffic. All the inhabitants of Brancaccio were smiling, some mocking, others seemed pleased to receive an unexpected visit, an unexpected gift. 

Again, the buildings and glimpses of demolition and abandonment. The holes, the spontaneous ficus magnolia trees, the signs shot out but like arrows open towards nowhere, floating like a sea that is there but cannot be perceived, displaced by rubbish and debris further on. Here’s the point: Brancaccio is not a closed neighbourhood like the ZEN and CEP are in Palermo. Brancaccio, as the sun set into the night, seemed to us a complete city, open to its future, still in search of its own identity. A nice surprise for those who knew this part of the city well but saw it with new eyes, as if for the first time. This, too, can be the effect of an urban “artification”:

The neologism “artification”, which has recently emerged in philosophical and artistic debate, has several theoretical nuances: it can take on the value of mere decoration – exemplified in murals – or it can indicate a deeper transformation. Indeed, it can activate relational processes and intense, regenerating aesthetic experiences. The latter concept of artification is more significant than the former, as it better reveals how art can have an educational value and produce an improvement not only in the urban area – which has become more aesthetically pleasing – but above all in the quality of life of its inhabitants⁶.

Sposare la notte III Palermo costa Sud – Foto Adriano Lalicata
Sposare la notte III scritta da Dietro Hotel San Paolo Palace III

More questions than answers, more projects than analysis, more dreams and desires than hypothetical answers to fearful and rightful social questions. The ecowalk (which understands ecology as the reuse of minds and bodies and not productivism and coltan mining in other countries) touched on various places: the “Archi” and the church of San Ciro under restoration, the Castle of Maredolce, a passage outside Magazzino Brancaccio and a visit to the achievements of the Padre Puglisi Centre. The “procession” crossed the bridge over the ring road – a veritable rampart that divides and lacerates the urban body from north to south in an expansive phase since the 1980s – to close the first part of the walk. Then back to Via Emiro Giafar to visit a small bumper car area and meet some members of a family of carousers, almost all minors, with sweet faces.  The nighttime coastal foray to the Ecomuseo del Mare (Palermo’s former railway station) seems like arriving at an oasis of peace where it is comforting to remember what life was like on the coast to the east of Palermo, now turned into a dump and abandoned.

To the point of exhaustion, after six hours of walking interspersed with poetic pauses and various amusements, at the upper terrace of the Hotel San Paolo Palace the heat-decimated procession mingled among the guests of a wedding being celebrated by the pool, amidst tasha⁷ music and kitsch but authentic outfits. At that moment, the selected passage of an anarchist planner of bygone days was exclaimed by the artist:  

[…] it is possible to have a vision, a transformative approach and one, simply, of the least worst. That is to say, for years a movement of opinion has been emerging that suggests “human relations” in industry (so workers will yield more), decentralisation in factories (so workers will be safer from the pitfalls of war, and moreover workers closer to home and their families will behave in more productive and more submissive ways), activation in school education (faster and more profitable learning why not, to the advantage of the newly established industries) and adult education (better and more valid workers willing to get out of a state of supposedly negative labour), one can very well see something false in the tendency to create balanced zones of productive and relaxing activities, where it is precisely the “locals”, with their life made up of work and leisure, who guarantee a full enjoyment of leisure to visitors, to tourists. This is already a lot, of course, but I am still suspicious that this is yet another misunderstanding, full of good intentions and a concreteness that in practice eludes the fundamental problems (…) Like the authors (…) when they do not think of a simultaneous overcoming of work and leisure time, through associated actions and settlements that are connatural to these actions. Industry and agriculture, city, country, work time and leisure time, the active and creative, participation of “groups” in the making of communities, the correlation between communities in a series of water circles that ring the whole earth, this is the theme of a planning and social action that is innervating in life⁸.

“Sposare la notte” wanders around Brancaccio like a living spectre, collecting signs, forms, detritus, rubbish – with a transformative capacity and a futuristic impetus – and then vanishes. It seems a gift to our city and its devastated south coast: Panormus, to the ancient suburbs that no one should forget. A dream of interclass Sicily, of listening, of difference, of an open and ramified project, a dream that can become reality if one has the will to “mettere u pede in camino”⁹. The courage to stay and go, to capture rays of energy and transform them into forms. To walk as sculpture. 

In a tradition that ranges from pilgrims like St. Christopher to STALKER, from Ian Sinclair’s London Orbital to Situationism, the ‘surreal and light’ proposal of artist g. olmo stuppia brings the 59th Italian Pavilion at the International Exhibition of the Venice Biennale back to an identity dimension, proudly southern, in Sicily. A Pavilion that, with its Public Programme, leaves the bourgeois comfort zone of contemporary art and returns to inhabit everyday life, crossing unexplored thresholds, the absolute duty of art. A dream of a different Sicily, albeit in its proper linguistic, layered and gestural tradition; like the water flowing under Brancaccio, like the urbe and the ‘Commune of Gibilmanna’ made vibrant by the anarchist town planner Carlo Doglio. Doglio, a master of many, who gave impetus to a different Sicily, just like us at that moment under the full moon, thinking about the end of the night and – perhaps some of us – trusting in a different dawn.

FERDINANDO TRAPANI, Associate Professor of Urban Planning, Department of Architecture, University of Palermo.

FOOTNOTES
1 Giorgio Agamben, Le sette parti della notte, online in Quodlibet  https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-le-sette-parti-della-notte (last access 3 Nov. 2022). (English translation by the editor of the article.)
2 A practice of urban decomposition and deconstruction carried out by walking with one's head turned upwards and aiming to interrupt the flow of goods, rediscovering the playful dimension of the city. The practice was 'coined' by the Situationists in Paris in 1967. Cf. Guy Debord, Théorie de la dérive, in Les Lèvres nues, no. 9, November 1956, Brussels; republished without the two appendices in Internationale Situationniste, no. 2, December 1958, Paris.
3 See https://opendata.comune.palermo.it/opendata-dataset.php?dataset=1263; municipal regie version)
4 The programme includes the 'dissemination' of the Pavilion curated by Eugenio Viola with a unique work by Gian Maria Tosatti. See https://www.notteecomete.it/public-program/performance-public-program/maggio-giugnosettembre-ottobresposare-la-nottevenezia-e-palermo/.
5 Cottage, detached house, little villa (N.d.T.). 
6 Di Stefano, E. (2019). Artificare lo spazio urbano. Lo sguardo “altro” di Danisinni, ARCHITETTURA CIVILE, 23-24, 42-44. (English translation by the editor of the article.)
7 Palermitan way of defining a rough guy.
8 Carlo Doglio, "Il piano della vita", essay that appeared in "Comunità", no. 109, 1963, and republished in Dal paesaggio al territorio, Il Mulino, Bologna 1968. The edition appeared in Per prova ed errore, edited by Chiara Mazzoleni, Ed. Le Mani, Genoa 1995; Carlo Doglio, Il piano della vita. Scritti di urbanistica e cittadinanza, edited by Chiara Mazzoleni, Nino Morreale, Ferdinando Scianna, Rome, October 2006, www.lostraniero.net, p.39-40.
9 An expression from the Sicilian language of the inland area that means: “putting things in motion, in action”. 
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