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LIVING ROOM 2022 – Performing textile | I progetti finali

Performing textile è il titolo del progetto curatoriale con il quale gli artisti – Chiara Camoni, Nicola Genovese, Daniel González e Agathe Rosa – si sono confrontati per realizzare quattro progetti inediti, presentati al pubblico tra il 21 e il 23 ottobre.Il progetto Living Room è a cura di Andrea Lerda e promosso dall’associazione Art.ur di Cuneo.Per leggere i […]

Performing textile è il titolo del progetto curatoriale con il quale gli artisti – Chiara Camoni, Nicola Genovese, Daniel González e Agathe Rosa – si sono confrontati per realizzare quattro progetti inediti, presentati al pubblico tra il 21 e il 23 ottobre.
Il progetto Living Room è a cura di Andrea Lerda e promosso dall’associazione Art.ur di Cuneo.
Per leggere i progetti delle precedenti edizioni: LIVING ROOM 2021 – The space of imagination LIVING ROMM 2000 – A space to live in a time of change – ArcaFamily 2018

Testi del curatore del progetto Andrea Lerda

I temi esplorati dagli artisti durante la residenza – che quest’anno prende il titolo di Performing textile – hanno origine dalle numerose simbologie legate al tessuto, indagato sia nella sua dimensione materica sia in quella concettuale. 
La giovane artista marsigliese Agathe Rosa ha dialogato con la Famiglia Cerati della storica Cappelleria Cerati; l’argentino Daniel González è entrato in contatto con Rossella Campisi e la sua collega Karin Holzmann della bottega Pas de Mots; l’italo-svizzero Nicola Genovese ha incontrato lo stilista Osvaldo Montalbano della storica boutique Senza tamburi né trombette, mentre l’artista italiana Chiara Camoni, di base a Fabbiano, in Alta Versilia, è stata accolta da Nicoletta Giuliano dell’atelier sartoriale Nicouture
I quattro artisti hanno proposto opere inedite e dal carattere site-specific, nelle quali la dimensione performativa dialoga con quella installativa e lo spazio privato dialoga con quello pubblico. Gli artisti partono dal concetto di textus per attivare riflessioni critiche sui concetti di mascolinità e distruzione, per intervenire in chiave ludica e celebrativa su spazio e architettura, per risignificare i concetti di artigianalità e manualità.
I lavori cercano di aprire dei varchi all’interno dell’universo di certezze di chi osserva, offrendo spunti di riflessione e provocazioni volte a disinibire abitudini e convenzioni. 

Nicola Genovese, Blacklash”2, 2022Foto Francesco Daoglio

Nicola Genovese, Blacklash”2, 2022 – Tessuto, metallo, peltro, 2022
Blacklash”3, 2022 – Performance, 20’ – Courtesy l’artista

Nicola Genovese è un artista italiano nato a Venezia nel 1971. Vive e lavora tra Torino e Zurigo, dove nel 2017 ha conseguito un Master in Fine Arts presso la Zurich University of the Arts. 
La sua ricerca artistica prende forma in maniera prevalente attraverso la performance, l’installazione, la scultura e il video. L’artista è interessato a indagare questioni legate alla mascolinità, alle relazioni di potere e alla costruzione di identità. Nella sua pratica, dove teoria e pratica si mescolano, Genovese esplora in maniera speculativa non solo le dinamiche socio culturali legate all’universo della sessualità, ma anche il bisogno di aggiornare i linguaggi formali e verbali – nella vita e nell’arte – legati ai temi della razza e del genere.

Per Living Room 2022, Nicola Genovese ha dialogato con Osvaldo Montalbano, titolare della storica boutique “Senza tamburi né trombette”nel centro storico di Cuneo.
Il progetto ideato prende forma attraverso un intervento scultoreo con tessuti lavorati attraverso la tecnica del “quilting”, allestiti sulle vetrine del negozio, e una performance realizzata in occasione dell’inaugurazione.
Lasciandosi ispirare dalle lunghe discussioni con Osvaldo sul confine tra abito e scultura, l’evento performativo pensato dall’artista è un rituale di vestizione sul suo stesso corpo,  mediante elementi di metallo. Pezzi unici, realizzati su misura – come accade nella pratica dell’artigiano – che coprono progressivamente l’artista fino a immobilizzarlo, richiamando alla mente la storica figura del guerriero. Un’immagine quest’ultima, archetipo di forza e mascolinità, che Nicola Genovese mette in crisi, portandola a una condizione di incapacità di agire. La scenografia della performance è costituita dagli elementi in tessuto allestiti sulle vetrate, sui quali l’artista ha cucino l’immagine, rivisitata, di un elemento decorativo raffigurato sulla facciata del palazzo situato di fronte alla boutique.
Il dialogo con il passato che Genevose compie è un pretesto per attivare una riflessione su concetti, stereotipi e costrutti culturali, riattualizzandoli alla luce della contemporaneità.
Nel rileggere l’immagine medievale del guerriero, l’artista attiva un processo di decostruzione formale e semantica dell’idea di mascolinità. Un gesto che, letto mediante una prospettiva più ampia, appare come un’urgenza nel fenomeno di depotenzialmento del complesso sistema patriarcale responsabile di molte delle crisi globali odierne, da quella economica a quella ambientale.

Daniel González – No Problem Disco Building, 2022 – Foto Giorgia Barale

Daniel González – No Problem Disco Building, 2022 – Mylar, luci, suono
Installazione ambientale – Courtesy l’artista

Daniel González è nato in Argentina nel 1963, vive e lavora tra New York e Verona.  La sua relazione con il mondo della moda, che fin da giovane lo ha portato a sperimentare con i materiali e con le simbologie legate al tessuto, lo rendono un artista estremamente capace di usare la materia tessile – sia essa convenzionale o meno – come strumento di sperimentazione formale e concettuale.
González crea mondi in bilico tra reale e irreale, ambientazioni sexy e piene di energia: spazi di libertà dove le convenzioni esistenti collassano e nei quali la creatività diventa strumento per rileggere riti e tradizioni, per stimolare un senso di partecipazione alla significazione del mondo e per entrare all’interno di atmosfere ludiche e sognanti. 

Per Living Room 2022, Daniel González ha dialogato con Rossella Campisi e la sua collega Karin Holzmann della bottega “Pas de Mots”.
L’artista ha realizzato No Problem Disco Building, un’architettura effimera realizzata in mylar – materiale che solitamente viene impiegato per il confezionamento delle caramelle e per le tende nei teatri di Broadway – che trasforma la facciata dell’edificio sulla quale è installata. Lunghe strisce argentate mosse dal vento illuminano e animano la superficie rigida del palazzo. L’artista interviene su di essere con il suono e la luce, proiettando fasci multicolor e dando la possibilità al pubblico di riprodurre la propria playlist musicale preferita.
Con questo tipo di intervento, Daniel González è interessanto a dare forma una sorta di happening collettivo. Una festa popolare temporanea alla quale sono tutti chiamati a partecipare, attraverso il gioco, il ballo, il senso di condivisione gioiosa dell’esistenza e quello di libertà.
No Problem Disco Building è la celebrazione del qui e ora e della vita. Facendo ricorso a tecniche e simbologie della sua pratica artistica, Daniel González compie un’azione di riattivazione dello spazio pubblico, chiamando in causa la recente esperienza pandemica, durante la quale ogni tipo di esperienza collettiva e di festa popolare era bandita.
L’opera è energia viva, nella quale e attraverso la quale ognuno è invitato a individuare i propri significati, in relazione al proprio vissuto personale.

Agathe Rosa – Ouverture, Choeur de l’aube n°1, 2022 – Foto Giorgia Barale

Agathe Rosa – Ouverture, Choeur de l’aube n°1, 2022 – Tessuto, luci, suono
Installazione ambientale – Courtesy l’artista

Agathe Rosa è nata nel 1987 ad Annecy. Vive tra Marsiglia e Torino. Interessata in modo particolare all’interazione della luce naturale con l’uomo e con lo spazio, esplora le capacità nascoste della materia luminosa. Attraverso opere ed esperienze dal carattere immersivo, l’artista porta lo spettatore ad attivare processi cognitivi come percezione, sensazione, memoria e rappresentazione, al fine di mettere in discussione la propria concezione delle cose e il proprio sguardo sul mondo. Visibile e invisibile, percepito e inpercepibile sono binomi attorno ai quali le sue opere si muovono. Mediante opere video, lavori installativi, fotografia e interventi sonori, Agathe Rosa forza il pubblico ad aprirsi all’ignoto e inspiegabile attorno a noi.  L’artista è particolarmente attenta a quelle che potremmo definire aree di mezzo, spazi fluttuanti di risonanza, luoghi della trasfigurazione del reale. Nel suo lavoro le leggi della fisica sono superate per lasciare spazio al fascino della vertigine, il tempo diventa materia e la luce è la protagonista principale di questa cosmogonia.

Per Living Room 2022, Agthe Rosa ha dialogato con la Famiglia Cerati della storica Cappelleria Cerati.
Affascinata dal contesto naturalistico di Cuneo, l’artista è entrata in ascolto dell’ambiente naturale che circonda la città. Le camminate nel Parco Fluviale Gesso e Stura e la visita all’Oasi “La Madonnina” a Sant’Albano Stura, in compagnia dal naturalista Dario Olivero, hanno fornito all’artista gli stimoli necessari per realizzare il progetto Ouverture, Choeur de l’aube n°1. Qui l’artista ha potuto assistere al sorgere del sole e scoprire le specie di volatili presenti. Agathe Rosa ha quindi registrato nella sua mente i colori dell’alba e campionato le voci degli uccelli. A partire da queste due suggestioni l’artista ha ideato un intervento site specific e un lavoro sonoro. 
Attraverso un sistema di luci a led colorate, una delicata sfumatura cromatica simula il sorgere del sole osservato dall’artista sul grande tessuto che fluttua sulla volta della cappelleria. In contemporanea, una traccia sonora diffonde “il coro dell’alba” – il momento mattutino durante il quale gli uccelli sono particolarmente attivi nel loro canto – registrati in occasione della visita alla riserva.
Con il suo intervento, Rosa compie un gesto concettuale di grande impatto emotivo. 
L’artista porta il mondo esterno all’interno della cappelleria, riconnettendo idealmente questo luogo immutato nel tempo, che da metà Ottocento ha vestito le teste di esponenti della famiglia imperiale giapponese, personaggi noti come Alberto Sordi e Pupi Avati, con la realtà temporale del presente.
Intendendo questo luogo come un punto di osservazione inedita verso il mondo, Agathe Rosa crea un parallelo con la postazione privilegiata dalla quale si è immersa nel mondo naturale e animale. In maniera raffinata a e sofisticata, l’artista rompe le barriere tra la sfera umana e il resto del mondo vivente.

Chiara Camoni e il Centro Sperimentale – Fuoco. Gioelli e Serpentelli, 2022 – Foto Francesco Daoglio

Chiara Camoni e il Centro Sperimentale – Fuoco. Gioelli e Serpentelli, 2022
Performance – Courtesy l’artista

Chiara Camoni è nata a Piacenza nel 1974. Ha studiato scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e da diversi anni vive a Seravezza, un piccolo paese in provincia di Lucca.
Il suo lavoro prende vita attraverso la scultura, il disegno, l’installazione e il video.
La poetica di Chiara Camoni è fondata su un fare spesso condiviso e sul concetto di partecipazione. Le sue opere sono realizzate con materie in gran parte naturali e mediante tecniche e processi per lo più manuali. Attraverso ceramica, tessuto, elementi minerali e vegetali, oggetti trovati o recuperati, e altro ancora, Chiara Camoni dà forma a quelle che definisce “sculture attive”. Presenze “parlanti” in grado di evocare dimensioni arcaiche, di dialogare con lo spettatore attraverso rimandi simbolici ed estetici e di attivare riflessioni di tipo filisofico, antropologico e ambientale.

Per Living Room 2022, Chiara Camoni ha dialogato con Nicoletta Giuliano dell’atelier sartoriale “Nicouture”.
Il progetto Fuoco, Gioielli e Serpentelli prende vita da una ricerca che l’artista sviluppa da circa un anno e incentrata sul concetto di distruzione. Se la pratica di Chiara Camoni è normalmente caratterizzata da una dinamica costruttiva e generativa, in questo caso la genesi formale e concettuale dell’opera prende vita da un’esperienza di disfacimento.
L’artista presenta un lavoro performativo che si sviluppa nell’arco dei tre giorni di opening.
In un primo momento l’opera si attiva con la distruzione di gioielli, alcuni di valore e altri semplice bigiotteria. A questa azione fa seguito un processo di trasformazione e di creazione di nuovi oggetti, come bottoni, orpelli ed elementi decorativi, che vengono utilizzati per impreziosire i gilet realizzati da Nicoletta Giuliano e indissati dai “garzoni” al lavoro in questo laboratorio orafo del tutto singolare.

La distruzione alla quale allude Chiara Camoni con questo tipo di azione, è quella nei confronti della tradizione. La frantumazione e la fusione di gioielli è infatti un gesto dissacratorio nei confronti di visioni e stereotipi che, pur non essendo stati scelti in maniera volontaria dall’universo femminile, si pongono come vincoli e limiti verso di esso.
L’artista rompe idealmente il passaggio di eredità e di tradizioni culturali, attiva una riflessione ad ampio raggio sul rapporto tra generi e invita al ripensamento di categorie di pensiero e di relazione a vari livelli. Sul piano simbolico, lo stagno fuso e rimodellato è l’immagine di un’energia vitale che richiama la nostra attenzione verso il cambiamento.
Come spesso accade nella pratica di Chiara Camoni, anche nel caso Fuoco. Gioelli e Serpentelli l’esperienza di creazione avviene attraverso una dimensione alchemica alla quale anche il pubblico presente è invitato a prendere parte. L’artista rende visibile il processo di genesi dell’opera in tutte le sue parti e così facendo rende lo spettatore partecipe dell’opera, del suo significato e dei suoi intenti. 

Chiara Camoni e il Centro Sperimentale – Fuoco. Gioelli e Serpentelli, 2022 – Foto Giorgia Barale