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La Torre | Neo Rauch e Rosa Loy

La Fondazione Coppola inaugura la sua sede espositiva presso il Torrione di Vicenza,  con la mostra ‘La Torre’ curata da Davide Ferri: la prima  personale in Italia degli artisti Neo Rauch (Lipsia, 1960) e Rosa Loy (Zwickau, 1958). Strutturata come...

Neo Rauch, Die Meute, 2018, olio su lino / oil on linen, cm 65×100 Photo: Uwe Walter, Berlin © Neo Rauch, VG Bild-Kunst, Bonn Courtesy Galerie EIGEN+ART, Leipzig / Berlin David Zwirner, New York / London / Hong Kong

La Fondazione Coppola inaugura la sua sede espositiva presso il Torrione di Vicenza,  con la mostra ‘La Torre’ curata da Davide Ferri: la prima  personale in Italia degli artisti Neo Rauch (Lipsia, 1960) e Rosa Loy (Zwickau, 1958). Strutturata come un dialogo tra due maestri della pittura internazionale degli ultimi decenni, la mostra presenta una serie di opere inedite, tra dipinti e disegni, appositamente pensate per gli spazi del Torrione.

Come ci racconta Davide Ferri nell’intervista che segue, i due artisti hanno sviluppato, nei rispettivi percorsi, affinità e divergenze che lambiscono le “strategie del surrealismo”, con una figurazione apparentemente diretta ma che sottende molti enigmi e lati oscuri, che rendono il significato dell’immagine poliedrica e difficilmente decifrabile.
Il titolo, che richiama in modo esplicito l’edificio che ospita la mostra, allude anche alla continua e oscura presenza della torre nei quadri, soprattutto in quelli di Rauch, “da sempre una vera e propria ossessione per l’artista”.
Il percorso espositivo si articola lungo i sei piani del complesso medievale come proposta di dialogo tra le opere dei due artisti, fino a un confronto ravvicinato tra le due poetiche.

Elena Bordignon: In occasione dell’apertura de il Torrione di Vicenza, la Fondazione Coppola presenta una serie di opere inedite di due artisti internazionali, Neo Rauch e Rosa Loy. Entrambi sono legati alla “Nuova scuola Lipsia”: un gruppo di artisti formatisi attorno ad Arno Rink, che dal 1987 al 1994, fu rettore dell’Accademia di Lipsia. Mi racconti le caratteristiche pittoriche che accomunano questi due artisti?

Davide Ferri: Le poetiche di Neo Rauch e Rosa Loy sono per molti aspetti inassimilabili tra loro, ma anche inevitabilmente in dialogo poiché i due artisti sono più o meno coetanei, sono marito e moglie, e come hai ricordato, hanno sviluppato le loro poetiche nell’alveo della città di Lipsia che non hanno mai abbandonato, dunque a contatto con una tradizione figurativa molto ricca e connotata. Da posizioni diverse hanno formulato un linguaggio che, detto con una certa approssimazione, ha a che fare con le strategie del surrealismo, cioè con una figurazione apparentemente diretta ma che sottende molti enigmi, lati oscuri, molto spesso percorsa da una moltiplicazione di dettagli che rilanciano continuamente il significato dell’immagine.

LA TORRE, Neo Rauch, Rosa Loy, installation view, Fondazione Coppola. Photo Francesco Castagna
LA TORRE, Neo Rauch, Rosa Loy, installation view, Fondazione Coppola. Photo Francesco Castagna

EB: In particolare, nella ricerca pittorica di Neo Rauch, si condensano diversi e, apparentemente lontani, rimandi iconografici.  Per formazione, l’artista ha assorbito differenti influenze, non tutte rintracciabili nell’ambito artistico. Mi introduci brevemente come Rauch ha elaborato il suo linguaggio figurativo attraverso la contaminazione di diverse culture?

DF: Il linguaggio di Neo Rauch tiene insieme molte cose, lo si è ripetuto così spesso negli innumerevoli testi che gli sono stati dedicati: la storia politica di una nazione nel momento di un delicato passaggio; la cultura popolare dell’ex DDR (in particolare i manifesti di propaganda con la loro struttura a patchwork – ad esempio la figura in primo piano sproporzionata rispetto allo sfondo) e quella occidentale (fumetto, illustrazione, cinema e via dicendo) vissuta con gli occhi di chi li ha scoperti all’improvviso; la tradizione figurativa nordica (Rubens in particolare) ma anche quella italiana (per Neo Rauch, capace di esprimersi al meglio su grandissime dimensioni, sono stati fondamentali i teleri di Veronese e ancor più quelli di Tintoretto, con le loro sproporzioni, la loro articolazione in piani profondi e un po’ elettrici). Tutte queste cose sono rilanciate, a livello energetico, da una sintassi che si alimenta di continue anomalie, contiguità e crasi, scambi energetici tra figure e paesaggi eterogenei. La figura, ad esempio, può essere variata e ripetuta all’interno dello stesso paesaggio fino a far diventare quello spazio anche una dimensione del tempo; due paesaggi diversi e contigui possono essere abitati da figure in dialogo tra loro; una relazione può stabilirsi, nei dipinti, tra figure molto grandi e molto piccole, che sembrano appartenere a dimensioni diverse del tempo e dello spazio. E poi c’è il colore, un’altra forza disgregante nell’immagine, o capace di tracciare diversi itinerari nella rappresentazione o di posarsi ai bordi o in primo come semplice tratto “asignificante e di sensazione”. 

EB: Nelle tele di Rosa Loy si rintracciano spesso coppie di personaggi femminili il cui rapporto allude a temi d’implicazione erotica e psicanalitica. Le sue presenze sono sempre accompagnate da un doppio, un doppelgänger, figura che nel pensiero freudiano è spesso associata al concetto di “perturbante” e al disturbo narcisistico della personalità. L’effetto che suscitano i suoi quadri, infatti, è inquietante e cupo. Quali soluzioni pittoriche utilizza la Loy per raccontare questo mondo onirico e oscuro?

DF: Sì, al centro dei dipinti di Rosa Loy c’è questo doppio, come dici, o raddoppiamento spettrale, che spesso prende le sembianze di una figura femminile mentre qualche volta di un animale o di una figura vagamente mostruosa. La cupezza di cui tu parli credo abbia a che fare con l’immagine di un mondo femminile sottilmente percorso da una violenza maschile, invisibile, a cui fa da contraltare lo spettatore: se l’osservatore è un uomo è soprattutto a lui che questa violenza è diretta.

Inoltre: le figure dipinte da Loy (come del resto quelle di Rauch) appiano concentratissime, affette da una forma di sonnambulismo, e al contempo abbandonate alle azioni che compiono, spesso indescrivibili e innominabili, ed è proprio per via di questa imprendibilità ipnotica, catalizzante, che i dipinti di Rosa Loy chiamano lo spettatore a una lunga e reiterata frequentazione.

Rosa Loy, Einstieg, 2018, caseina su tela / casein on canvas, cm 90×75 Photo: Uwe Walter, Berlin © Rosa Loy, VG Bild-Kunst, Bonn Courtesy Kohn Gallery, Los Angeles Galerie Kleindienst, Leipzig Gallery Baton, Seoul
LA TORRE, Neo Rauch, Rosa Loy, installation view, Fondazione Coppola. Photo Francesco Castagna
Neo Rauch, Der Türmer, 2019, olio su lino / oil on linen, cm 120×100 Photo: Uwe Walter, Berlin © Neo Rauch, VG Bild-Kunst, Bonn Courtesy Galerie EIGEN+ART, Leipzig / Berlin David Zwirner, New York / London / Hong Kong

EB: Sono state esplicitate delle affinità tra lo spazio espositivo – fortemente caratterizzato, essendo una vera e propria torre – e i quadri in mostra. Che rimandi e analogie ci sono tra il luogo e il taglio contenutismo della mostra?

DF: Nei lavori di Rosa Loy le figure stanno come sospese in una dimensione liminale tra un interno (di una casa, di una stanza o uno spazio domestico) e un esterno (quasi sempre un giardino) ed è proprio su questo rapporto che la mostra è costruita: tra un dentro (cioè lo spazio della torre che può diventare claustrofobico per via della moltitudine di figure che popolano i dipinti di Rauch e Loy) e il fuori, con la visione della città dall’alto, che si apre dalle finestre e si confronta con i dipinti dei due artisti.

Se è invece impossibile ricondurre i dipinti di Neo Rauch a una lettura univoca è proprio l’elemento della torre ripetuto all’interno dei suoi dipinti (da sempre una vera e propria ossessione per l’artista) a diventare uno dei possibili fili conduttori della mostra. Anche la torre, nei dipinti di Neo Rauch, può diventare molte cose: talvolta è una specie di baricentro energetico; altre volte, replicata in forme diverse, costituisce l’elemento principale del paesaggio nel quale si muovono le figure; altre volte ancora, variata e combinata, dà vita ad architetture inquietanti e visionarie. Il punto è che affacciandoti sulla città e riguardando le sue torri (campanili ed edifici particolarmente alti) o, quando te ne vai, il Torrione stesso in cui la mostra è ospitata, puoi avere l’impressione di trovarti di fronte ad un dipinto di Neo Rauch.

EB: Inevitabile che il percorso espositivo sia stato strutturato seguendo le caratteristiche della Torre. Mi racconti come avete predisposto l’allestimento delle opere?

DF: Come una progressione, una salita in cui si stabilisce il dialogo tra i due artisti a diversi gradi di intensità. Nel primo piano, ad esempio, questo dialogo è solo accennato; il secondo e il terzo sono interamente dedicati a ognuno dei due; nel quarto questo dialogo viene ribadito attraverso un accostamento più serrato per dispiegarsi completamente (anche attraverso le carte, i disegni dei due artisti), solo all’ultimo piano, il quinto, un vero e proprio osservatorio dove la visione sulla città è a trecento sessanta gradi.

Intervista con il fondatore Antonio Coppola

La Torre
Neo Rauch e Rosa Loy
Fondazione Coppola, Vicenza
Fino al 31 agosto 2019,

Rosa Loy, Baumkuchen, 2018, caseina su tela / casein on canvas, cm 60×50 Photo: Uwe Walter, Berlin © Rosa Loy, VG Bild-Kunst, Bonn Courtesy Kohn Gallery, Los Angeles Galerie Kleindienst, Leipzig Gallery Baton, Seoul
Rosa Loy, Haare machen, 2018, caseina su tela / casein on canvas, cm 60×50 Photo: Uwe Walter, Berlin © Rosa Loy, VG Bild-Kunst, Bonn Courtesy Kohn Gallery, Los Angeles Galerie Kleindienst, Leipzig Gallery Baton, Seoul
LA TORRE, Neo Rauch, Rosa Loy, installation view, Fondazione Coppola. Photo Francesco Castagna
Neo Rauch, Insel der Blinden, 2018, olio su lino / oil on linen, cm 50×60 Photo: Uwe Walter, Berlin © Neo Rauch, VG Bild-Kunst, Bonn Courtesy Galerie EIGEN+ART, Leipzig / Berlin David Zwirner, New York / London / Hong Kong
LA TORRE, Neo Rauch, Rosa Loy, installation view, Fondazione Coppola. Photo Francesco Castagna