ULTRASTUDIO is an Artist Run Space based in Pescara, Italy. Managed and thought by artists Gioia Di Girolamo, Ivan Divanto, Matteo Liberi, Maurizio Vicerè (Vice).
ULTRASTUDIO in dialogo con gli artisti: Andrea Martinucci, Benoit Menard e Sebastian Wickeroth.
A distanza di alcuni mesi da ENDLESS BACK-UP, il progetto curatoriale presentato a Milano durante il FuturDome, ULTRASTUDIO si ritrova a parlarne con tre degli artisti in mostra.
6.
US: Il percorso era fatto di quattro sale in cui in ognuna vi erano due artisti. Ognuno di voi si è quindi relazionato con l’altro nella rispettiva sala. Come è stato dividere ognuno lo spazio con un altro artista con cui, per quanto ne so, avete avuto solo una relazione a distanza nel preparare i lavori?
AM: Nella mia stanza c’era una scultura di Zsofia Keresztes. È stato bello scambiarmi delle mail con lei, entrare in contatto con un’altra artista per capire i giusti pesi della stanza. Capire se i lavori potevano funzionare insieme. Non abbiamo avuto grandi problemi e abbiamo lavorato in maniera lineare senza troppe difficoltà. Sento che questo progetto è stato un lavoro di squadra tra noi artisti e voi di ULTRASTUDIO. Eravamo tutti lì al fine di presentare una buona esposizione e non per mostrare in maniera individuale il nostro lavoro.
BM: Nel mio caso non c’è stata una vera condivisione: ho proposto un nuovo pezzo in situ quando i video di Oliver Pauk esistevano già. Inoltre i video sono stati installati solo una volta che il mio lavoro era stato ultimato. Penso che le scelte curatoriali sono state ben pensate. I due lavori hanno risposto in una certa relazione con il diorama, implicando una relazione reale/scenario specifica all’idea di paesaggio che ritroviamo nel videogioco No Man’s Sky.
SW: Per me la collaborazione con Dominik non è stata affatto complicata. Amo quanto il suo lavoro sia grezzo, questo aspetto crudo combinato con il poetico, un approccio sinestetico. Da subito ho visto molti paralleli al mio lavoro. Volevo che questo spazio diventasse davvero ruvido e teso. Lo spazio si è rivelato più piccolo. Mi aspettavo che in qualche modo fosse utile per creare un’atmosfera di concentrazione. Purtroppo Dominik non è potuto essere con me nello spazio per l’installazione con il risultato di essere solo coinvolto marginalmente nel processo di decisioni sul sito. Più responsabilità ma allo stesso tempo più libertà per me.
7.
US: Pensando a te Andrea abbiamo immaginato nella tua persona la figura di Adamo, il protagonista. Per più di un motivo in realtà. Soprattutto per il tuo essere un pittore. Vorrei entrare ancora un po’ nel tuo modo di lavorare. Cosa non mi hai mai detto sulla tua pittura. Cosa c’è da scoprire ancora?
AM: Adamo non l’ho mai visto come il protagonista di tutto. Il vero protagonista per me è sempre stato il serpente. Forse la figura più affascinante, in grado di lasciare il segno, di provocare dubbi e creare un bivio, condizionare una scelta. Nell’arte spero sempre di essere quel serpente per gli altri e per me stesso. Cosa non ho mai detto sulla mia pittura? È una domanda a cui cerco di rispondere ogni volta che mi metto a lavorare a qualcosa. Anche un serpente risponderebbe così.
8.
US: Ricordo ora con piacere quanto sono stati elettrici i momenti di sviluppo del tuo lavoro Benoit. Oggi posso dirti di aver capito che non potrebbe essere altrimenti poiché il tuo approccio è vincolato ad una serie di tecniche e scienze esatte. Vorrei avere da te una definizione di lavoro. Cos’è per te, con riferimento alla tua ricerca, il lavoro?
BM: Ogni mia istallazione implica un enorme lavoro di ricerca che richiede solitamente tre passaggi. Innanzitutto la fase progettuale che consistente nella ricerca di oggetti e materiali sul web, come una sorta di collage mentale vicino allo sketch preparatorio. Questo momento è speciale perché prossimo all’illuminazione di uno scienziato, ma allo stesso tempo si confronta violentemente con il pragmatismo contestuale della mostra. Occorre un certo bilanciamento. La fase due è fatta di esperimenti (che si differenziano in base al contesto della mostra). Questi esperimenti si svolgono di solito in una «residenza», in un laboratorio, o in casa con pochissimi elementi. Consiste sempre nel garantire la relazione estetica e funzionale.
L’ultimo passo è l’installazione IRL (reale) in cui lo spazio espositivo diventa il luogo della sperimentazione, della creazione e dell’improvvisazione. Per contrastare il panico dell’ultimo minuto in cui potrei rendermi conto che lo spazio non corrisponde all’idea che avevo e che i materiali non si comportano come previsto e che sono costretto a trovare una soluzione di emergenza senza distorcere il progetto originale. Cerco di gestire con successo le fasi uno e due, a rischio che possano essere percepite come «elettriche»!
Per Endless Back Up avevamo solo alcuni giorni di allestimento e avevo un gran lavoro di programmazione Arduino da eseguire in loco oltre all’installazione… Risolvere una programmazione in così poco tempo ha dell’esoterico LOL. Temevo l’incubo ricorrente in cui mi ritrovo ad un’ora dall’apertura senza avere un lavoro da mostrare. Per me è davvero importante essere preciso nel lavoro e soprattutto nell’uso dei materiali. Ogni elemento è carico di una dimensione allegorica propria, del suo design, della sua estetica o della sua evocazione socio-economica. Dal momento che non ho realmente creato oggetti stazionari da uno studio, gli assemblaggi che produco nelle mie installazioni sono caricati da indizi contestuali che danno loro una dimensione organica. Mi sembra importante spendere tempo di ricerca su un progetto per comprendere i limiti dell’universo in cui il lavoro può comportarsi liberamente.
9.
US: Sebastian un aspetto che mi ha colpito della tua persona è la calma incredibile che hai. Costantemente concentrato. Questa meditazione immagino sia una componente necessaria per affrontare opere tanto grandi come le tue. La maggior parte dei tuoi lavori non lascia traccia. Sono tutti prossimi alla cancellazione una volta distrutti. Una bellezza geometrica fatta di volumi in cui è riassunta l’esistenza. Nascita-distruzione-cancellazione. Che significato assume questa eliminazione dei lavori?
SW: È sicuramente importante… e come hai detto, inerente alle idee fondamentali che mi
hanno portato a questo corpo di opere. C’è un aspetto in cui vorrei migliorare e che definisco assolutamente di grande importanza per l’Arte in generale: trasmette i brividi lungo la mia spina dorsale. Penso che le grandi opere sono durate per secoli. Allo stesso tempo non credo che ogni buona opera d’arte debba avere l’ambizione di resistere al tempo. Io faccio questo e ciò che sto facendo è collegato al tempo presente. Potrebbe essere rilevante in futuro? non so. Non mi sono mai preoccupato finora di rispondere a questa domanda.
10.
US: Vorrei lasciarvi con un’ultima domanda. La quarta ed ultima sala, quella in cui vi erano Syncrodogs e Raphael Leray, è un finale aperto. Nessuna conclusione da noi cercata. Chiedo ora a voi che idea vi siete fatti sul finale. Come finisce questo viaggio?
AM: I viaggi finiscono sempre con dei punti e il punto l’ho trovato nella voce di Adamo che avete pensato di disgregare nello spazio con l’installazione sonora di Raphael. La voce spezzandosi e confondendosi tra le note sintetizzate afferma “Love you all.” E proprio in quella fase che c’è il mio punto, la mia fine. Amare incondizionatamente nonostante tutto quello che è successo. Questa è la fine del mio viaggio.
BM: I bei viaggi non finiscono mai.
SW: Un finale felice ovviamente.