Testo di Paolo Mele e Claudio Zecchi —
[…] Questi sono solo alcuni dei progetti finora realizzati che parzialmente attraversano, raccontano e motivano dal punto di vista della produzione artistica la scelta di restare marginali. Ma è anche il racconto della metà più luminosa. Restare marginali è infatti una scelta complessa che attraversa anche le zone d’ombra; è una possibilità tra le tante e una decisione che deve essere rinegoziata costantemente in un’area, quella in cui operiamo, dove le mancanze sono molte. Farlo implica sollevare interrogativi e procedere per tentativi che provano ad attivare, nella pratica quotidiana, una prospettiva ribaltata.
Così eravamo rimasti (Kora – Centro del Contemporaneo. Una prospettiva ribaltata)
Come operare, dunque, in un territorio – il Salento – sul quale oggi c’è molta attenzione dal punto di vista del turismo e che, per via del turismo stesso, trova nelle stagioni più calde il momento di massimo consumo e accadimento? E allo stesso tempo: come operare in un territorio in cui molte persone oggi si trasferiscono cercando, e probabilmente trovando, in quelle mancanze infrastrutturali (di cui abbiamo parlato nel primo redazionale), un “sollievo” e una risposta alla vita frenetica della grande città contribuendo a trasformare un’area geografica con delle difficoltà oggettive, in un luogo che rischia solo di essere attraversato, vissuto e fruito come un luogo “esotico” con un bel mare, un buon clima, del buon cibo? Un luogo in cui il magico e la ritualità rischiano di non essere più un altro modo di conoscere la realtà, una “cosmologia alternativa”, un’altra possibilità di interpretare ciò che ci circonda ma un’abitudine anch’essa di consumo immediato?
La scelta che abbiamo fatto, la sfida che abbiamo accolto e con la quale abbiamo deciso di misurarci sin dal nostro arrivo a Castrignano de’ Greci, è stata quella di mantenere una programmazione e una proposta culturale lungo tutto il corso dell’anno. Una decisione che si muove in direzione opposta e contraria alla stagionalità e che mette costantemente alla prova la nostra permanenza lì dove il pubblico è, per la maggior parte dell’anno, locale e non sempre avvezzo al mondo dell’arte contemporanea in senso stretto. Quello sul pubblico è dunque un interrogativo che ci accompagna costantemente nella nostra proposta ma, la produzione artistica contemporanea, non è l’unica anima e l’unico terreno su cui Ramdom e Kora – Centro del Contemporaneo misurano il proprio lavoro quotidiano. In questo senso, infatti, è importante il posizionamento della Biblioteca nel rapporto strategico con il network locale fatto di associazioni che operano nel territorio e scuole; le attività che vengono proposte tra workshop e presentazioni di libri o il lavoro fatto in sinergia con l’area museale per la ricerca necessaria alla produzione di opere. È questo il caso di OBLIO/Channo di Muna Mussie o Organism di Ludovica Carbotta solo per citare alcuni esempi in cui il rapporto con alcune comunità specifiche è stato fondamentale per la realizzazione dell’opera.
Torniamo alla proposta più strettamente artistica. Il riscontro numerico sul volume delle iniziative nel corso degli ultimi quattro anni – dal 2021 anno appunto del nostro trasferimento a Castrignano de’ Greci – ma ancora in progress, dice che sono state realizzate 32 mostre (tra personali e collettive), che abbiamo ricevuto più di 100 artisti in residenza, ospitato più di 60 performance all’interno della rassegna musicale Ogni Altro Suono. Abbiamo inoltre erogato formazione e attività laboratoriali gratuite per più di 400 ore su tutte le fasce di pubblico per l’educazione alla lettura e la sensibilizzazione all’arte. Accostato, quindi, alla programmazione artistica il patrimonio della biblioteca e la promozione di libri.
Le mostre dunque. A partire da marzo 2025, la proposta di Kora si divide in due anime: quella più tradizionale di allestimento negli spazi di Palazzo Baronale de Gualtieriis ma anche quella, ospitata sempre negli spazi del Palazzo, ma fruibile virtualmente attraverso una molteplicità di dispositivi tra proiettore, visori, schermo touch, nella prima sala del museo o attraverso la piattaforma dedicata.


Kora_Extended, questo il titolo, è un progetto di rimediazione digitale e culturale plurilivello ideato e progettato da Ramdom insieme all’artista Emilio Vavarella e sviluppato da Studio Zero di Lecce che parte dall’idea di rendere digitalmente accessibili e veicolabili sia gli spazi fisici di Kora quanto la sua collezione, attraverso una loro clonazione rendendo possibile, anche, l’attivazione di modelli di fruizione digitale simultanea in più luoghi e in diverse modalità.
Il progetto offre al fruitore la possibilità di realizzare “un classico” tour virtuale degli spazi del Palazzo Baronale de’ Gualtieriis (bene storico vincolato del 1600) e della collezione museale e libraria di Kora, ma anche di poter customizzare la propria esperienza di visita collocando autonomamente le opere nello spazio dando così vita alla propria mostra. Nella sua veste e conformazione attuale, infatti, Kora_Extended restituisce al pubblico l’esperienza a 360 gradi delle mostre realizzate negli spazi fisici di Kora da fine 2023 e la possibilità di poter creare un proprio percorso espositivo interagendo con oltre 30 opere digitalizzate della collezione di Ramdom.
Infine Kora_Extended è anche un progetto che affronta in modo trasversale i temi di tutela, conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni architettonici materiali vincolati, delle opere materiali e immateriali contemporanee e dei materiali di archivio delle istituzioni/spazi culturali nel delicato passaggio, e convivenza, tra la dimensione analogica e quella digitale.
Un progetto aperto, in continua espansione ed evoluzione, che ospiterà presto mostre e interventi realizzati ad hoc.
Kora_Extended traccia dunque una linea nella programmazione operando come una sorta di spartiacque: non solo permette di fruire le opere, visitare mostre già fatte, realizzarne di nuove ma anticipa in quale modo lavoreremo a partire dalla seconda metà del 2026 specificamente sulla collezione. Se infatti abbiamo fin ora operato come una sorta di Kunsthalle curando internamente o affidando la curatela di mostre temporanee, o mettendo in dialogo le opere della collezione con alcuni luoghi non riferiti direttamente all’arte contemporanea come bar o ristoranti di Castrignano de’ Greci (Questo (non) è un museo progetto di cui si è parlato nel primo redazionale), a partire dal prossimo anno, alcune delle opere prodotte nel corso degli anni troveranno un loro allestimento nel Museo Civico di Kora. La sfida sarà quindi quella di potenziare gli strumenti di mediazione affrontando il linguaggio dell’arte contemporanea in modo accessibile cercando, al contempo, di non abbassare mai il livello della proposta culturale.
Oltre a Kora_Extended, nel corso dei passati mesi Kora ha ospitato anche il terzo capitolo di Play dead! a cura del collettivo Like a Little Disaster. Questo ha continuato e concluso un ragionamento lungo un anno sull’idea di fine incarnando, come scrivono i curatori nel concept, lo stadio performativo ultimo della crisalide, il punto in cui la trasformazione diventa atto e possibilità. Qui la metamorfosi non è solo biologica o simbolica, ma si fa esperienza radicale del limite: un doppio movimento tra affermazione e dissoluzione, tra il principio e la fine, che non si oppongono ma si alimentano reciprocamente.
La mostra prevedeva sotto un unico corpo concettuale e in modo organico all’interno della sala espositiva, due proposte: Save your tears (and sighs) for another day con opere di Janina Frye e Arianna Ladogana e Ad occhi aperti con operedi Maria Adele Del Vecchio, Eleonora Meoni e Marta Orlando.
Se Save your tears (and sighs) for another day di Janina Frye e Arianna Ladogana racconta la sopravvivenza di un corpo (umano/non umano) attraverso la presenza pervasiva, quasi intrusiva, della macchina, della tecnologia perennemente in bilico tra l’incarnazione del progresso e dell’innovazione, Ad occhi aperti di Maria Adele Del Vecchio, Eleonora Meoni e Marta Orlando è un’opera che parla di resistenza alla vita attraverso il potere salvifico della scrittura che si fa corpo e cura, memoria e antidoto contro l’oblio. L’opera è quindi al tempo stesso rifugio e atto di ribellione, spazio della sopravvivenza e dispositivo di risignificazione.


Oggi, in corso fino ai primi mesi del 2026, è stata inaugurata la mostra collettiva dal titolo Selvatica, a cura del collettivo romano IUNO (Cecilia Canziani, Ilaria Gianni, Giulia Gaibisso).
Selvatico rappresenta, come dicono le curatrici nel concept della mostra, una categoria mobile: il residuo, il margine, ma anche un luogo fondativo, la prima radice. È il chaos, che nella cosmogonia arcaica viene ancora prima del tempo. È ciò che si salva e che ci salva: è la natura resistente, è ciò che non è addomesticato, capace di accogliere l’irrazionale. L’animale non addomesticato, continuano ancora le curatrici, diventa metafora sulla quale costruire identità ibride, utili alla diffusione del discorso di ordine patriarcale. Nei bestiari medievali sirene e arpie rappresentano la minaccia della seduzione e del caos, riflettendo il timore di un femminile incontrollato e al di fuori dell’ordine maschile. La Sfinge, enigmatica custode del sapere e della morte, incarna una femminilità ambivalente: affascinante e minacciosa, associata tanto alla conoscenza quanto alla distruzione. Le streghe, da guaritrici, raccoglitrici di erbe mediche, diventano creature a cui dare la caccia, esattamente come all’animale selvatico, o all’erba spontanea. Per secoli il mostruoso è diventato tutto ciò che era l’alterità indomita, repulsiva, “selvatica” prodotta della natura, da cui stare lontano, da temere. La mostra restituisce attraverso lo sguardo di artiste e artisti il modo in cui oggi l’alleanza con il selvatico, l’inaddomesticabile, l’animale restituisca al mostruoso il suo volto.
La mostra vede la partecipazione di importanti artiste nazionali e internazionali come: Chiara Camoni, Cleo Fariselli, Gaia Fugazza, Helena Hladilová, Lucia Leuci, Grossi Maglioni, Cynthia Montier, Caterina Morigi, Marta Roberti, Francis Upritchard, Alice Visentin.
Oltre alle mostre, le residenze continuano ad essere uno dei principali asset della proposta culturale e strumento d’indagine sul territorio. Le ultime in ordine di tempo hanno visto la partecipazione di Benni Bosetto e Luigi Presicce.
Benni Bosetto ha dato vita alla realizzazione di un progetto dal titolo Benvenuta. Questa è una riflessione con la quale Bosetto ha inteso esplorare il concetto di intossicazione, possessione e invasività, intese come condizioni psicofisiche e fenomeni che coinvolgono l’infestazione e l’ospitalità interspecie. Il progetto è avvenuto attraverso un’indagine sul corpo e sulle emozioni, nella loro interazione con l’ambiente naturale e soprannaturale. Un’indagine che si è sviluppata principalmente tramite il disegno dando vita ad una rete di connessioni e legami tra di lei, il territorio e le persone che lo abitano.
Dice l’artista: siamo continuamente in contatto con altre entità, anche all’interno della presunta integrità dei nostri corpi. Pensiamo ai microrganismi che sono vitali per la nostra esistenza, alle malattie, ai parassiti, ma anche ai sentimenti e alle emozioni che ci invadono e ci dominano. Paradossalmente, dentro di noi si nasconde sempre il corpo di un altro. È come quando mangiamo o siamo mangiati, quando ci riproduciamo o quando l’amato risiede nei nostri pensieri. Anche l’amore può essere interpretato come una forma di parassitismo, come una malattia che intossica il nostro corpo e altera la percezione della realtà. La biologia, la chimica, ma anche la poesia e persino il misticismo offrono diverse letture di queste coesistenze, che vengono viste come un’invasione del corpo, un possedimento o un’unione che ha il potere di trasformare.

Luigi Presicce, in residenza da settembre a dicembre 2025, darà vita, infine, a un’opera – il più grande dipinto da lui mai realizzato – ispirato a un film di Michel Houellebecq del 2001 dal titolo La Rivière. Nel film l’occhio della camera si muove come un guardone su di un gruppo di bagnanti che animano la riva di un laghetto. La Rivière mantiene per tutto il tempo l’impronta di un quadro di genere che si prende lo spazio per approdare su una scena di carattere orgiastico dionisiaco, un parco di oscenità che riporta alla mente uno dei quadri più emblematici dell’800 sul tema del sesso come violazione di uno stato di santità: Le tentazioni di Sant’Antonio di Domenico Morelli.
In termini mediatici (per l’epoca) il sesso viene visto, non come la forma massima di piacere, ma come strumento diabolico per il peccato mortale, dove chi è timorato di Dio non può compiere atti impuri o lasciarsi tentare da piaceri terreni che non abbiano come scopo il concepimento all’interno del sacro vincolo del matrimonio.
Il dipinto immortala una scena di bagnanti dove la figura centrale rimane quella del santo egiziano delle tentazioni nel deserto, Sant’Antonio appunto.
Maestro in questo tipo di rappresentazione magico rurale è stato Ezechiele Leandro, autore salentino scomparso nel 1981 al quale il dipinto si ispira esaltandone la figura pressoché dimenticata, ma prossima all’artista.
Non da ultimo il lavoro che, grazie alla capacità di aver intercettato alcune linee di finanziamento come il bando Italian Council (13a edizione) della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, abbiamo potuto sviluppare su un piano internazionale come nel caso più recente di Flatform. Concert for films and works la mostra personale di Flatform che si terrà presso un importante museo in Cina e che verrà inaugurata nella primavera del 2026. Questa, che sarà la prima mostra monografica di Flatform in Cina, si propone di mettere in scena e sottolineare l’interdisciplinarietà del lavoro degli artisti attraverso media differenti tra cui film, dipinti, sculture, opere sonore, installazioni e performance.
Sulla stessa linea di internazionalizzazione della proposta artistica, il progetto The Future Image del Museo Sigismondo Castromediano vincitore del bando PAC (Piano Arte Contemporanea) della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura di cui Ramdom è partner.
Il progetto, che prevede la realizzazione di un’opera che entrerà nella collezione del Museo Castromediano, si fonda sul dialogo tra l’artista egiziana Heba Y. Amin e le opere del pittore salentino Vincenzo Valente che nella seconda metà dell’800 lascia la sua terra natìa per spostarsi in Egitto, tra Alessandria e Cairo, quest’ultima città natale della stessa Amin la cui ricerca è dedicata alla rielaborazione in chiave critica e non europea del tema dell’Orientalismo. Il progetto, che immagina momenti di residenza e ricerca tra Lecce e Cairo, prevede la realizzazione di una mostra personale di Amin presso il Museo leccese nella tarda primavera del 2026.
Le mostre e le residenze non sono però le uniche modalità operative che nel corso degli anni, e ancora oggi, ci permettono di costruire un network internazionale. Oltre alle già precedentemente citate collaborazioni internazionali con Homesession di Barcellona e il network del Nouveau Grand Tour, abbiamo recentemente attivato una collaborazione con l’École Supérieure d’Art et Design Grenoble attraverso la quale studenti dell’accademia passano da noi un periodo di residenza lavorando a stretto contatto con il team di Ramdom nello sviluppo delle attività in corso. A queste collaborazioni si aggiungono quelle relative ai progetti di cooperazione internazionale come Music Efforts for Green Activism (Small-scale partnerships in vocational education and training, Erasmus+) e Unfolding Cultural Heritage in collaborazione con Artlife Matters (Ghana) e il Polo Bibliomuseale di Lecce.
La complessità del nostro lavoro non sta dunque solo nell’operato che quotidianamente portiamo avanti in un’area cosiddetta interna del Salento ma anche nella necessità di misurare e intessere la proposta da un punto di vista istituzionale, metodologico e tematico con una scala e una prospettiva più larghe cercando di capire se questo ha, o comincia ad avere, un riscontro anche internazionale così come, in particolare negli ultimi anni, ha avuto sul territorio locale e nazionale.
Cover. Selvatica a cura di IUNO; Exhibition view, 2025, foto courtesy Alice Caracciolo

