Set Up – Inedito da ripetere

Punta della Dogana ha ospitato Set Up: due giorni di musica e performing art all'insegna della sperimentazione
2 Marzo 2016

  • Set Up, Punta della Dogana, Venezia - Giornata del 19 febbraio – Photo. Matteo De Fina
  • Alva Noto - Set Up, Punta della Dogana, Venezia - Giornata del 19 febbraio – Photo. Matteo De Fina
  • Alva Noto - Set Up, Punta della Dogana, Venezia - Giornata del 19 febbraio – Photo. Matteo De Fina
  • Alva Noto - Set Up, Punta della Dogana, Venezia - Giornata del 19 febbraio – Photo. Matteo De Fina
  • Alva Noto - Set Up, Punta della Dogana, Venezia - Giornata del 19 febbraio – Photo. Matteo De Fina
  • Evan Parker, et Up, Punta della Dogana, Venezia - Giornata del 19 febbraio – Photo. Matteo De Fina copia
  • Set Up, Punta della Dogana, Venezia - Giornata del 19 febbraio – Photo. Matteo De Fina
  • Set Up, Punta della Dogana, Venezia - Giornata del 19 febbraio – Photo. Matteo De Fina
  • Set Up, Punta della Dogana, Venezia - Giornata del 19 febbraio – Photo. Matteo De Fina
  • Alexander Deutinger e Alexander Gottfarb - Set Up, Punta della Dogana, Venezia - Giornata del 20 febbraio – Photo. Matteo De Fina
  • Amuleto, Set Up, Punta della Dogana, Venezia - Giornata del 20 febbraio – Photo. Matteo De Fina
  • Set Up, Punta della Dogana, Venezia - Giornata del 20 febbraio – Photo. Matteo De Fina
  • Set Up, Punta della Dogana, Venezia - Giornata del 20 febbraio – Photo. Matteo De Fina

Report di Giulia Morucchio, Venezia

Lo scorso weekend a Venezia, all’interno di una Punta della Dogana in piena trasformazione per i preparativi della mostra Accrochage (che da calendario inaugurerà domenica 17 aprile) si è svolto Set Up, primo esperimento di performance musicali e teatrali ospitate nel museo disallestito.

Esibizioni eterogenee, tra musica elettronica, jazz, danza e performance, di artisti che sono riusciti a innescare col pubblico e con lo spazio una relazione e uno sguardo nuovi. I visitatori hanno potuto percepire una diversa dimensione della sede espositiva: abolita la distanza tra opera e fruitore, gli spettatori si sono mossi all’interno dello spazio circondati da interventi performativi che, senza soluzione di continuità, li hanno guidati tra le stanze spoglie.  Ad inaugurare la programmazione, la performance di Evan Parker, maestro del jazz europeo che si esibisce nella scalinata che collega la prima sala del museo al piano superiore. Dal centro della struttura il sassofonista ipnotizza la platea con un assolo di sax soprano eseguito in acustico e con la tecnica della respirazione circolare. Venti minuti ininterrotti di guizzi febbricitanti che riecheggiano in tutta la navata. A fiato continuo lui, col fiato sospeso noi. 

Nemmeno il tempo di riprendere respiro, che dalla folla radunata ad assistere all’esibizione di Parker, si distacca l’intervento dei danzatori del Balletto di Roma guidati da Fabio Novembrini e Roberta Racis. Formiamo un cerchio attorno a due donne che, spiega Racis, “in una sequenza di gesti reiterati al ritmo incalzante di una musica techno, offrono allo sguardo del pubblico la forza e la fragilità di un corpo femminile nella sua totalità, ora armonico e flessuoso, ora disarmonico e trasfigurato. Due uomini scendono le scale, rimanendo uniti prima dalla testa, poi dallo sguardo. Giunti anche loro al centro della sala, ingaggiano una lotta ancestrale, terrena. La discesa delle scale, alla quale è seguita una risalita, manifesta la volontà di misurarsi con lo spazio, che influenza i rapporti del singolo con il circostante e con gli altri”La performance si conclude, veniamo indirizzati verso la stanza attigua e invitati a sederci per assistere alla performance Your Majesties. Qui due palchi si fronteggiano. In quello più grande, Alexander Deutinger recita con tono serio e preciso il discorso di ringraziamento che il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha pronunciato alla premiazione del Nobel per la Pace del 2009: un paradossale riconoscimento assegnato al capo di una nazione coinvolta, all’epoca dei fatti, in due conflitti bellici. Nel lato opposto la coreografa Marta Navaridas, guida i suoi movimenti. All’inizio i gesti suggeriti sono rigorosi, formali, inflessibili e ricalcano la solennità di quanto viene declamato; man mano che il discorso procede tali gesti vengono sostituiti da azioni ridicole (il sedersi sbracato e spensierato su una sedia) o strafottenti (il masticare vistosamente un chewingum). Con fare insolente, Deutinger-Obama sancisce la frase “So yes, the instruments of war do have a role to play in preserving the peace”  appiccicando la gomma che ha a lungo tormentato, sotto la sedia. Ammonito dalla collega con cartellini colorati, Deutinger esce ora di scena per riapparire dall’affaccio del piano superiore, ora aumenta la velocità della recitazione, ora avanza tra gli spettatori. Capiamo subito dove vogliono arrivare: le pose grottesche smentiscono e creano degli strani cortocircuiti rispetto a quanto viene recitato, mettendo in luce l’ambiguità dei discorsi politici abilmente manipolati dalla retorica.

Dopo un rapidissimo cambio palco, la scena viene occupata nuovamente da due ballerini del Balletto di Roma che eseguono una coreografia che appare estenuante. “Un uomo e una donna scoprono insieme una geografia spaziale ed emotiva, costruendo codici gestuali e comportamentali”. Dopo essersi buttata ripetutamente a terra la donna si rialza e si avvia, nel suo abito plissé dorato, nella prima sala accennando:

“Pochi istanti nella lavatrice
E sarò come dicevi tu
Sculettando la tua gelosia
Piangerai che non ti piaccio più
Io sono senza voce
Per cos’altro mi terrai..”

Seguiamo quelle parole sussurrate e troviamo i quattro ballerini riuniti, che concludono il loro intervento site specific negli spazi del museo risalendo la scalinata principale con una serie di movimenti in sequenza. “A muovere l’indagine sono una serie di quesiti: é possibile lasciare un pezzo di sé e costruire una traiettoria comune guardandosi, sappiamo ancora abitare uno spazio, il nostro corpo, il corpo degli altri? Sappiamo ancora guardare? Non si tratta di mimesi o mimetismo, si tratta di empatia, di lasciare una traccia condivisa in uno spazio” racconta ancora Roberta Racis. Terminano la salita e si eclissano alla nostra vista.

Alva Noto - Set Up,   Punta della Dogana,   Venezia - Giornata del 19 febbraio – Photo. Matteo De Fina

Alva Noto – Set Up, Punta della Dogana, Venezia – Giornata del 19 febbraio – Photo. Matteo De Fina

Al termine di questo intervento ci è concessa una breve pausa, perché poi si riprende alla grande e con atmosfere diametralmente opposte. La prima serata si conclude col potentissimo set elettronico di Alva Noto, celebre precursore delle interferenze sonore e delle performance audio-video. Beat minimali a frequenze bassissime e glitch sterili e fittissimi riverberano nello spazio di Punta della Dogana, come se tante piccole esplosioni ci avvolgessero in un landscape digitale. In piedi davanti a un maxi schermo il musicista tedesco resta chino sulla sua strumentazione a decomporre suoni con una freddezza chirurgica, mentre alle sue spalle scorrono, a velocità stroboscopica, centinaia di immagini ultracolorate che pulsano in sincronia col suono e illuminano a intermittenza la sala.

La serata di sabato si apre invece con la performance di Amuleto, duo formato dal violoncellista Francesco Dillon e dal musicista elettronico Riccardo Dillon Wanke. Nei loro interventi, all’interno del cubo centrale prima e nel fuoriprogramma sulla scalinata poi, ricreano paesaggi sonori affascinanti e onirici. Il dialogo tra gli strumenti (violoncello preparato, sintetizzatore, armonium e chitarra), unito a registrazioni ambientali raccolte in giro per il mondo e a improvvisazioni rimodellate al computer, ci fanno compiere un vero e proprio viaggio, avvolgendoci in un suono che sembra poterci portare oltre le pareti stesse della sala.

Veniamo invitati a raggiungere la seconda navata, dove si svolgono gli altri interventi della serata. In piedi sul palco due cavalieri in armature scintillanti sembrano pronti per la battaglia. Attratto dall’immaginario della cavalleria in una società che sembra aver rinunciato a certi valori morali, Alexander Deutinger, stavolta assieme al collega Alexander Gottfarb, mette in scena Chivalry Is Dead. La coreografia si compone di azioni che mostrano la ritualità di un corpo che indossa una corazza – archetipo di mascolinità e stereotipo eroico -, sottolineando al tempo stesso la goffaggine e la rigidità di movimento limitata dal peso dell’indumento. Una sequenza accattivante anche per i suoni emessi dalle vesti metalliche, amplificate da microfoni: la reiterazione dei movimenti crea un’inaspettata composizione ritmica. Alla fine della performance i due, c operti da una coltre di nebbia, si spogliano di armature e camagli, abbandonandoli a terra: la cavalleria è davvero morta o forse siamo solo incapaci di credere ancora a certi ideali? A conclusione della serata la sala del museo si trasforma in una pista da ballo e inizia la festa: al piano superiore viene montata la consolle che ospita i dj set del duo inglese Mount Kimbie e di Dj Spiller, che sostituisce in extremis Fatima Al Qadiri, impossibilitata ad esibirsi.

Alla luce di queste due serate, la speranza è che si crei presto un’altra occasione “in cui si interrompe il flusso tipico della vita di un museo, fatto dell’alternanza di opere che arrivano e casse che partono, per proporre al pubblico di scoprire lo spazio in modo diverso, e permettere al luogo stesso di arricchirsi di nuove sperimentazioni e proposte”, per citare le parole del direttore di Punta della Dogana Martin Bethenod. Peccato soltanto per l’eccessiva quantità degli ingressi consentiti che ha impedito quell’attraversamento fluido dello spazio auspicato dagli organizzatori. Una partecipazione così numerosa (a partire dal rapidissimo sold out dei biglietti) di un pubblico attirato tanto dalla qualità del programma curato da Punta della Dogana in collaborazione con Teatro Fondamenta Nuove, quanto dalla possibilità di assistere a uno spettacolo in cui si incontrano diverse pratiche artistiche, dimostra che in città l’interesse per manifestazioni di questo tipo di certo non manca.

Per leggere l’intervista di Giulia Morucchio a  Enrico Bettinello, direttore di Teatro Fondamenta Nuove

Alexander Deutinger e Alexander Gottfarb - Set Up,    Punta della Dogana,   Venezia - Giornata del 20 febbraio – Photo. Matteo De Fina

Alexander Deutinger e Alexander Gottfarb – Set Up, Punta della Dogana, Venezia – Giornata del 20 febbraio – Photo. Matteo De Fina

Set Up,    Punta della Dogana,   Venezia - Giornata del  19 febbraio – Photo. Matteo De Fina

Set Up, Punta della Dogana, Venezia – Giornata del 19 febbraio – Photo. Matteo De Fina

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