Conversation Piece | Part 2: Maaike Schoorel and David Schutter

Due brevi interviste con Maaike Schoorel e David Schutter, artisti invitati alla seconda edizione del progetto a cura di Marcello Smarrelli.
1 Marzo 2016

  • Maaike Schoorel - Conversation Piece | Part 2, Fondazione Memmo - Arte Contemporanea, Roma 2016, Installation view
  • Maaike Schoorel - Conversation Piece | Part 2, Fondazione Memmo - Arte Contemporanea, Roma 2016, Installation view
  • Maaike Schoorel - Conversation Piece | Part 2, Fondazione Memmo - Arte Contemporanea, Roma 2016, Installation view
  • Maaike Schoorel - Conversation Piece | Part 2, Fondazione Memmo - Arte Contemporanea, Roma 2016, Installation view
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  • Maaike Schoorel - Conversation Piece | Part 2, Fondazione Memmo - Arte Contemporanea, Roma 2016, Installation view
  • David Schutter - Conversation Piece | Part 2, Fondazione Memmo - Arte Contemporanea, Roma 2016, Installation view
  • David Schutter - Conversation Piece | Part 2, Fondazione Memmo - Arte Contemporanea, Roma 2016, Installation view
  • David Schutter - Conversation Piece | Part 2, Fondazione Memmo - Arte Contemporanea, Roma 2016, Installation view
  • David Schutter - Conversation Piece | Part 2, Fondazione Memmo - Arte Contemporanea, Roma 2016, Installation view

English version below

Fino al 3 aprile 2016 è visibile alle Scuderie di Palazzo Ruspoli  la seconda edizione del progetto  Conversation Piece | Part 2 presentato dalla  Fondazione Memmo-Arte Contemporanea e a cura di Marcello Smarrelli. Dedicata agli artisti italiani e stranieri che hanno vissuto un periodo di residenza a Roma, ospiti delle fondazioni, degli istituti di cultura o borsisti presso le accademie straniere. Per questa seconda edizione, gli artisti invitati sono: Jackson, Kilian Rüthemann, Maaike Schoorel e David Schutter. Quest’anno agli artisti è stato chiesto di riflettere sull’idea di spazio e su come un’opera d’arte si ritrovi inevitabilmente a dialogare con esso, fino a darne una lettura e una definizione che entra nel dominio dell’architettura, evidenziando l’estrema labilità dei confini tra le discipline. Per leggere due brevi interviste con > Jackson e Kilian Rüthemann

Seguono due brevi interviste con  Maaike Schoorel e  David Schutter

Le tele di Maaike Schoorel (1973), residente presso l’American Academy, a un primo sguardo appaiono come dei monocromi su cui aleggiano misteriose nebbie. Mano a mano che ci si avvicina ecco comparire delle tracce, un lacerto di paesaggio, una sembianza umana, parti di oggetti. Lo spazio espositivo e? occupato da alcune piante che creano un gioco di rimandi tra la realta? e la sua rappresentazione pittorica, rendendo liquidi i confini della stanza, prolungando lo spazio dell’esposizione all’esterno verso la citta? da cui era partita.

Nelle opere di David Schutter (1974), residente all’American Academy, si evince una sua personale ricostruzione di uno spazio del seicento romano, una mise-en-sce?ne forzata nel presente. L’artista presenta quattro dipinti realizzati a partire dallo studio di due piccoli paesaggi di Salvator Rosa e di Gaspard Dughet conservati presso la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Corsini. Realizzate nel suo studio, senza alcun supporto mnemonico, le opere di Schutter sono il risultato di una lunga relazione visiva con la pittura considerata fonte fenomenica della percezione. La disposizione originale dei dipinti di Rosa e Dughet e? riprodotta in mostra dal disegno dei muri, dalle dimensioni e dalla distanza tra i quadri che ripetono quelle di Palazzo Corsini, dove i dipinti sono conservati. Per la realizzazione di questa struttura, l’artista ha collaborato con lo studio di architettura stARTT.

Maaike Schoorel - Conversation Piece | Part 2,   Fondazione Memmo - Arte Contemporanea,   Roma  2016,   Installation view

Maaike Schoorel – Conversation Piece | Part 2, Fondazione Memmo – Arte Contemporanea, Roma 2016, Installation view

Maaike Schoorel —

ATP: Quali sono state le tue prime impressioni su Roma?

Maaike Schoorel: Mi sono innamorata di Roma. E’ al tempo stesso seducente e spigolosa in modo stupendo.

ATP: Riguardo al tuo soggiorno a Roma, c’è qualche opera d’arte, luogo o artista che ti ha in qualche modo influenzato? 

MS: La città intera. La cosa che più mi ha colpito è il modo in cui le cose sono costantemente costruite sopra e accanto a ciò che già esisteva. Per esempio la necropoli sotto San Pietro o il Mausoleo di Augusto, che hanno cambiato significato nel tempo a seguito dei cambiamenti nel contesto. Vivendo e lavorando a Roma, si è continuamente circondati dai grandi maestri. Sono rimasta molto impressionata dalle chiese (relativamente) minori. La chiesa di San Luigi dei Francesi può sembrare semplice dall’esterno, ma il design discreto nasconde un appariscente interno settecentesco con meravigliose tele di Caravaggio. Oppure Villa Farnesina, dove l’architettura e le decorazioni pittoriche si fondono in una sintesi stupenda e unica. La mobilia è stata quasi completamente rimossa ma i muri e i soffitti sono ricoperti di incredibili affreschi di Raffaello, Sebastiano del Piombo, Peruzzi e altri. A Roma ho anche scoperto interessanti artisti italiani moderni, come Filippo De Pisis.

ATP: Quale opera esporrai in “Conversation Piece”? Perché l’hai scelta?

MS: Alla Fondazione Memmo ho un bellissimo spazio personale con 6 dipinti. All’ingresso ci sono delle piante, nel cortile esterno. I quadri sono stati tutti dipinti durante la mia residenza all’Accademia Americana a Roma. Ritraggono un mix di eventi quotidiani in cui qualcosa di leggermente fuori dall’ordinario è visibile; “Campo da tennis dopo il temporale” o “Passeggiata a Palazzo Doria Pamphilj”, un close-up del Cimitero del Verano o un dettaglio dell’interno di Palazzo Ruspoli. L’impressione iniziale è di una leggera differenza di tonalità e misura di tele che sembrano monocrome. Lentamente i diversi strati e immagini diventano visibili, con il tempo. Il pubblico condivide e completa il lavoro. Nei miei quadri ho iniziato a incorporare più elementi. Se un dipinto non riusciva come previsto, cominciavo a stendere un sottile strato di colore di fondo sulla superficie, rendendo la vecchia immagine poco visibile. I segni lasciati dalla vecchia immagine arricchiscono quella nuova e viceversa. Proprio come la patina che ricopre Roma stessa.

David Schutter - Conversation Piece | Part 2,   Fondazione Memmo - Arte Contemporanea,   Roma 2016,   Installation view

David Schutter – Conversation Piece | Part 2, Fondazione Memmo – Arte Contemporanea, Roma 2016, Installation view

David Schutter —

ATP: Quali sono state le tue prime impressioni su Roma?

David Schutter: Per me è impossibile separare qualsiasi esperienza legata a Roma dalla sua luce. E’ un elemento fondamentalmente unico all’interno della vita della città. La luce a Roma non è mai statica, ma cambia sempre e può mutare in un solo pomeriggio da un nuvoloso simile a cotone vaporoso o a strisce burrose. Il paradosso della luce a Roma è che questi tipi di descrizioni suonano poetiche, ma la luce in sé non lo è. La luce qui non oscura i contorni o ammorbidisce la natura, ma, a dispetto di tale allusione poetica, anche se non può essere chiara, è chiarificante. Forse è anche per questo che nelle zone d’ombra e nei mezzitoni Poussin fu capace di tali descrizioni.

ATP: Riguardo al tuo soggiorno a Roma, c’è qualche opera d’arte, luogo o artista che ti ha in qualche modo influenzato? 

DS: Ho studiato alcuni dipinti del XVII secolo, rispettivamente dipinti da Salvatore Rosa e Gaspard Dughet nella Galleria Nazionale D’Arte Antica di Palazzo Corsini. Ho passato del tempo anche ad osservare i disegni dell’Istituto Centrale per la Grafica di Palazzo Poli. Ognuno di questi luoghi è stato molto “generoso”, consentendomi un accesso intimo ai dipinti e ai disegni. Ciò che è altrettanto importante come questa tipologia specifica di accesso, di cui sono molto grato, è forse un altro modo di osservare; tutto nasce dalla grande Roma che si vede nelle deviazioni, nelle situazioni accidentali, nel perdersi, in cerca di sollievo dalla folla. E’ la Roma che dovrebbe essere solo noiosa, ma in un momento improvviso può aprirsi sul cortile e sulle porti del San Ivo di Borromini, in un tardo pomeriggio di domenica.

ATP: Quale opera esporrai in “Conversation Piece”? Perché l’hai scelta?

DS: Ho riprodotto il dipinto di Rosa e Dughet che è presente a Palazzo Corsini in scala 1 a 1, con materiali simili e senza annotazioni; queste immagini sono esposte su muri intersecanti corrispondenti alle dimensioni dei muri espositivi di Palazzo Corsini, dove i Rosa e Dughet sono attualmente appesi. Questa dimensione architettonica è stata appositamente disegnata in collaborazione con lo studio di architettura  romano stARTT per gli spazi delle sale espositive della Fondazione Memmo, che ora si trovano nelle ex scuderie di Palazzo Ruspoli. Rosa e Dughet soffrono sotto alcune mitologie archetipizzate: Rosa sarebbe il passionale e indisciplinato polo sud rispetto al fresco nord governato dal neoclassicismo e dal razionalismo francese di Dughet. E’ una sfortunata opposizione che dura tuttora, in particolare come possiamo vedere dalle implicazioni economiche presenti nel nord e nel sud del mondo su scala globale. Questo ebbe conseguenze economiche pure nel XVII secolo. Rosa non era Bernini, il quale era altrettanto un collega emigrato da Napoli, ma fiorente di larghe commissioni e accolto per la sua bravura come un romano adottato cosmopolita. E Dughet non era Poussin, sebbene avesse studiato sotto di lui, fosse suo cognato e firmasse i suoi dipinti con “Gaspard Pussin”. Certamente non ebbe l’indipendenza di Pussin grazie alle importanti e infinite commissioni private. Rosa e Dughet hanno rischiato nel libero mercato. Hanno preso in prestito l’uno dall’altro forme e motivi, e anche se non avversari, c’era una reciproca quieta indifferenza tra di loro. Lo scorso anno si è compiuto il loro 400esimo anniversario. Penso a questi due pittori di Palazzo Corsini, come fossero in stretta relazioni tra loro. Invece di posizionarli nella storica tensione tra nord e sud, in questa mostra piego i poli di ogni lato della loro ricerca in modo che ogni artista si relazioni con quella dell’altro in modo trasversale.

Conversation Piece | Part 2,   Fondazione Memmo - Arte Contemporanea,   Roma  2016

Conversation Piece | Part 2, Fondazione Memmo – Arte Contemporanea, Roma 2016

Conversation Piece | Part 2

Fondazione Memmo-Arte Contemporanea presents Conversation Piece | Part 2, the second of a number of   exhibitions dedicated to those artists currently residing in Rome, scholars at foreign academies, cultural institutes, museums, foundations. The invited artists for this second edition are: Jackson, Kilian Rüthemann, Maaike Schoorel, David Schutter. The exhibition, curated by Marcello Smarrelli, was conceived with the aim of observing carefully and constantly reviewing what is happening in the contemporary art scene in Rome. This year, artists have been asked to reflect on the concept of space and on how a work of art can converse with it, even giving it an interpretation and a definition that come to stray into the architecture field, highlighting the extreme fragility of the lines between disciplines. The pieces are all inedited and site specific, specially conceived and realized for the rooms of Palazzo Ruspoli stables.

Short interview with  Maaike Schoorel and  David Schutter

ATP: What are your first impressions you had about Rome?

 Maaike Schoorel: I fell in love…Rome is beautifully lush and edgy at the same time.

ATP: Regarding your stay in Rome: is there any artwork, place or artist that influenced you in some ways?

MS: The whole city. I am inspired how things are continually build on top and next to each other. For example the Necropolis under St Peter or Mausoleum of Augustus where due to shifts in context, changed meaning over time. Living and working in Rome, one is surrounded by great masters all the time. I was struck by the relatively smaller churches.  The church of San Luigi dei Francesi for example may look simple from the outside, but the subdued design hides a flamboyant 18th century interior with wonderful Caravaggio paintings. Or seeing ‘Villa Farnesina’  where architectural design and pictorial decoration fuse into a single marvellous synthesis. Most of the furniture is taken out but all the walls and ceilings are covered with incredible frescoes of Raphael, Sebastian del Piombo, Peruzzi and others. While in Rome I also learned about interesting modern Italian artists like Filippo De Pesis.

ATP: Which artwork will you show in “Conversation Piece”? Why did you choose it?

MS: At Fondazione Memmo I have a beautiful space to myself with 6 paintings. In the entrance there are plants on the courtyard outside. The paintings are all made at my residency at the American Academy in Rome. They portray a mix of daily events where something slightly out of the ordinary is visible;  ‘tennis court after the storm’ or  ‘walk in Doria Pamphilj’, a close-up of Cimitero del Verano or a detail of the inside of Palazzo Ruspoli. The initial impression is of different shades and size of canvas that seem to be monochrome. Slowly the different layers and images become visible over time. The viewer participates and completes the work.  In my paintings I started to incorporate more elements. If a painting didn’t work out as planned, I started to paint a thin layer of ground colour on top and leave the old image slightly visible. The marks that are left from the older image inform the new one and visa versa. Very like the patina of Rome itself.

Maaike Schoorel - Conversation Piece | Part 2,   Fondazione  Memmo - Arte Contemporanea,   Roma  2016,   Installation view

Maaike Schoorel – Conversation Piece | Part 2, Fondazione Memmo – Arte Contemporanea, Roma 2016, Installation view

David Schutter —

ATP: What are your first impressions you had about Rome?

David Schutter: For me, it is impossible to separate any experience in Rome from its light. It is a fundamentally unique element within life here. Light in Rome is not static, but ever changing and can go from gauzy cotton overcast to buttery smears in a single afternoon. The paradox of the light in Rome is that even within these kinds of descriptions, which sound poetic, the light itself is not. It is not obscurant of edges or softening in nature, but rather in spite of such poetic allusion, the light here though it may not be clear, is clarifying. Maybe that is why even in halftone shadow zones, Poussin was capable of such description.

ATP: Regarding your stay in Rome: is there any artwork, place or artist that influenced you in some ways?

DS: I have been studying some parlor-scale 17th Century landscapes, made in pendant format, by Salvator Rosa and Gaspard Dughet in the Galleria Nationale D’Arte Antica di Palazzo Corsini. I have also been spending time looking at drawings in the Instituto Centrale per la Grafica in Palazzo Poli. Each place has been very generous, allowing me intimate access to the pictures and the drawings. What is just as central as this kind of specific access, for which I am very thankful, is perhaps another side of seeing; it is engendered by the greater Rome which is seen by detour, accident, getting lost, seeking respite from a crowd. It is the Rome that may have just vexed, but in a sudden moment can give over the open courtyard and doors to Borromini’s San Ivo on a late Sunday afternoon.

ATP: Which artwork will you show in “Conversation Piece”? Why did you choose it?

DS: I have “re-made” the Rosa and Dughet paintings from the Corsini in a 1-to-1 scale with like materials and without aide memoires; these pictures are situated on intersecting walls matching the dimensions of the exhibition walls in the Palazzo Corsini where the Rosas and Dughets currently hang. This architectural form was specifically designed in collaboration with the Roman architectural firm, stARTT, for the space of the Fondazione Memmo’s exhibition rooms now located in the former stables of the Palazzo Ruspoli,  Rosa and Dughet suffer under the mythologies of archetype: Rosa is the passionate and unruly Neapolitan southern pole to Dughet’s cool north governed by neoclassical and French rationalism. It is an unfortunate split that continues, particularly as we look at the economic implications of north and south on a more global scale presently. It had economic reverberations in the 17th Century as well. Rosa was not Bernini, who was also a fellow émigré from Naples, but thriving by large commissions and an embrace of his bravura as an adopted Roman cosmopolitan. And Dughet was not Poussin, even if he studied under him, was his brother-in-law, and signed his paintings ‘Gaspard Poussin’. He certainly did not have Poussin’s independence of relying on important and bottomless private commissions. Rosa and Dughet risked the open middle market. They borrowed from each other forms and motifs, and while not adversaries, there was a mutual quiet disregard between them. This past year marks their 400th birthday. I think of these two painters of the Corsini pendants, as pendants themselves. Instead of placing them in the historical conversation of North and South, I am bending the poles in this exhibition so that each side of the artist pendant faces one another obliquely.

David Schutter - Conversation Piece | Part 2,   Fondazione Memmo - Arte Contemporanea,   Roma 2016,   Installation view

David Schutter – Conversation Piece | Part 2, Fondazione Memmo – Arte Contemporanea, Roma 2016, Installation view

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