xenia è il progetto di ricerca editoriale indipendente dell’associazione culturale no profit Genealogie del Futuro con cadenza semestrale. Guardando alla dinamicità dello spazio digitale come frontiera d’approdo per sviluppare nuove collaborazioni e contaminazioni, xenia ospita contenuti eterogenei – scritti teorici e critico-artistici, interviste, conversazioni e tavole rotonde – per creare uno spazio di ricerca interdisciplinare e aperto ad accogliere plurime voci, in cui la sfera artistica si pone in dialogo con diversi ambiti del sapere. Ogni numero si sviluppa a partire da una parola chiave e i contributi sono selezionati tramite open call.
Alberto Ceresoli (PARCO Art Platform) ha posto alcune domande a Genealogie del Futuro
AC: xenia UNO si apre con il testo ALEPH appunti per una consapevolezza spazio-temporale dell’artista e scrittore Roberto Casti. L’autore scrive: Tentare l’apertura al mondo, concedersi a esso – pur rinunciando al potere di racchiuderlo, comprenderlo e sfruttarlo – vuol dire rendersi consapevoli dello stato di precarietà delle cose. Significa, per assurdo, difendere lo stato fluido di instabilità, perché simbolo di riappropriazione di una condizione collettiva, sicuramente frammentaria, ma pur sempre condivisa e, perciò, punto di partenza per una rigenerazione di domande, immaginari e possibili strade future. È possibile individuare in questo piccolo estratto l’obiettivo di Genealogie del Futuro e di xenia?
GDF: xenia nasce prima di tutto da una necessità intima e personale, tutti i temi attorno ai quali decidiamo di svolgere ogni numero del nostro editoriale partono da urgenze che percepiamo sulla nostra pelle. Solitamente ci riuniamo in maniera informale e iniziamo a sviscerare pensieri e visioni del mondo e della contemporaneità, in una specie di momento-confessionale, che ci piace moltissimo – a essere onestə. Proprio da questi discorsi ci accorgiamo che le ansie e le preoccupazioni del singolo sono applicabili a tuttə lə componentə del gruppo, in quanto figlə della stessa epoca e cittadinə del medesimo tempo storico, quindi decidiamo su quale tema, tra quelli emersi, concentrare le nostre future ricerche. Così è nata l’idea originaria di xenia, dalla necessità di creare comunità, di fare rete, di ospitare e di farsi ospitare – come enuncia già da solo il nome scelto – e così sono emersi tutti i focus sui quali lavoriamo. La nostra aspirazione non è certo di dare risposte o soluzioni alle urgenze del contemporaneo, ciò che ci piacerebbe riuscire a fare è piuttosto dare forma, con contributi differenti, visivi o scritti, a una sorta di spaccato della realtà che viviamo ogni giorno, per percepirla con occhi nuovi. L’obiettivo di xenia, assieme a quello di creare comunità, è di riuscire a offrire punti di vista inediti sulle condizioni universali del nostro tempo. Con il numero UNO ci siamo concentrati sulla precarietà nelle sue forme più varie – fisica, psicologica, sociale, politica, economica, lavorativa – e l’estratto del testo di Roberto Casti sicuramente ben descrive quanto abbiamo cercato di perseguire con la pubblicazione: la costituzione di un atlante di domande e strade possibili non tanto per sfuggire alla precarietà, ma per conviverci e scandagliarla sempre più in profondità – per quanto possibile – nel tentativo di comprenderla meglio, senza, ripetiamo, nessuna pretesa di delineare soluzioni.
AC: Sempre Roberto Casti scrive: Abitiamo l’imperfezione, ne facciamo parte, ed è da qui che possiamo ripartire continuamente. Dalle domande e quindi, dall’alta probabilità di non avere risposte. Perché le domande sono i versi della poesia che ci accomuna: quella che rivela una coralità mortale, fugace e instabile ma estremamente viva. Quali sono le domande che hanno portato a ragionare su xenia UNO?
GDF: Nei nostri momenti-confessionale, come li abbiamo definiti prima, ci poniamo molte domande sul nostro posizionamento nella realtà analizzandolo su più livelli. Nel settore in cui ci troviamo a operare – quello culturale – la precarietà è all’ordine del giorno e nell’analizzare tale parola sempre più nel dettaglio abbiamo notato che da un singolo lemma possono derivare infinite considerazioni. Dall’esperienza individuale a una visione generale abbiamo ragionato sulla precarietà economica, su quella fisica e su quella ambientale. E ci siamo chiesti: Sotto quali molteplici forme la precarietà si manifesta nello spettro del presente? Cosa vuol dire abitare dei corpi precari? Quali nodi di instabilità coinvolgono tanto la sfera personale quanto quella collettiva? Quali figurazioni possono aiutarci ad attraversare lo spazio-tempo turbolento che si insinua nella crisi permanente?
È stato poi stimolante poter inglobare nell’editoriale le visioni e le prospettive di scrittorə e artistə selezionatə tramite la nostra prima open call e osservare come anche lə altrə vivono il tema della precarietà, come lo percepiscono e soprattutto in quale modalità scelgono di raccontarlo. È inutile specificare che molti dei punti emersi dai contributi che abbiamo ospitato nel numero UNO non erano stati vagliati dai nostri discorsi, arricchendo la nostra stessa ricerca.
AC: La pubblicazione, oltre ad accogliere testi di critica, poesie e racconti, presenta molti contributi visivi multidisciplinari. Me ne parlate?
GDF: Fin dall’inizio il rapporto con lə artistə è al centro delle attività di Genealogie del Futuro, abbiamo sempre sviluppato progetti interdisciplinari perché il dialogo tra le arti visive e gli altri campi del sapere ci sembra una buon modo per rendere l’arte – soprattutto quella contemporanea – meno lontana dalla realtà quotidiana. Essendo il nostro gruppo per la maggior parte composto da teoricə, abbiamo pensato la nostra pratica curatoriale a partire da un’idea di cura che non esaurisse il fare arte nella restituzione di una mostra temporanea, ma che portasse la pratica artistica in stretto dialogo con ciò che ci circonda attraverso workshop, talk, eventi performativi e restituzioni editoriali. Negli ultimi due anni, quest’ultimo campo è diventato il centro del nostro interesse, traducendosi nel 2023 nella nascita di xenia, dove i contributi artistici incontrano quelli teorici nella creazione di immaginari relativi alla realtà che abitiamo. Nel merito di xenia UNO i progetti visivi che abbiamo selezionato erano sia dei lavori work in progress, pensati appositamente per l’editoriale, sia lavori compiuti, che sono stati trasformati e ripensati all’interno della tematica dell’editoriale. È stato cruciale, ma anche intrigante, il dialogo nato tra la redazione e lə artistə per restituire al meglio i contributi nel numero di pagine dedicato, all’interno della fanzine: un processo non sempre facile data la natura diversa dei vari progetti, alcuni dei quali racchiudevano ricerche molto stratificate.
AC: Nell’ultimo anno mi sono imbattuto in diverse progettualità che rivolgono la loro attenzione alla poesia e ho avuto modo di scoprire il lavoro di alcuni artisti che utilizzano questo linguaggio integrandolo all’interno del proprio percorso di ricerca. Anche in xenia UNO è possibile leggere sperimentazioni e componimenti in versi. Come dialoga la poesia con i vari contenuti testuali e visivi? Che cosa ne pensate di questo ritorno alla poesia e dell’importante riconoscimento che gli viene dato?
GDF: Per noi la poesia è sempre stata un medium interessante quanto necessario per la forza immaginifica delle parole in versi. Già nel 2021 con il nostro primo progetto su Milano, Ecosofie Urbane. Ecologia Civica, Agricoltura Partecipata, abbiamo collaborato con alcunə poetə (Gaia Boni, Stefano Bortolussi, Marco Corsi, Beatrice Cristalli e Alfredo Rienzi) per la realizzazione della street action ECO. Nel momento in cui abbiamo delineato l’open call di xenia è stato fondamentale indicare che non vi erano limitazioni di forma, ogni contributo sarebbe stato ugualmente preso in considerazione e per questo è stato specificato che anche la poesia sarebbe stata una proposta ben accolta. Siamo statə molto lietə di riceverne così tante e di così varia natura. I componimenti poetici più presenti nella fanzine sono sicuramente quelli di Benedetta Manzi che, cadenzati nello svilupparsi di tutto il numero, ritornano tra le parole e i lavori dellə altrə contributors come il ritornello di una canzone. I suoi Refusi, proprio perché di natura frammentaria – nati dal tentativo di dire e comunicare quando la parola fatica a emergere – si sposano perfettamente con la concezione più generica del termine “precarietà”, e per questo non stonano mai tra un componimento e l’altro. I versi ritornano anche in .sette fiamme per rinascere. – l’epilogo di un poema lirico sperimentale dell’artista Stefano Ferrari. Vi sono poi esempi di artistə che integrano la poesia all’interno dei lavori visivi, come Lorenzo Bonaccorsi, Davide Robaldo o Traian Cherecheș e troviamo la loro presenza perfettamente in linea con tutto il numero.
AC: Sofia Rasile riflette sul tema dell’iperproduttività che caratterizza il contemporaneo e ci ricorda alcune azioni/non-azioni di artisti che muovendo una critica alla società della prestazione e all’inarrestabile sistema produttivo scelgono di “non fare”. Tutti noi operatori, giornalisti, artisti, curatori siamo consapevoli di quanto siamo sopraffatti da immagini, prodotti, informazioni. Siamo tutti consapevoli della difficoltà e talvolta dell’impossibilità di dire di no, così ognuno di noi risponde, partecipa e da il suo contributo a questo eccesso. Un vostro pensiero come Associazione impegnata in un lavoro di progettazione culturale e promozione della ricerca artistica contemporanea?
GDF: Come già detto, tutti i temi del nostro editoriale partono da urgenze personali e pensiamo a come queste si possano muovere sui binari soggettivo-oggettivo, personale-collettivo. La precarietà, tema di xenia UNO, nasce dalla riflessione sulla nostra condizione di giovanə lavoratorə in un paese in cui il precariato coinvolge innumerevoli soggettività e settori, primo fra tutti il sistema culturale, che noi viviamo quotidianamente. Allo stesso modo percepiamo il tema dell’iperproduttività come una spada di Damocle sulle nostre teste. È tuttavia stato interessante, tramite il testo di Sofia Rasile, accorgerci di come queste due problematiche del nostro settore vadano a braccetto: in un sistema precario – che propone solo una serie infinita di stage e tirocini senza mai la promessa, e nemmeno la speranza ormai, dell’assunzione – all’interno di un ambiente altamente sottopagato e svalutato ai minimi termini, dire di “no” sarebbe doveroso, ma diventa difficile se il desiderio è proprio di poter accedere a questo sistema lavorativo. Pertanto tuttə, in un momento o nell’altro, siamo statə tanto vittime quanto complici di queste strutture, che ci mettono alle strette e non fanno altro che renderci partecipi a pieno titolo dell’iperproduttività stessa che denunciamo. È proprio in questi pensieri che affondano le radici di Genealogie del Futuro. Quando ci siamo costituiti nel 2021 uno dei nostri desideri era di dare vita a uno spazio in cui creare e lavorare secondo i nostri tempi, le nostre regole, creare un’alternativa valida a quelle del settore culturale italiano, tuttavia proprio il nostro operare in questo contesto ci rende difficile, se non impossibile, rendere questo lavoro remunerativo per noi e per chi collabora con noi. Ciò che invece abbiamo gioiosamente ottenuto è la serialità periodica di xenia che da questo numero UNO ha un proprio codice ISSN che offre un ulteriore riconoscimento a chi pubblica con noi!
GENEALOGIE DEL FUTURO
L’associazione culturale no profit Genealogie del Futuro nasce nel 2021 a partire dal desiderio di generare nuove visioni interdisciplinari nell’ambito della cultura visuale contemporanea. La redazione è composta da Ljuba Ciaramella, Piermario De Angelis, Anita Fonsati, Matteo Gari, Angela La Rosa e Alessandra Sebastiano.
FOCUS SU XENIA
xenia è il progetto editoriale indipendente di Genealogie del Futuro, con cadenza semestrale. Ospitando contenuti eterogenei – scritti teorici e critico-artistici, interviste, illustrazioni e opere visive – ogni numero approfondisce una parola chiave, selezionata in base all’attualità e a esigenze condivise, capace di accogliere plurime declinazioni di approfondimento.
ALBERTO CERESOLI
Alberto Ceresoli (Bergamo, 1989) si occupa di progettazione culturale. Negli anni ha collaborato con associazioni, gallerie d’arte, editoriali per l’arte contemporanea, project space e ha animato percorsi educativi, di formazione e di inclusione sociale. Dal 2015 è alla direzione artistica di PARCO Art Platform.