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Le vivisezioni metaforiche di Francesca Woodman e Birgit Jürgenssen

[nemus_slider id=”47413″] — Avevo quattordici anni quando, per la prima volta, vidi le fotografie di Francesca Woodman. In un freddo pomeriggio a cavallo tra il 1996 e il 1997, il colophon della mostra promossa dalla Galleria Civica di Modena mi...

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Avevo quattordici anni quando, per la prima volta, vidi le fotografie di Francesca Woodman. In un freddo pomeriggio a cavallo tra il 1996 e il 1997, il colophon della mostra promossa dalla Galleria Civica di Modena mi sembrò molto più invitante di due pagine di esercizi di matematica. Le cose che mi attrassero di più furono sostanzialmente due. In primisi la naturalezza con cui l’artista riusciva a porsi davanti all’obiettivo completamente spoglia non solo dei suoi vestiti ma anche, in senso metaforico, di tutte le convenzioni sociali e stilistiche. La seconda fu l’utilizzo in molti scatti dello specchio utilizzato come un vero e proprio alter ego, una sorta di riflesso di una figura che doveva dire ed essere altro e che, sostanzialmente, riusciva a portare avanti il suo pensiero senza pregiudizi, imbarazzo o paura del giudizio altrui. Ovviamente davanti a queste fotografie non riuscii a formulare così bene questi pensieri e provai solamente un’invidia profonda per una ragazza di qualche anno più grande che era riuscita ad esprimere così chiaramente quel magma incessante di sentimenti ed emozioni che anche io avevo dentro.

Dopo alcune mostre agli inizi del decennio, le opere dell’artista italo-americana tornano in Italia e precisamente nei locali di Merano Arte accanto alle opere fotografiche di un’altra artista, Birgit Jürgenssen, che seguì un percorso simile per tematiche ma concentrandosi anche su altre tipologie di arte figurativa. La mostra – visitabile fino al 20 settembre, a cura di Gabriele Schor e in collaborazione con la Collezione Verbund di Vienna – conferma l’intento di questo attivissimo centro espositivo di valorizzare l’enorme patrimonio della fotografia del Novecento. Francesca Woodman morì suicida a soli 22 anni mentre Birgit Jürgenssen visse fino a 54 anni e anche se i percorsi e le influenze furono diverse, queste due artiste possono essere considerate due delle pioniere di un movimento artistico e culturale che, sviluppatosi negli anni Settanta, si incentrò profondamente sulla figura femminile e sulla possibilità attraverso la performance e la fotografia di indagare il corpo e, di conseguenza, anche la psiche della donna.

Francesca Woodman in her Studio,   Pilgrim Mills,   Providence,   Rhode Island,   1976-1978 - Courtesy Douglas D. Prince,   Portsmouth,   New Hampshire
Francesca Woodman in her Studio, Pilgrim Mills, Providence, Rhode Island, 1976-1978 – Courtesy Douglas D. Prince, Portsmouth, New Hampshire

Confrontando le opere di questa mostra si notano alcuni punti di contatto tra le due artiste come, ad esempio, la cura nella messa in scena e l’indagine profonda sul corpo femminile che viene modificato, scoperto, a volte torturato e quasi violentato per rivelare a tratti una fragilità che parte da quel singolo corpo ma diventa bandiera di un malessere che coinvolge tutti. Lo spettatore si troverà davanti ad una ricerca senza filtri, quasi una vivisezione, compiuta su un corpo che viene messo in discussione e diventa a tratti oggetto sessuale e opera d’arte a sé. L’esposizione raccoglie 75 scatti in bianco e nero della Woodman e 44 opere della Jürgenssen che comprendono fotografie a colori e in bianco e nero, polaroid, rayogrammi, cianotipi, disegni, sculture oltre a lavori realizzati con la stoffa. Se la prima si focalizza sull’esame, lo svisceramento e il congelamento di frammenti della psiche femminile, l’altra si concentra sul travestimento e la ricerca di tecniche diverse per rappresentare i movimenti dell’anima. L’approccio di Jürgenssen è molto legato al surrealismo e alle avanguardie artistiche del tempo grazie anche ad uno scambio intellettuale che avviene negli anni Settanta con personalità del calibro di Meret Oppenheim e Louise Bourgeois, mentre Woodman rimane una figura più selvaggia, istintiva e ripiegata su se stessa come se il mondo che avesse dentro fosse già di per sé una fonte inesauribile di spunti e nuovi slanci creativi. E’ un atto di ribellione su più fronti quello che compiono queste artiste con le loro opere, un modo per infrangere quella campana di vetro* dove a volte viene intrappolata la psiche femminile, come un qualcosa di bello ma segretamente pericoloso, che forse sta meglio in gabbia dorata ma nella quale a volte può anche morire soffocata.

* Inevitabile pensare a The Bell Jar,  l’unico romanzo di Sylvia Plath, originariamente pubblicato sotto lo pseudonimo di Victoria Lucas nel 1963.

Testo di Annalisa Malavolta

Birgit Jürgenssen Nest,   1979 S:W-Fotografie © Estate of Birgit Jürgenssen : Bildrecht,   Wien,   2015 : Sammlung Verbund,   Wien
Birgit Jürgenssen Nest, 1979 S:W-Fotografie © Estate of Birgit Jürgenssen : Bildrecht, Wien, 2015 : Sammlung Verbund, Wien
Birgit Jürgenssen Ohne Titel (Selbst mit Fellchen),   1974 / 1977-1978 Cibachrom © Estate of Birgit Jürgenssen / Bildrecht,   Wien,   2015 / Sammlung Verbund,   Wien
Birgit Jürgenssen Ohne Titel (Selbst mit Fellchen), 1974 / 1977-1978 Cibachrom © Estate of Birgit Jürgenssen / Bildrecht, Wien, 2015 / Sammlung Verbund, Wien
Birgit Jürgenssen Ohne Titel,   1979:1980 S:W-Fotografie © Estate of Birgit Jürgenssen : Bildrecht,   Wien,   2015 : Sammlung Verbund,   Wien
Birgit Jürgenssen Ohne Titel, 1979:1980 S:W-Fotografie © Estate of Birgit Jürgenssen : Bildrecht, Wien, 2015 : Sammlung Verbund, Wien
Francesca Woodman,   Self portrait talking to vince,   Providence,   Rhode Island,   1977-1999 Black-and-white gelatin silver print on barite paper. Courtesy George and Betty Woodman,   New York  SAMMLUNG VERBUND,   WienFrancesca Woodman,   Self portrait talking to vince,   Providence,   Rhode Island,   1977-1999 Black-and-white gelatin silver print on barite paper. Courtesy George and Betty Woodman,   New York  SAMMLUNG VERBUND,   Wien
Francesca Woodman, Self portrait talking to vince, Providence, Rhode Island, 1977-1999 Black-and-white gelatin silver print on barite paper. Courtesy George and Betty Woodman, New York SAMMLUNG VERBUND, WienFrancesca Woodman, Self portrait talking to vince, Providence, Rhode Island, 1977-1999 Black-and-white gelatin silver print on barite paper. Courtesy George and Betty Woodman, New York SAMMLUNG VERBUND, Wien