Intervista di Alberto Ceresoli —
Alberto Ceresoli: Il 19 ottobre ha inaugurato il solo show di Wilfredo Prieto “Troppo facile per l’incredulo vedere da lontano”, primo progetto espositivo curato da Spazio Volta all’interno dell’Ex chiesa di San Rocco a Bergamo. Dopo due anni di lavoro, progettazione, burocrazie e grande perseveranza, avete riaperto una chiesa cinquecentesca chiusa al pubblico da diversi decenni. Immagino sia stato un importante ed emozionante traguardo personale e professionale.
Edoardo De Cobelli: Enorme. Era un progetto pazzo, un’insensatezza totale sulla carta, quella cosa che provi a fare una volta nella vita e che spesso fallisce, però almeno dici: ci ho provato fino in fondo. Ci si riesce solo quando si decide di superare ogni ostacolo che si pone sul cammino, una filosofia moderna che in realtà sconsiglierei. Seguire un sogno può essere malsano, bisogna comunque tenere i piedi per terra. Ma sappiamo che non è nella nostra natura, intendo quella degli artisti e dopotutto anche dei curatori. È stato bello e stremante occuparsi di restauro, abbiamo gettato il cuore oltre l’ostacolo. Il punto è che gli spazi indipendenti hanno una durata – qualche anno – e questa limitata durata ha un senso sotto diversi aspetti. Anche gli spazi fisici hanno una vita determinata dal punto di vista espositivo, il motivo per cui le gallerie spesso li cambiano. Abbiamo quindi deciso per il cambiamento, un percorso complesso e ancora in corso ma che ha raggiunto un punto decisivo.
AC: Mi sono fatto un’idea, ma chiedo a voi: da quali riflessioni nasce il titolo della mostra?
Federico Castoldi: Troppo facile per l’incredulo vedere da lontano non è solo il titolo della mostra me è anche il titolo dell’opera posta sull’altare e presentata per la prima volta all’interno dello spazio. Un cuore ed un cervello che vorrebbero essere umani, innalzati nella loro organicità: si scontrano ragione e sentimento e lo spirito ne rimane fuori. Sull’altare non ci si può salire per ragioni strutturali, il presbiterio rimarrà chiuso fino a lavori finiti, e così lo spettatore rimane tre gradini più sotto e strizza gli occhi per vedere o per credere. È uno scherzo molto serio quello che l’artista fa a chiunque entri la chiesa: l’incredulo è il visitatore che, incantato dalle armoniose composizioni di Wilfredo, finirà per non crederci mai fino in fondo.
AC: Wilfredo Prieto dalla Biennale Arte 2024 a Bergamo per la riapertura dell’Ex chiesa di San Rocco. Che visione curatoriale e/o quali motivazioni vi hanno fatto avvicinare alla ricerca dell’artista cubano?
ED: Prieto è un artista dalla semplicità e dalla forza poetica uniche. Entrambi siamo innamorati del suo lavoro e quando abbiamo pensato al suo nome, abbiamo capito che era l’artista giusto per la prima mostra nello spazio. Come avvenuto al Teatro Fondamenta Nove di Cannaregio, ha lasciato respiro al luogo. Prieto interpreta gli spazi con interventi minimi, ma il suo approccio concettuale ha qualcosa di trascendentale nella sua essenzialità. Per la mostra ha voluto fare un progetto più articolato di quello che ci aspettassimo e ne siamo contenti. Metà delle opere sono state prodotte da noi, un aspetto fondamentale della nostra programmazione, che desideriamo mantenere sempre.
AC: Attraverso l’utilizzo di materiali tratti dalla quotidianità e generando cortocircuiti tra significato e significante, Prieto invita alla riflessione su grandi temi politici, economici, ambientali. Non è una mostra di facilissima lettura e dal mio punto di vista bene così. Risposta da parte dei visitatori e dell’amministrazione comunale?
FC: Abbiamo avuto l’impressione che la mostra sia stata recepita molto bene sia dal pubblico, anche quello meno “allenato” che dalla amministrazione. È la forza dell’oggetto quotidiano e della stranezza che la sua nuova significazione crea a stupire quasi tutti; sono oggetti e concetti familiari quelli che Wilfredo porge, ed è con questa strana familiarità che l’artista coinvolge il visitatore.
A dire il vero, l’opera che da titolo alla mostra ci aveva inizialmente preoccupato, ci aspettavamo una resa più cruda ma la delicatezza della realizzazione e la poetica dell’artista l’hanno resa parte delle pareti stesse, come se fosse sempre stata li.
AC: Facciamo un salto temporale e andiamo indietro di quattro anni. Spazio Volta nasce nel 2020 con un programma di interventi pensati per la cisterna del XII secolo che affaccia su Piazza Mercato delle Scarpe in Città Alta. Che cosa è successo in questi quattro anni? Come si è articolata la programmazione dell’Associazione?
ED: È cambiata e allo stesso tempo non è mai cambiata. Al centro della nostra identità rimane il dialogo con gli artistə, la produzione di nuovi progetti e idee. Siamo a metà tra un centro d’arte e uno spazio indipendente, con la speranza di diventare una piccola istituzione sostenibile e piena autonomia. Negli anni abbiamo invitato alcuni artisti riconosciuti ma il focus rimane l’arte emergente, che si apre adesso alla performance e al suono, con la co-direzione artistica di Edoardo Bonacina sotto quest’ultimo fronte. Speriamo inoltre di consolidare il ponte tra artistə italianə con l’estero e viceversa, come già avviene con la partnership con il CAB di Grenoble. Attraverso le collaborazioni, siamo paradossalmente in grado di farlo più dei musei italiani, che limitano il proprio operato al territorio. Ma per questo abbiamo bisogno di maggior sostegno.
AC: Nell’ultimo anno siete stati impegnati con la raccolta fondi finalizzata a finanziare i lavori per il restauro della chiesa, oggi spazio culturale per la promozione della ricerca artistica contemporanea. Ricordo la collettiva “Venti artisti per il restauro” che ha inaugurato a marzo 2024. Ottimo lavoro di squadra e grande generosità di tutti gli artisti coinvolti.
FC: Si, il 2024 è stato un anno di semina e raccolta, dove abbiamo cercato di sensibilizzare il pubblico sul respiro del nostro progetto; siamo stati sostenuti da chi con noi ha incrociato il cammino per una ragione o per l’altra, artisti, curatori e collezionisti hanno riconosciuto il potenziale di questo nuovo progetto e hanno voluto investirci. È nata così “venti artisti per il restauro” prima selling exhibition organizzata dall’associazione che ci ha permesso di portare avanti una parte dei lavori e avvicinarci al nostro obbiettivo.
AC: Un accenno sulla storia della Chiesa?
ED: È una storia stratificata iniziata nel Medioevo. Si trova al primo piano e domina la piazza perché in principio fu un tribunale, dei mercanti per la precisione. Prima della costruzione delle mura venete, infatti, Piazza Mercato delle Scarpe era una delle piazze di snodo e mercato principali. Solo in un secondo momento è diventato cappella e poi, nel XV secolo, chiesa di San Rocco, il santo protettore dalla peste. Da allora alcuni avvicendamenti, il rifacimento delle decorazioni in stile neoclassico di natura privata e infine l’abbandono dovuto alla scarsa cura che ha causato enormi infiltrazioni negli anni Settanta. Da allora è rimasta in mano pubblica e chiusa. Tutto l’immobile è di natura comunale ora in concessione all’associazione.
AC: Nonostante l’apertura so che c’è ancora molto lavoro da fare. Con il restauro del controsoffitto, il posizionamento della rete di sicurezza, il consolidamento del cornicione e delle decorazioni, la sistemazione di una parte della pavimentazione e delle pareti e con il rifacimento dell’impianto elettrico, avete terminato la prima fase del restauro. La seconda fase in che cosa consiste? Un’idea indicativa dei costi sostenuti e da sostenere?
FC: La seconda fase del restauro prevede la messa in sicurezza e il riconsolidamento dell’ala sinistra della chiesa, il restauro del presbiterio e l’installazione di un impianto antiincendio a norma. Tutti passi fondamentali per poter finalmente aprire al pubblico con agibilità piena senza necessità di deroghe. La stima dei lavori ancora da sostenere è di circa 60.000 euro. La prossima parte del restauro sarà, come lo è stata la prima, improntata alla conservazione, dove possibile, di tutti i tratti caratteristici dell’immobile. Il nostro obbiettivo è quello di finire i lavori entro agosto 2025 in modo da poter diventare operativi già a settembre dell’anno prossimo.
Cover: Wilfredo Prieto, Uovo e palla 8, Spazio Volta, 2024, photo credit Nicola Gnesi
Spazio Volta: Spazio Volta è uno spazio espositivo no-profit dedicato alla ricerca artistica. Lo spazio ospita progetti e esposizioni temporanee nell’ex fontana e nell’ex chiesa di San Rocco, nell’edificio affacciato su piazza Mercato delle Scarpe e via Rocca, Bergamo.
Edoardo De Cobelli: Edoardo De Cobelli (Bergamo, 1992) è curatore e ricercatore presso l’Università Milano Bicocca – PhD in Patrimonio immateriale nell’innovazione socio-culturale. È direttore artistico di Spazio Volta, parte del team curatoriale della Quadriennale di Roma 2021-2024 appena conclusa e coordinatore per la Lombardia del progetto Una Boccata d’Arte, promosso da Fondazione Elpis.
Federico Castoldi: Federico Castoldi ( Bergamo, 1995) è Exhibition Production Manager di Spazio Volta.
Alberto Ceresoli: Alberto Ceresoli è progettista culturale, curatore d’arte indipendente e giornalista. Negli anni ha collaborato con associazioni, gallerie d’arte, editoriali per l’arte contemporanea, project space e ha animato percorsi educativi, di formazione e di inclusione sociale. Dal 2015 è alla direzione artistica di PARCO Art Platform.