Who the bær: Simon Fujiwara ci guida negli angoli oscuri della nostra identità | Fondazione Prada, Milano

Fino al 27 settembre 2021, Simon Fujiwara presenta un progetto site-specific che, in modo intrigante, sembra interrogarci su questioni legate all'identità e alla sua percezione.
26 Luglio 2021
Exhibition views of “Who the Bær” by Simon Fujiwara Fondazione Prada, Milan Photo: Andrea Rossetti Courtesy: Fondazione Prada

Testo di Barbara Ruperti —

Ha il sapore di una fiaba il progetto Who the bær che l’artista anglo-giapponese Simon Fujiwara ha concepito per il piano terra del Podium di Fondazione Prada, ma non illudetevi, non c’è un lieto fine. Stella nascente del contemporaneo Simon Fujiwara (Londra, 1982; vive e lavora a Berlino) porta a Milano un progetto inedito e attuale.
Quella raccontata da Fujiwara è la storia di una profonda crisi interiore che ci trasporta negli angoli più oscuri della nostra identità.

Davanti a noi il percorso si apre su un labirinto di cartone che ha l’aspetto accogliente e provvisorio del rifugio di un bambino. Alle pareti una costellazione di disegni e collage colorati ci introduce al proprietario di quella bizzarra dimora. Ed ecco a voi Who: un personaggio da cartoon con le fattezze di un* ors* che per certi versi richiama alla mente il famoso Winnie the Pooh dell’universo Disney. Ma a differenza di qualsiasi altro cartone animato Who è consapevole di essere solo un’immagine tra le tante che saturano il mondo visuale. Da qui il suo disagio interiore: la sensazione di essere intrappolato in un’immagine lo spinge a cercare un modo di rovesciarla ed affermare così la propria individualità.

Il suo nome, Who, rappresenta l’emblematico punto di partenza della sua ricerca: guidato da questa parola che è contemporaneamente domanda e affermazione, il nostro eroe si avventura in un’esplorazione completa delle identità possibili.
Il suo corpo diventa un terreno di sperimentazione: Who lo usa per ibridarsi in ogni forma che incontra, nel tentativo costante di trovare un significato, una personalità, un’identità alla propria figura. Animali, esseri umani, oggetti…Who assume su di sé ogni immagine sperando di inciampare prima o poi in sé stesso ma questa non è che un’illusione di libertà che finisce per rinchiuderlo in quello stesso mondo di immagini dal quale voleva fuggire. Costantemente in balia tra l’accesso ad infinite possibilità di autodeterminazione e la sconvolgente presa di coscienza della perdita di tutto ciò che si definisce autentico, la ricerca di Who è destinata a non trovare una conclusione.

Servendosi di questa favola postmoderna Fujiwara ci sottopone ad una riflessione tutt’altro che fantastica. Ogni sogno e timore di Who, ogni evento felice o traumatico che si trova ad affrontare ci coinvolge profondamente, spingendoci a dubitare della nostra autenticità. Anche noi viviamo in un mondo elastico, al quale contribuiamo dilatandone i confini e trascendendone le regole, nel tentativo costante di dimostrare di valere di più di una semplice immagine: un sogno, questo, che l’artista ci spinge cinicamente a credere irrealizzabile.

In un periodo attraversato da dibattiti che riguardano i temi del razzismo e dell’identità di genere, la mostra presentata in Fondazione Prada esprime un’inedita coincidenza con le urgenze civili del nostro Paese: attraverso una lente solo apparentemente ludica Simon Fujiwara ci costringe ad un’analisi delle fragilità nascoste negli anfratti della nostra identità. Attraverso la decostruzione e l’analisi dello stereotipo l’artista ci rivela l’esistenza di una crisi profonda che ci riguarda molto da vicino.

Exhibition views of “Who the Bær” by Simon Fujiwara Fondazione Prada, Milan Photo: Andrea Rossetti Courtesy: Fondazione Prada
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