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Gli attimi fuggevoli di Shimabuku al Museion di Bolzano

Testo di Noemi Tumminelli — Divertenti, ironici e leggeri i lavori di Shimabuku si spogliano di quella invadente retorica contemporanea perché come scriveva Italo Calvino la “leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto”. L’artista giapponese osserva il mondo da un’altra prospettiva e lo fa giocando, così lo vediamo fluttuare nell’aria sotto forma di […]

Oldest and Newest Tools of Human Beings, 2015 (Il più antico e il più nuovo utensile degli esseri umani / Älteste und neueste Werkzeuge des Menschen) Courtesy the artist and Amanda Wilkinson Gallery, London © Shimabuku
Shimabuku, Christmas in the Southern Hemisphere, 1994 (Natale nell’emisfero australe / Weihnachten in der südlichen Hemisphäre) Courtesy the artist and Air de Paris, Romainville © Shimabuku

Testo di Noemi Tumminelli

Divertenti, ironici e leggeri i lavori di Shimabuku si spogliano di quella invadente retorica contemporanea perché come scriveva Italo Calvino la “leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto”. L’artista giapponese osserva il mondo da un’altra prospettiva e lo fa giocando, così lo vediamo fluttuare nell’aria sotto forma di aquilone, mentre la telecamera lo riprende manovrare la sua sagoma nel cielo tra continue impennate e lievi riprese (Io volante, 2006).  Shimabuku riesce a trasformare una piccola idea o gesto quotidiano in un’esperienza prodigiosa, rivelando attimi inattesi, dettagli sfuggenti e la poesia che è la genesi delle sue creazioni. 

Fino al 3 settembre Museion, il museo d’arte moderna e contemporanea di Bolzano, ospita la prima rassegna antologica dell’artista in Europa. Il titolo della mostra, Me, We,rimanda a quello che è considerato il più breve componimento mai scritto, pronunciato dal pugile e attivista Muhammad Ali. Questi versi sono anche la metafora della sua pratica artistica, dove l’emblema del genio solitario e inavvicinabile si dissolve a favore di un noi collettivo che usufruisce dell’arte per comprendere meglio il mondo che ci circonda. Le sue opere segnano il passaggio dal particolare, le sue esperienze personali, all’universale che non è da intendere come una verità assoluta ma come la testimonianza del suo esserci ed essere. La mostra curata dal direttore del Museion, Bart van der Heide, si sviluppa negli ultimi due piani dell’edificio e raccoglie una serie di lavori che vanno dai primi anni Novanta fino a oggi, tra cui anche delle produzioni inedite. 
Fin dagli esordi si serve di diversi media, come istantanee o video, che immortalano un momento, una rivelazione, un’emozione o un’azione. Vediamo il sole sorgere su una grande metropoli nella fotografia Con gli uccelli all’alba (1999), oppure un ragazzo contemplare il mare seduto su una panchina in Seduto sull’onda (1998). 

Shimabuku, Bed Peace, installation, 2023, Museion 2023 © Luca Guadagnini

L’immagine del giovane Shimabuku che si rade un sopracciglio segna simbolicamente l’inizio della sua carriera (Viaggio per l’Europa con un sopracciglio rasato, 1991) ed è considerata dall’artista la sua prima opera. «Ci sono persone che si sentono come pesci, non smettono mai di nuotare. Io non ho radici e non mi sento a casa da nessuna parte. Io sono a mio agio in viaggio», afferma Shimabuku che quando era ancora uno studente parte per l’Europa e attraversa undici Paesi. Un artista nomade che guarda le cose dal di fuori ed è capace di cancellare i confini geografici, concettuali e culturali, incoraggiando ad ampliare lo sguardo e a considerare l’ambiente come un sistema interconnesso. Studia i legami, le relazioni e gli scambi tra gli esseri umani e il mondo animale. Diversi infatti sono i lavori che raccontano storie sui molluschi, Sculture per polpi: esplorando i loro colori preferiti – acquario di Kobe (2019) o Con il polpo (1990-2010), otto poster stampati che raccontano le incredibili avventure e gli insoliti esperimenti condotti negli anni. Durante i suoi pellegrinaggi rimase incantato da un’altra specie, le scimmie che osserva nel loro habitat naturale e filma. Una delle sue prime mostre fu proprio Mostra per Scimmie (1992) realizzata nella Montagna delle Scimmie a Kyoto e rispondeva al suo desiderio di uscire dagli spazi espositivi tradizionali. In un’intervista Shimabuku ricorda che a vent’anni aveva deciso di non affittare una galleria come facevano tutti in Giappone ma di adoperare i soldi per viaggiare. Documenta i suoi spostamenti con la telecamera, come ad esempio le due settimane di navigazione da Londra a Birmingham (Viaggio con il cetriolo, 2000). In questa occasione pone l’attenzione sul processo di conservazione degli alimenti, raccogliendo ricette sulle verdure e imparando nuove tecniche. 
Shimabuku inventa, crea e ci mette alla prova, così siamo liberi di prendere un elastico da una scatola poggiata su un cerchio bianco per terra e sperimentare le sue invenzioni (Passando attraverso l’elastico, 2000). 

Shimabuku, The snow monkeys of Texas: Do snow monkeys remember snow mountains?, video HD installation view, 2016, © Luca Guadagnini
Shimabuku, Sculpture for Octopuses: Exploring for Their Favorite Colors – aquarium in Kobe, 2019 (Sculture per polpi: esplorando i loro colori preferiti – aquario di Kobe / Skulpturen für Oktopusse: Auf der Suche nach ihren Lieblingsfarben – Aquarium in Kobe) Courtesy the artist © Shimabuku

La prima parte della mostra non segue un ordine cronologico e lineare ma è un «flusso di episodi retrospettivo» secondo il curatore. Mentre all’ultimo piano opere preesistenti dialogano con lavori realizzati appositamente per l’esposizione altoatesina. In questa sezione vengono indagate le complesse dinamiche della coppia o meglio dell’appaiamento. Qui l’immagine manifesto della mostra, Caco e Pomodoro (2008), che raffigura due entità diverse ma intrinsecamente legate. Luna e Patata (2023) invece sono due sculture che l’artista ha prodotto insieme a Mutina, la nota azienda di ceramica che nel 2019 ha conferito a Shimabuku il premio This is Not a Prize per il suo linguaggio innovativo e la sua “generosa immaginazione”. L’omonima installazione Me, We (2023) è frutto di un’altra collaborazione, questa volta con Fondazione Antonio Dalle Nogare di Bolzano e l’Ex-Montecatini di Merano. Un intervento site-specific radicato nel territorio, infatti vengono utilizzati materiali di scarto provenienti da due edifici diversi tra loro ma accomunati dallo stesso destino, la fabbrica Montecatini e il Mauracherhof, attualmente in corso di demolizione. Porte, brandelli di muro, bottiglie, vecchie macchine da scrivere e bombole a gas sono disposti verticalmente per terra come cimeli e resti di un passato ormai lontano che colloca l’Alto Adige al centro del commercio globale. Rispetto ai primi lavori, che spesso consistevano nella documentazione di performance, l’artista adesso rivolge la sua attenzione alla scultura e al potenziale della Land Art. Viene esposta per la prima volta anche l’installazione Letto di Pace (2023), dove due figure realizzate con la terra giacciono accanto nel letto. Un chiaro omaggio a Bed-In (1969) di Yoko Ono e John Lennon ma che in questo caso ci ricorda quanto umanità ed ecologia siano interconnesse. 
L’arte di Shimabuku propone una narrazione alternativa al problema ambientale in tutte le sue sfaccettature, dove lo sfruttamento delle risorse naturali e vegetali lascia spazio a una rinnovata solidarietà e lo fa a modo suo attraverso l’humor e una profonda leggerezza. 

Shimabuku , Oldest and Newest Tools of Human Beings, 2015 (Il più antico e il più nuovo utensile degli esseri umani / Älteste und neueste Werkzeuge des Menschen) Courtesy the artist and Amanda Wilkinson Gallery, London © Shimabuku
Shimabuku, Me, We, site specific installation detail, Museion 2023 © Luca Guadagnini
Shimabuku, Kaki and Tomato 2008 Type C-Print courtesy: the artist and Air de Paris, Romainville