ATP DIARY

WE ARE A VIDEO – Quando le contaminazioni avvengono nel processo

Per la sua prima volta alla Milano Fashion Week, l’artista e designer Barbara Bologna, sceglie la complessità e la ricerca. Una ricerca che parte dalla scelta del casting e finisce per creare una durational performance capace di sovvertire anche il rapporto tra chi guarda e chi sfila. Con anima e attitudini proteiformi, Barbara Bologna, affronta […]

WE ARE A VIDEO – Barbara Bologna – Foto Anna Santinelli

Per la sua prima volta alla Milano Fashion Week, l’artista e designer Barbara Bologna, sceglie la complessità e la ricerca. Una ricerca che parte dalla scelta del casting e finisce per creare una durational performance capace di sovvertire anche il rapporto tra chi guarda e chi sfila. Con anima e attitudini proteiformi, Barbara Bologna, affronta la moda non ispirandosi alle discipline liminali, ma immettendole nel processo stesso di creazione, trasformando modelli e modelle in performer d’eccezione fino a un epilogo sorprendente. 

A pochi giorni dalla MFW2019, abbiamo posto alcune domande a Barbara Bologna artista e designer italiana che ha lavorato per anni nell’ambito delle arti perfomative e teatrali, lanciando infine il suo brand  “Barbara Bologna”, rigorosamente Made in Italy ma distribuito in tutto il mondo nelle high-end luxury boutique. 

ATP: Il tuo percorso artistico parte dalla scultura per poi incrociare il teatro. Quando hai capito che la moda sarebbe diventata “il mezzo perfetto” per raccontare la tua visione del mondo? 

Barbara Bologna: Non ho ancora capito se davvero sia “mezzo perfetto”, ma di certo ho trovato nella moda una possibilità per esprimere in maniera totalizzante la mia visione dell’essere umano. Inclusa me stessa. Attraversando diverse discipline come il teatro, la perfoming art e la moda mi sono resa conto che non esiste un solo mezzo per esprimere tutta la complessità umana, ma l’agglomerare di tutto questo per riuscire -forse- ad arrivare a quello che è il “mezzo perfetto”.

ATP: Abbiamo visto una sfilata trasformarsi in durational performance quando i modelli e le modelle dell’ultimo mood intitolato “sleep” si sono lasciati cadere in preda a un sonno simulato, e non si sono alzati fino a quando gli ospiti non hanno lasciato la sala. Mi racconti la genesi e l’elaborazione della sfilata? Che relazioni possiamo trarre tra la messa in scena della sfilata e, invece, l’elaborazione di un vero e proprio atto performativo? 

BB: La collezione SS20 “we are a video” è l’insieme di otto mondi. Con questa sfilata, ho cercato di portare lo spettatore all’interno di ognuno, cercando di creare un’esperienza che non fosse solo esteticamente interessante, ma anche emozionalmente prepotente. Quello che mi serviva era distruggere la canonica visione della passerella, delle camminate delle modelle, cercando di creare qualcosa di realmente perfomativo e meno didascalico. Le modelle cadono sul pavimento in un sonno profondo, fornendo allo spettatore un invito, una domanda: “vuoi dormire con me?”. Nel momento in cui il pubblico risponde sdraiandosi accanto a loro, il dispositivo performativo si rivela in tutta la sua sorprendente e intenzionale interazione.
La moda e la performance/performing art sono ambiti distinti, ma il poterli mischiare – non per creare unicamente uno show o un effetto a sorpresa, ma immettendo l’uno nel processo dell’altro e viceversa -, crea una sinergia che permette di potenziare gli strumenti di quei precisi contesti.
Questa la scelta che ho fatto e WE ARE A VIDEO il risultato.

WE ARE A VIDEO – Barbara Bologna – Foto Silvia Matteini
WE ARE A VIDEO – Barbara Bologna

ATP: La fisicità, i volti, la gestualità e la prossemica di chi ha sfilato sembravano essere un tutt’uno con le tue creazioni: come è stato scelto il casting? 

BB: Il casting è stato scelto totalmente online. Mi sono presa il tempo per osservare le immagini e i video Instagram di ognuno, alla ricerca dei tratti fondanti della loro personalità, e per me è stato quasi automatico riconoscerli come “abitanti” dei mondi della collezione. Non mi sarebbe bastato vedere un classico video di camminata o delle foto da set per poterli sentire. Non ho cercato persone da “trasformare in Barbara Bologna”, così come fanno i brand, ho cercato persone che avessero una parte di Barbara Bologna dentro di sé, in qualche modo. E le ho trovate. In WE ARE A VIDEO ho fatto performare loro, con le identità e corpi sui quali la vita reale aveva già fortemente agito, questo ha permesso di fuggire dalla tentazione di introdurre un elemento teatrale/performativo nella sfilata, creando una mera sovrapposizione, ho scelto invece di immetterlo nel processo facendolo scaturire dai corpi stessi.

ATP: Per te il gender fluid non è una cosa sulla quale puntare per fare scalpore, ma fa parte integrante del tuo pensiero, infatti l’intera sfilata è stata all’insegna del no-binary, tante erano le sfumature umane legate al genere: così tante da non essere più importanti o “visibili”.  Perché? 

BB: Non è una mia scelta vestire esclusivamente un genere, e l’inserirne molteplici è una proclamazione al concetto di “differenza confidenziale”. Nell’unirli tutti c’è  la volontà di sensibilizzare , di fare in modo che chi osserva non possa percepire differenze, perché non sottolineate. Per me la differenza non esiste.

WE ARE A VIDEO – Barbara Bologna
WE ARE A VIDEO – Barbara Bologna – Foto Francesco Summo

ATP: WE ARE A VIDEO è qualcosa che scardina i concetti di reale e virtuale.  Non è un caso che in questa tua prima sfilata sia entrata a far parte anche la realtà aumentata con filtermuse.  Raccontaci la collaborazione e perché. 

BB: Ho cominciato a usare filtri face-mask su me stessa e ho trovato divertente e interessante vedermi mutare / mutata in cosi tante diverse sfaccettature. Parlando con il team di filtermuse abbiamo pensato di collaborare per questo show e utilizzare sui modelli/e dei filtri per amplificare questa connessione con il virtuale, già fortemente insito nella collezione. Ho immaginato una sorte di divieto del reale, un accesso al virtuale inteso come spinta verso un luogo più sicuro, in continua espansione ed estremamente plasmabile, in cui possiamo esistere con infiniti noi.

ATP: Cosa  nell’immaginario che stai creando ti è rimasto ancorato proveniente dal mondo dell’arte, della scultura, del teatro, del video-clip? 

BB: Tutto.

WE ARE A VIDEO – Barbara Bologna – Foto Silvia Matteini
WE ARE A VIDEO – Barbara Bologna – Foto Silvia Matteini
WE ARE A VIDEO – Barbara Bologna – Foto Francesco Summo