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Francesco Vezzoli | Palcoscenici Archeologici – Intervista con il direttore della Fondazione Brescia Musei Stefano Karadjov

E’ in corso fino al 9 gennaio l’inedito progetto Palcoscenici Archeologici: gli interventi curatorial di Francesco Vezzoli nel Parco Archeologico e al Museo di Santa Giulia a Brescia. Il progetto fa parte di un filone di mostre ideate dalla Fondazione...

) Francesco Vezzoli, God is a Woman (after Constantin Brâncuşi), 2019, foto © Alessandra Chemollo, Fondazione Brescia Musei. Courtesy Tommaso Calabro Galleria d’Arte, Milano

E’ in corso fino al 9 gennaio l’inedito progetto Palcoscenici Archeologici: gli interventi curatorial di Francesco Vezzoli nel Parco Archeologico e al Museo di Santa Giulia a Brescia. Il progetto fa parte di un filone di mostre ideate dalla Fondazione Brescia Musei, presieduta da Francesca Balzoli e diretta da Stefano Karadjov.
Gli interventi curatoriali di Vezzoli si snodano attraverso Brixia. Parco archeologico di Brescia Romana, dove si trova la Vittoria Alata, e del Complesso museale di Santa Giulia. Il percorso parte dalla terrazza e dalle prime due celle del Capitolium, proseguendo nel Santuario Repubblicano, fino a giungere nel Teatro Romano, per poi passare alla cappella di Sant’Obizio della Basilica di San Salvatore, nelle Domus dell’Ortaglia e lungo la sezione romana del museo.

Per questa occasione abbiamo posto alcune domande a Stefano Karadjov

Elena Bordignon: L’arte contemporanea guarda l’arte antica e viceversa. Nel progetto Palcoscenici Archeologici, Francesco Vezzoli mette modernità e antichità a confronto. In questo dialogo, l’arte sembra uno dei mezzi espressivi tra i più consoni per parlare ad un ampio pubblico. Quale è il suo punto di vista in questa complessa relazione avviata grazie a Vezzoli a Brescia?

Stefano Karadjov: Francesco Vezzoli rende vivo e presente, nel tempo quotidiano dei visitatori, il grande retaggio storico e millenario che la romanità ha regalato a Brescia: questo è il grande snodo della relazione tra modernità e antichità. Grazie ai giochi, alle allusioni e alle costanti reinterpretazioni nell’uso dei materiali e di alcuni tòpoi estetici (pensiamo, per esempio, alle citazioni di Brâncuși o di De Chirico) così come nel reimpiego di materiali antichi, Vezzoli riesce a creare un universo senza tempo che è vicino e intimo al visitatore perché allude al suo patrimonio iconografico, che è fatto di cultura pop, di mascheramenti e di contraddizioni tra mascolino e femminino (pensiamo alla meravigliosa opera Achille!, truccata come Twiggy). In un grande e interminabile gioco di specchi, Vezzoli riesce a far convivere l’antico e il contemporaneo, ponendoli in dialogo con il visitatore grazie ad una sorta di “sospensione” che trascende i registi storici e stilistici, e che ha come risultato quello di generare una grandiosa creatività, che non è solo dell’artista ma anche dello spettatore, che è libero di interpretare e di sentirsi artefice (a suo modo) di questa creazione.

EB: Un’opera più di altre sembra toccare dei punti nodali dell’intero progetto: la Nike Metafisica installata nella piazza del Foro a Brescia, nel cuore dell’antica Brixia romana. Mi racconta quali momenti importanti per la città di Brescia rievoca quest’opera?

SK: La Nike Metafisica allude naturalmente, nel nome e nell’iconografia, al grande tòpos artistico di matrice greca e poi romana delle Vittorie. L’opera dialoga, dunque in prima battuta, con la Vittoria Alata di Brescia. 
La Nike di Vezzoli è chiaramente allusiva alla Nike di Samotracia. La Vittoria Alata di Brescia invece – come è noto – è figlia della trasformazione dell’iconografia della Vittoria greca, di cui i romani furono gli artefici. Quest’ultimi, infatti, fecero assumere al capolavoro bronzeo una veste pacificatrice, espressa nel gesto della Dea alata di incidere sullo scudo (a Brescia andato perso) il nome della città di Brixia, su cui era calata la pax romana
Oltre alla Nike di Samotracia, l’opera di Vezzoli richiama le silhouette metafisiche di De Chirico, non solo grazie all’aggiunta di un capo bronzeo ma anche grazie alla collocazione della scultura su un basamento moderno, razionale ma colorato, che richiama nelle forme e nella decorazione i basamenti delle statue che De Chirico rappresenta nei propri dipinti delle piazze metafisiche. De Chirico, uno dei più grandi artisti italiani del Novecento, reinventa la piazza italiana, erede della piazza latina e dunque per antonomasia del Foro. Il Foro di Brixia, in questo caso, nel quale la Vittoria metafisica di Vezzoli trova collocazione davanti al maestoso Tempio Capitolino. 
Brescia, città che più di altre nel Novecento si è distinta per modernismo architettonico (si pensi, per esempio, alla Piazza Vittoria del Piacentini), ospita così una nuova statua che non solo allude al passato ma che richiama la modernità di una città che riesce a reinventarsi. E la reinvenzione non è nient’altro che obiettivo ultimo a cui l’artista tende nell’elaborazione dei materiali e delle icone che gli arrivano dal passato.

Francesco Vezzoli, Portrait of Kim Kardashian (Ante Litteram), 2018, foto © Alessandra Chemollo, Fondazione Brescia Musei
Francesco Vezzoli, La colonne avec fin, 2021, foto © Alessandra Chemollo, Fondazione Brescia Musei. Courtesy Cardi Gallery, Milano

EB: Opere contemporanee, scultura antica, ma anche cultura pop, icone cinematografiche, citazioni da fotografi contemporanei: l’intervento di Vezzoli tocca non solo epoche storiche lontane, ma anche ambiti culturali molto distanti. Qual è la sua considerazione in merito a questa imprevedibile commistione? 

SK;Francesco Vezzoli è uno degli artisti contemporanei più attivi, che ha meno timore di “giocare” con la commistione. La “commistione” è una parola che ritorna più volte nella produzione artistica di questo artista, dai dipinti ricamati alle sculture pastiche, fino alle opere in video e alle performance. Tuttavia, questo tratto artistico di Vezzoli non era mai stato messo in scena in un contesto archeologico come quello straordinario di Brixia. Parco archeologico di Brescia romana, a fianco di grandiosi manufatti dell’antichità e in dialogo con essi: Lo sguardo di Adriano o il busto di Achille!, entrambi truccati e allusivamente collocati all’interno del Tempio Capitolino, consentono di percepire il valore che la colossale statua di Zeus (di cui sul fondo della sala si intravede il torso virile colossale in pietra) o le due teste di Minerva e Silene hanno conservato nel tempo, consentendo al visitatore di apprezzare il patrimonio bresciano e di comprendere il suo ruolo nell’antichità. È come se, invece di ricorrere ad una ricostruzione in 3D con la realtà virtuale, si realizzasse una rappresentazione concettuale che consenta a tutti i visitatori di comprendere, grazie al contemporaneo, l’antico.

EB: Dopo quattro mesi dall’apertura, immagino che un vasto pubblico abbia non solo riscoperto la magnificenza dell’arte antica, ma che si sia confrontato con l’arte contemporanea, spesso ritenuta ostica e poco comprensibile. Quali reazioni e considerazioni hanno avuto i visitatori di Palcoscenici Archeologici?

SK: Dobbiamo prima di tutto considerare che un’operazione di questa forza acquisisce il suo valore proprio grazie alla diffusione dei Palcoscenici archeologici all’interno del percorso espositivo permanente del Parco archeologico e del Museo di Santa Giulia: le sculture arrivano in modo forte ed esplicito ai visitatori, molto di più di quanto non farebbero in una galleria espositiva sterile e isolata dal contesto.
Grazie a questa strategia di collocazione delle sculture, le reazioni dei visitatori oscillano tra lo stupore iniziale del genio artistico di Vezzoli e le ironiche distorsioni nella comprensione di ciò che è antico e ciò che è contemporaneo, opportunamente assistite da supporti espositivi e dal booklet consegnato all’ingresso dei musei. Questo principio di chiarimento e di effetto sorpresa genera nel visitatore compiacimento e comprensione delle regole dettate dall’artista, cominciando a propria volta a “giocare”. Questo è ciò che rende meravigliosa la visita ai nostri siti museali, ed è per questo che la Fondazione ha spinto affinché le opere fossero installate presso il Parco archeologico e il Museo di Santa Giulia, e non in un asettico spazio espositivo.

EB: Dopo la fotografia contemporanea di Alfred Seiland, il designer Paolo Tassinari, il maestro Emilio Isgrò e il più giovane Vezzoli, avete in programma altre incursioni nell’arte contemporanea per valorizzare e reinterpretare il vostro patrimonio?

SK: Tra i nomi citati manca Maurizio Galimberti, fotografo molto apprezzato a Brescia e artefice di scatti dedicati alla Vittoria Alata, realizzati proprio nel periodo in cui il capolavoro bronzeo si trovava in restauro presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Gli artisti citati sono stati coinvolti nel palinsesto dedicato al restauro e alla ricollocazione della Vittoria Alata. Ricordo anche il grande architetto contemporaneo Juan Navarro Baldeweg, a cui dobbiamo il design così astratto e potente della nuova aula orientale del Capitolium, in cui è collocata la Dea Alata di Brescia. 
Uno dei prossimi traguardi in programma ci permetterà di tornare sulle piste del rapporto che intercorre tra arte contemporanea e diritti umani: dopo il grande episodio di scoperta in Occidente dell’artista curda Zehra Doğan, grazie alla celebre esposizione ospitata presso il Museo di Santa Giulia nel 2019, a novembre 2021 la Fondazione ospiterà la monografica dell’artista cinese Badiucao, che porterà nuovamente lo spettatore sulle piste di una lingua artistica prestata alla dissidenza politica e trasformata in tratto autoriale. L’artista, ancora poco conosciuto in Occidente, sarà ospitato da Fondazione Brescia Musei a partire dal 12 novembre 2021, presso gli spazi del Museo di Santa Giulia. 

Francesco Vezzoli, C-CUT Homo ab Homine Natus, 2018, foto © Alessandra Chemollo, Fondazione Brescia Musei. Courtesy Francesco Vezzoli e Galleria Franco Noero, Torino
Francesco Vezzoli, Lo sguardo di Adriano, 2018, foto © Alessandra Chemollo, Fondazione Brescia Musei. Courtesy Francesco Vezzoli e Galleria Franco Noero, Torino