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Tempo, ciclicità e trasformazioni: Alicja Kwade alla Galleria Continua, San Gimignano

Le opere nella mostra "Vestigia" alla Galleria Continua riflettono sulle convenzioni e il loro superamento, sulle certezze e la natura scivolosa dei codici condivisi, sulla solidità delle percezioni e la loro natura ambigua.

“L’ordine terreno, l’ordine planetario, è costituito da cose che assumono una forma durevole e creano un ambiente stabile, abitabile. Sono le ‘cose del mondo’ di cui parla Hannah Arent e alle quali spetta il compito ‘di stabilizzare la vita umana’ offrendole un appiglio. Oggi all’ordine terreno subentra l’ordine digitale. L’ordine digitale derealizza il mondo informatizzandolo” (Byung-chul Han, Le non cose. Come abbiamo smesso di vivere il reale, 2012, Einaudi. p.5)

Alicja Kwade riflette proprio sulla derealizzazione della realtà, il suo lento e inesorabile smaterializzarsi. Smartphone, occhiali, chiavi, abiti: i nostri oggetti quotidiani si perdono nel tempo e nell’ordine digitale, come lo chiama il filosofo sudcoreano. 
Nelle opere attualmente nella mostra Vestigia – nello spazio Cisterna della Galleria Continua a San Gimignano (fino al 20/11) – Alicja Kwade ci mostra l’esito delle sue speculazioni sul contemporaneo; ci rivela la ciclicità e l’inesorabilità della realtà tutta, in una sintesi tra reale e immaginario, tra digitale e naturale. Le sue opere, infatti, sono da considerare dei sillogismi dove l’ordine del reale diventa simbolico, dove l’esperienza individuale trascende in un generale pensiero collettivo. 
Tempo, ciclicità e trasformazioni: sono concetti che filosofi e pensatori hanno sondato, approfondito e teorizzato. La Kwade utilizza l’espressione artistica per darcene una sua originale interpretazioni. 
Già dal titolo della mostra capiamo le sue intenzioni: Vestigia.  L’etimologia di “vestigia”deriva dal latino vestigium, che significa ‘orma’, ‘traccia’ o ‘impronta. La parola, usata più comunemente al plurale femminile, indica i resti e le tracce di eventi passati, come rovine antiche, ma anche segni figurati, esempi o ricordi di ciò che è stato.
L’artista, nell’opera Inner Image (Finallyfound), immagina che oggetti di uso comune come occhiali o uno smartphone, trattati come fossero dei fossili, abbiano lasciano le loro ‘tracce’ in grandi blocchi di scisto (una pietra metamorfica tendente a sfaldarsi facilmente in lastre sottili). Come fossero reperti archeologici, l’artista ci porta in un lontano futuro dove banalissimi oggetti diventano le nostre tracce nel mondo.

Alicja Kwade, Vestigia, vedute della mostra, Galleria Continua San Gimignano, Courtesy: l’artista e GALLERIA CONTINUA, Fotografa: Ela Bialkowska, OKNO Studio
Alicja Kwade, Vestigia, vedute della mostra, Galleria Continua San Gimignano, Courtesy: l’artista e GALLERIA CONTINUA, Fotografa: Ela Bialkowska, OKNO Studio

Se Inner Image (Finallyfound) parla di tempo sedimentato, le sculture in legno Adoption of specific properties, 2022 raccontano la ciclicità. L’artista interpreta la ‘rotondità’ del tempo, il suo ‘eterno ritorno’ forzando la natura del legno – che si vuole imprevedibile, spontaneo e resistente – per dar vita ad dei rami circolari, come se il tempo-legno si alimentassi in modo autonomo e indipendente. 
Rivela la natura del tempo anche l’opera a parete From light to dark in 3 months XII (91 days/2184), 2025: l’artista la raccolto centinaia di lancette di orologi per dare una rappresentazione materiale del tempo che passa, quasi volendo segnalarne lo scorrere – convenzionale – con la sua esatta posizione in un orologio surreale. 
Le opere della Kwade sono da leggere come delle riflessioni, ripetizioni, decostruzioni e ricostruzioni, dei meccanismi che governano il nostro modo di percepire e comprendere la realtà. Il suo sondare la natura profonda e impossibile del tempo si rivela anche nell’opera Trait Transference (2024): uno specchio arrugginito pende dalla parete, la sua superficie riflettente reca le tracce del tempo. A terra è collocata una lastra di metallo, anch’essa segnata dalle forze della corrosione. Transitorietà e permanenza, opacità e riverbero in quest’opera dialogano non per tracciare un concetto chiaro o per asserire una scoperta, bensì per interrogarci sulla indecidibilità di molti concetti che pensiamo sodati e stabili.
L’ambiguità delle sue opere si rivela la chiave per farci dubitare del reale, per comprometterne le certezze e la stabilità. 
Nella grande installazione che apre la mostra, dal titolo Archibiont (2025), la Kwade fonde nel bronzo un intreccio di forme biologiche come corna, dita e rami, con una struttura lineare e geometrica. Naturale e artificiale in queste opere si intrecciano per dare corpo al dualismo idea vs materia. L’artista si rifà alla teoria aristotelica dell’ilemorfismo, un termine derivante dal greco antico, composto da “materia” e “forma”. Il termine, in riferimento alla dottrina aristotelica dell’anima, vuole significare che ogni ente materiale è costituito da materia e forma. In particolare, Aristotele intendeva con questo termine l’anima come forma del corpo e perciò è indistinguibile da questo. 

Alicja Kwade, Archibiont II, 2025, patinated bronze, 145 x 145 x 120 cm, 57.08 x 57.08 x 47.24 in, Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA, Photographer: Roman März

La Kwade, ‘fondendo’ letteralmente forme naturali con una rigida geometria (probabilmente metafora del sapere, dell’intelletto, delle idee) restituisce un ambiente di riflessione dove si supera il dualismo corpo/materia per stabile un’armonia, una circolarità e un ritrovato equilibrio. 
Alla complessità anche tecnica di quest’opera, sembra rispondere l’opera a parete Kehrtwende del 2021. La scultura consistein un frammento curvo di corrimano in legno. Già da titolo – “rovesciamento” – l’artista trasforma un semplice oggetto di uso quotidiano in una metafora ambigui che parla di rovesciamento delle percezioni, di liquidità dei significati e, non ultimo, sull’inattendibilità di quelle che consideriamo certezze. 

Convenzioni e il loro superamento, certezze e la natura scivolosa dei codici condivisi, solidità delle percezioni e la loro natura ambigua. Di questa precarietà concettuale racconta anche la grande installazione che l’artista colloca tra il pavimento e il soffitto della galleria: Reality Zones, 2017. Grandi cerchi in rame e acciaio, sono stati uniti gli uni agli altri come una lunga collana; installati a pavimento o appesi al soffitto i grandi anelli sono stati modellati sulle linee che dividono i fusi orari del mondo. Collegati da ovest ad est mettendo in discussione il concetto convenzionale e standardizzato di tempo in relazione alla geopolitica e al mondo naturale. 

Ancora con quest’opera l’artista considera un ‘codice’ conosciuto e regalante, come un’innaturale ma necessaria forma di compromesso da accettare ma non per questo subire. Oscillanti, precari, chiusi nel loro splendore – non a casa l’analogia con una lunga collana scintillante – questa lunga serie di anelli diventa, nell’immaginario dell’artista un monito per ripensare i nostri codici e norme per comprendere che sotto qualsiasi tipo di linguaggio condiviso c’è un tempo, uno spazio, e non ultima un’umanità da riscoprire e comprendere.

Cover: Alicja Kwade, Vestigia, vedute della mostra, Adoption of specific properties, 2022 – Galleria Continua San Gimignano, Courtesy: l’artista e GALLERIA CONTINUA, Fotografa: Ela Bialkowska, OKNO Studio