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Vanessa Beecroft, VB94, 2022 Palazzo Abatellis, Palermo

Testo di Noermi Tuminelli — «Classico è di per sé un concetto statico, in quanto designa un periodo storico per definizione concluso; esso tuttavia non ha senso e non diviene operativo senza un meccanismo dinamico di nostalgia o iterazione, senza qualche pulsione ora verso il ritorno al “classico”, ora verso il suo superamento». L’idea del […]

Vanessa Beecroft, VB94, 2022 Palazzo Abatellis, Palermo ©️ Vanessa Beecroft, 2022

Testo di Noermi Tuminelli

«Classico è di per sé un concetto statico, in quanto designa un periodo storico per definizione concluso; esso tuttavia non ha senso e non diviene operativo senza un meccanismo dinamico di nostalgia o iterazione, senza qualche pulsione ora verso il ritorno al “classico”, ora verso il suo superamento». L’idea del classico non come un’eredità morta, ma come qualcosa in continuo divenire, come la definisce Salvatore Settis, è sicuramente uno dei fondamenti sul quale Vanessa Beecroft basa la sua ricerca artistica. Per i suoi lavori che siano performance, scultura o pittura, l’artista italo-inglese attinge a modelli e repertori estetici diversi che vanno dalle immagini rinascimentali ai simboli del cinema o della moda, elaborando un linguaggio sempre personale. Nell’ultima mostra allestita a Palermo, BV94, l’antico e il contemporaneo dialogano, dando forma a un ibrido del tutto inaspettato. La Beecroft ritorna nella città dove quattordici anni prima aveva realizzato la performance VB62 (2008) nella Chiesa di Santa Maria dello Spasimo, sempre nell’antico quartiere della Kalsa, ma questa volta a Palazzo Abatellis, sede della Galleria Regionale della Sicilia dal 1954. Il progetto BV94, ideato in collaborazione con la Galleria Lia Rumma e il supporto della famiglia Planeta, è stato appositamente pensato per gli spazi della dimora tardo-quattrocentesca. Vengono presentate una ventina di sculture inedite, ispirate ai capolavori della collezione permanente. Se in VB62 i lavori in gesso bianco enfatizzavano il legame con la tradizione scultorea barocca, in particolare con quella di Giacomo Serpotta, qui richiamano il linguaggio rinascimentale di Francesco Laurana o di Domenico e Antonello Gagini. Dal confronto con i maestri del passato nasce questo nuovo nucleo di opere che rendono omaggio alle iconiche rappresentazioni femminili conservate nel museo, come ad esempio l’Annunciata (1475) di Antonello da Messina o il Ritratto di Eleonora d’Aragona (1468) del Laurana. Disposta nel portico che unisce il cortile alle sale interne del palazzo nobiliare è la prima grande scultura di Vanessa Beecroft, che indirizza lo spettatore verso gli ambienti del piano terra, mentre nell’ultima sala sono raccolti in un unico ambiente i lavori di dimensioni più piccole che l’artista plasma a partire da modelli in argilla che poi fonde in ceramica, bronzo o cera. Restano visibili le imperfezioni di certe sculture, i cui pezzi sono stati assemblati senza mascherare i punti di saldatura. 

Vanessa Beecroft, VB94, 2022 Palazzo Abatellis, Palermo ©️ ATPdiary

Queste opere testimoniano ancora una volta la sovrapposizione tra presente e passato, la composizione e i materiali infatti mantengono un’impostazione classica. Le sculture sono dei busti di donna di diversa foggia, grandezza e colore che riproducono il volto della principessa aragonese scolpito dal Laurana: un’effige dalla bellezza rarefatta, dove l’essenzialità delle forme e l’armonia geometrica sono rappresentate secondo i canoni estetici del Rinascimento. È proprio la ricerca di quell’ideale di bellezza al quale la Beecroft tende nel corso della sua carriera. L’artista ha incentrato la sua ricerca sul tema del corpo femminile, eppure la sua ossessione per la perfezione ha sollevato nel tempo diverse critiche, in relazione ad una esasperazione del rapporto voyeuristico che la cultura visiva instaura con il corpo femminile. Le sculture di Palazzo Abatellis esaltano la staticità e la verticalità, elementi che da sempre hanno strutturato le performance dell’artista. La Beecroft progetta anche i piedistalli dei busti, già impiegati come mezzo espositivo nelle mostre precedenti, tra cui quella organizzata nella galleria Pio Pico di Los Angeles. La scelta di impiegare questo tipo di supporto qui diventa anche un’esplicita citazione delle soluzioni museografiche adottate dall’architetto veneziano Carlo Scarpa che venne chiamato per il riallestimento del museo tra il 1953 e il 1954.
Le sculture della Beecroft, dunque, si relazionano con le opere preesistenti, dove oltre alla monumentale scala di accesso al piano nobile, sono raccolti diversi frammenti di tavole dipinte e i capitelli che provengono dalla chiesa dell’Annunziata di Palermo, realizzati dal Gagini. La sala espositiva ha ospitato anche una performance realizzata dall’artista e messa in scena il giorno dell’inaugurazione, lo scorso 8 dicembre. Un complesso tableaux vivants rappresentato da sedici donne con una coreografia che si muove sulle note del brano del musicista franco-svedese Gustave Rudman. Immobili, sensuali, simboli dell’archetipo femminile, le protagoniste sono fisse nelle loro pose plastiche. Tra queste una donna colta nel momento in cui allatta un neonato, chiara reminiscenza delle “mandonne del latte” rinascimentali. Le vesti che avvolgono i corpi delle donne sono state confezionate per l’occasione dall’atelier palermitano Casa Preti e ricordano le tuniche delle monache di clausura che hanno abitato in passato nella residenza per oltre quattrocento anni. Se è troppo tardi per vedere la performance dal vivo, il giorno di chiusura della mostra, l’8 marzo, l’artista sarà presente di nuovo a Palazzo Abatellis per parlare del progetto.

Vanessa Beecroft, VB94, 2022 Palazzo Abatellis, Palermo ©️ ATPdiary
Vanessa Beecroft, VB94, 2022 Palazzo Abatellis, Palermo ©️ Vanessa Beecroft, 2022