URANIA | Intervista con Zoë De Luca

"In un sistema che a duecento anni di distanza tratta l’eguaglianza di genere come un concetto impraticabile o irrilevante, gli universi distopici sembrano ancora gli unici in cui poter immaginare una plausibile rappresentazione del potenziale femminista"
16 Febbraio 2020
URANIA – Exhibition View – Photos by Sarah Mathon

Anche se ha chiuso i battenti da alcune settimane, il taglio di questo progetto mi è sembrato interessate, tanto da interpellare la curatrice per approfondire alcuni aspetti di URANIA: una mostra che ha riunito cinque artiste che hanno indagato le tematiche femministe e queer nel contesto della fiction speculativa, attraverso una molteplicità di media. Nell’intervista che segue a Zoë De Luca, la curatrice ci racconta l’obbiettivo della mostra, ossia quello di spostare le visioni e spingere gli orizzonti di significato, partendo da un ufficio spaziale degli anni ‘70.
Ospitato nello spazio Sonnenstube di Lugano lo scorso dicembre, la mostra ha coinvolto Lito Kattou, Rada Kozelj, Viola Leddi, Brittany Nelson e Sharon Van Overmeiren. Ha completato il progetto un contributo di Stereotyper, il reading group fondato da Bianca Stoppani nel 2019.

Elena Bordignon: Attualissimo il taglio che hai dato a una recente mostra che hai curato, Urania: cinque artiste internazionali che indagano le tematiche femministe e queer nel contesto della fiction speculativa. Mi racconti come è “cresciuta” la mostra in relazione al complesso tema?

Zoë De Luca: Da tempo desideravo lavorare ad un progetto espositivo con il quale affrontare il femminismo in maniera esplicita e l’invito di Sonnenstube, che la scorsa primavera ha presentato il progetto B-Side Feminism. A Transcription Marathon sembrava l’occasione giusta; in quello stesso periodo ero entrata in contatto con Stereotyper, un reading group dedicato alla speculative fiction femminista, e leggevo Le Visionarie, un’antologia di racconti tradotta per la prima volta in italiano da NERO, da cui lo stesso Stereotyper aveva attinto per le alcune letture.
Questa sovrapposizione magnetica ha guidato la mia scelta, portandomi ad unire il tema della ricerca femminista, a me caro da tempo, alla passione per la fantascienza. La speculative fiction è uno strumento essenziale all’autodeterminazione femminile fin dai tempi di Frankenstein: si tratta di ambiti che, pur essendo storicamente a predominanza maschile e di conseguenza di difficile accesso, rappresentano per antonomasia l’ecosistema ideale di narrazioni alternative a quelle della società dominante. In un sistema che a duecento anni di distanza tratta l’eguaglianza di genere come un concetto impraticabile o irrilevante, gli universi distopici sembrano ancora gli unici in cui poter immaginare una plausibile rappresentazione del potenziale femminista; inoltre, da decenni questi universi vengono animati da autrici che ne trascendono il binarismo apparentemente intrinseco, come dimostrato dalle opere letterarie di Ursula K. Le Guin, Octavia Butler o Joanna Russ, spesso popolate da personaggi che esplorano l’identità di genere rappresentandone la complessità. Urania riesce a sfiorare solo in superficie il mondo della fantascienza femminista, ma penso che l’eterogeneità delle ricerche e delle pratiche esposte la renda abbastanza ricca da aprire una riflessione in merito.

Rada Kozelj – URANIA – Exhibition View – Photos by Sarah Mathon
URANIA – Exhibition View – Photos by Sarah Mathon
Lito Kattou – URANIA – Exhibition View – Photos by Sarah Mathon (detail)

EB: Le visione o interpretazioni delle cinque artiste sono state orchestrate in modo differente. Pensando alla mostra come un’unica partitura, come hai unito le varie opere? C’è un percorso ‘narrativo’ che hai seguito?

ZDL: Quando ho visto per la prima volta lo spazio di Sonnenstube, che per un anno è stato ospite all’interno di un ex concessionario Fiat, ho subito pensato agli uffici come delle basi spaziali nei B movies anni ’70. Questa prima suggestione ha funzionato come escamotage narrativo, facendomi fantasticare su come i contributi delle artiste che avrei coinvolto si sarebbero potuti contestualizzare in questa sala rivestita in linoleum simil radica. Da qui l’idea di scegliere delle opere che dialogassero con uno spazio industriale con aspirazioni di ospitalità, presentandosi sia come elementi integranti di questa torpida stazione di controllo, sia come presenze estranee.

EB: I linguaggi espressivi utilizzati dalle artiste sono molto diversi; come hanno interpretato o rappresentato le tematiche femminili nel contesto della fiction speculativa?

ZDL: Il lavoro di Sharon Van Overmeiren emerge dal suo background in scenografia che, unito all’influenza dell’immaginario fantascientifico, si traduce in fictional sculptures: soggetti stratificati, che prendono in prestito scenari appartenenti ad altre narrazioni, intersecandosi con la molteplicità di elementi che ne fanno parte, per generare da qui la propria voce individuale. Anche la pratica scultorea di Lito Kattou è imperniata sulle trasfigurazioni materiche di memoria spaziale, in particolare nei processi di incarnazione: i suoi soggetti si presentano come identità erranti e multisfaccettate, che trascendono ogni categorizzazione. L’astrazione dell’identità è analizzata anche da Brittany Nelson, la cui ricerca fotografica ricerca fa spesso riferimento ad autrici di fantascienza femminista (come Alice B. Sheldon, che scrisse sotto lo pseudonimo maschile James Tiptree, Jr. per tutelarsi dalla misoginia dell’ambiente fantascientifico e poter scrivere del proprio desiderio lesbico) e da Viola Leddi, la cui pratica pittorica si concentra sulla rappresentazione della figura femminile nella storia dell’arte occidentale, nel tentativo di rovesciarne iconografie e stereotipi. Il contributo di Rada Kozelj ha invece un taglio più intimo: i disegni in mostra rievocano il sogno infantile di diventare astronauta, frammentato in simboli astronomici ed astrologici, avvolti dalla peluria delle sue fantasie di allora, cresciute fino ad oggi – perché ciò che si sedimenta nella notte, continua a crescere nonostante la realtà del giorno.

EB: Come hanno reagito le artiste alla tua proposta curatoriale?

ZDL: Devo dire che i loro responsi mi hanno colpito. Da una parte immaginavo che pratiche come quella di Brittany Nelson si sarebbero inserite fluidamente in Urania, ma non speravo che il consenso sarebbe stato così deciso e unanime. Le energie confluite in questo progetto ne hanno avvalorato l’urgenza, facendomi capire che la volontà di sondare questo tema all’interno dell’arte contemporanea era tanto sentito quanto condiviso.

Brittany Nelson – URANIA – Exhibition View – Photos by Sarah Mathon
Brittany Nelson URANIA – Exhibition View – Photos by Sarah Mathon (detail)
Lito Kattou – URANIA – Exhibition View – Photos by Sarah Mathon

EB: Oltre alle artiste, la mostra ha ospitato un contributo di Stereotyper, il reading group fondato da Bianca Stoppani nel 2019. Quale tributo o approfondimento ha apportato questa collaborazione?

ZDL: Stereotyper è un reading group nato dal collettivo Altalena, che dal 2017 realizza progetti, residenze e pubblicazioni dedicate alle pratiche artistiche sviluppate con lentezza.
Le pratiche collettive, specialmente se orientate alla sperimentazione e all’osservazione delle pratiche stesse, costituiscono un ramo importante del mio lavoro, che negli ultimi anni ha distillato diversi progetti curatoriali impostati su dinamiche collaborative.
Il tema e l’approccio di questo reading group mi hanno interessato subito: “L’obiettivo è quello di generare uno spazio-tempo in cui immaginare in maniera critica i desideri e le energie delle storie, schierandosi dalla loro parte e chiedendosi: quali domande innescano sul presente? In quali modi di essere vivono i loro personaggi, in quali strategie di resistenza si esprimono e quali possibilità proclamano per riscrivere il presente stesso?”. Nonostante non abbia avuto l’occasione di partecipare a tutti gli incontri, il percorso condiviso con Stereotyper è stato prezioso.
Mi ha permesso di confrontarmi su varie problematiche, conoscendo diverse esperienze e contemplando altrettanti punti di vista, per sfociare infine in questa collaborazione: un testo scritto a più mani da alcuni membri del gruppo, un cadavre exquis di alcuni dei testi analizzati finora.

Urania
Lito Kattou, Rada Kozelj, Viola Leddi, Brittany Nelson, Sharon Van Overmeiren
Con un contributo di Stereotyper
A cura di Zoë De Luca 
Sonnenstube, Lugano
11/12.2019

Rada Kozelj URANIA – Exhibition View – Photos by Sarah Mathon (detail)
Sharon Van Overmeiren – URANIA – Exhibition View – Photos by Sarah Mathon
Viola Leddi – URANIA – Exhibition View – Photos by Sarah Mathon
Lito Kattou – URANIA – Exhibition View – Photos by Sarah Mathon
URANIA – Exhibition View – Photos by Sarah Mathon
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