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Quello che propongono queste visioni è una sorta di mondo capovolto dove gli animali si nutrono di uomini. Sintetizzata così, l’immagine che sorge spontanea nella nostra mente è a dir poco agghiacciante. Ma vedendo i magnifici disegni raccolti dall’ Atelier dell’Errore*, si cambia presto idea: lievità, ironia, sfrenata e incontenibile fantasia ‘applicata’ e resa manifesta da colori, tracce, segni a volte controllati, molto più spesso istintivi, frenetici e mossi da una fortissima energia.
Max Mara, in collaborazione con la Collezione Maramotti, presenta la mostra “Uomini come cibo”: una raccolta di quaranta disegni opere realizzate dai ragazzi dell’Atelier dell’Errore, laboratorio di arti visive nato come complemento all’attivita? clinica della neuropsichiatria infantile di Reggio Emilia. Capovolgendo la tematica che guida l’EXPO 2015 di ‘nutrire il pianeta’, le opere rivisitano il concetto positivo e ottimistico dell’alimentarsi, mettendo al centro un bestiario fantastico di creature che si cibano di uomini.
La mostra è ospitata – dal 18 giugno al 15 settembre 2015 – in via Monte di Pieta, 23 (Milano). Nel periodo della mostra, presso i negozi del gruppo Max Mara di Milano, saranno in vendita le shopping bag realizzate da Max Mara utilizzando i disegni dell’Atelier a cui sara? devoluto il ricavato.
COMUNICATO STAMPA – ATELIER DELL’ERRORE
ATPdiary ha posto alcune domande a Marina Dacci, direttrice della Collezione Maramotti.
ATP: “Uomini come Cibo” è un progetto forte sotto molti aspetti. Quali sono stati i motivi che vi hanno spinto a realizzare la mostra che presentate a Milano in via Monte di Pietà?
Marina Dacci: L’immaginario di ricerca e espressione dell’Atelier è votato agli animali. Gli animali dell’Atelier dell’errore sono figure ancestrali di organismi viventi e sensitivi che esprimono la volontà di vivere e di sentire con una energia noncurante degli ordini tradizionali di classificazione scientifica. Questa energia è colta dal di dentro nel suo gesto primordiale Li chiamiamo esseri mai nati e da sempre sopra-vissuti. La loro è una sorta di “zoologia profetica”. La loro figurazione si forma e si deforma continuamente. Rinunciare alla costruzione dell’unitarietà e della coerenza per avventurarsi nella figurazione dell’ignoto significa accettare l’inesattezza, il frazionamento, il differenziato (come cita Bianca Tosatti ). Il deragliamento del loro sguardo significa penetrazione della superficie delle cose. Questi sono beni preziosi di cui la società ha sempre più bisogno e che spesso ricerca con modalità autoreferenziali che non portano da nessuna parte. Chi guarda questi animali deve in qualche modo ristrutturare il suo sapere e ammettere il potere deformante dell’immaginazione. I ragazzi dell’Atelier mostrano una capacità di visione e una maestria artistica nel giocare con le paure. Osservazione introspettiva, le loro creazioni diventano liberatorie. Si può percepire come si possa dare una griglia interpretativa ad un mondo difficilmente intellegibile nella sua complessità con un approccio di grande raffinatezza. La loro inadeguatezza sociale riesce a dissolversi in silhouette che danno voce ai nostri incubi. Siamo noi che qui incontriamo noi stessi, il carattere minaccioso della nostra esistenza, una esistenza come sfida interiore. Questi disegni sono anche sismografi del nostro presente.
ATP: Per tematiche la mostra si lega in modo controverso all’EXPO. Le opere esposte mettono al centro un bestiario fantastico di creature che si cibano di uomini. Dal tuo punto di vista, che messaggio volete dare con questa mostra?
Marina Dacci: Che non esiste una sola realtà, un solo sguardo… si può essere carnefici e vittime, si può consumare o essere divorati. Entrare a patti col mondo, con la vita è anche questo: saper vedere le cose da diverse prospettive. Sembrava quasi doveroso, in una realtà dove tutto è necessariamente muscoloso, indicare altre strade di rapporto con la” nutrizione”, strade artistiche ma anche sociali e psichiche in cui l’arte e la creazione si esprimono su altre scale e altre forme di creatività.
ATP: Tutte le opere esposte sono state realizzate dai ragazzi dell’Atelier dell’Errore: laboratorio di arti visive nato come complemento all’attività clinica del reparto di neuropsichiatria infantile dell’ospedale di Reggio Emilia. Come è nata e che sviluppi ha la collaborazione tra l’Atelier e la Collezione Maramotti?
Marina Dacci: La Collezione Maramotti ha deciso di concedere una sede per l’ Atelier BIG da gennaio 2015 perché è interessata non solo alla qualità di ciò che artisticamente viene prodotto, ma anche per il modo in cui i lavori vengono processati. Il livello artistico raggiunge talvolta esiti straordinari nell’Atelier, così come il processo produttivo che li porta alla luce con la peculiarità della figura del mediatore che esperisce un vero lavoro di pedagogia artistica.Il progetto si presta ad una analisi di tipo sociale in particolare sull’idea di confine e di inclusione sociale. In una vera società inclusiva l’handicap non deve più giocare alcun ruolo. Ciò che importa è la funzione espressiva dell’arte non lo status culturale dell’artista.
* L’Atelier dell’Errore e? nato nel 2002 su iniziativa dell’artista visivo Luca Santiago Mora per i bambini seguiti della Neuropsichiatria Infantile dell’AUSL di Reggio Emilia.
Dal 2011, per volonta? dei genitori e dei ragazzi che frequentano l’Atelier, si e? costituito Onlus, con il mandato di promuovere il lavoro svolto a Reggio Emilia e proporre l’esperienza dell’Atelier in altre realta? simili in Italia. Nel 2013 e? stato inaugurato l’Atelier anche a Bergamo al servizio della neuropsichiatria infantile dell’azienda ospedaliera della citta?. Di recente e? nato Atelier dell’Errore BIG, un’alta scuola di specializzazione e formazione/ lavoro nell’ambito delle Arti Visive, dedicata a coloro che hanno frequentato per molti anni l’Atelier dell’Errore e che, compiendo i 18 anni, non avrebbero piu? possibilita? di proseguire l’attivita? in quella struttura e coltivare il loro talento artistico. Atelier dell’Errore BIG si autofinanzia con progetti legati al mondo delle arti visive, dell’editoria e dell’immagine e, da gennaio 2015, ha sede presso la Collezione Maramotti di Reggio Emilia. Atelier dell’Errore ha preso parte a numerose esposizioni e manifestazioni legate all’arte contemporanea in Italia e all’estero: nel 2014, Giulia Zini, ha vinto il concorso Edward 6, Art in Disability, premio internazionale quadriennale a cura di Augustinum Stiftung e Buchheim Museum (Monaco di Baviera). In Atelier i disegni sono spesso realizzati collegialmente pertanto il lavoro puo? essere definito una produzione artistica collettiva; un’esperienza relazionale, una sorta di scultura sociale. L’Atelier ha poche regole, ma molto precise: la gomma da cancellare e? bandita – perche? l’errore e? un valore – e gli animali sono l’unico soggetto del lavoro dei ragazzi: www.atelierdellerrore.org