Uccidere gli oggetti

7 Ottobre 2010







“A volte bisogna ‘uccidere’ un oggetto per rendere possibile una sua lettura differente”.
Latifa Echakhch

Ho scelto questa citazione dell’artista Latifa Echakhch , presentata da Alessandro Rabottini nello spazio Eldorado alla Gamec di Bergamo, perchè suona aggressiva e anche un po’ brutale. In questa mostra, ‘Le rappel des oiseaux’, l’artista ‘uccide’ gli oggetti, li taglia, li gratta, ne scarnifica il significato, per renderli reliquia di un’identità presunta, inculcata o spesso inflitta. La poetica che muove le opere della giovane artista marocchina sono forti quanti la sua volontà di scuoterne le origini, metterne in dubbio la falsa mitologia. A volte ci riesce appieno, a volte ci va molto vicino. Penso, per quest’ultimo caso, a Skin, che consiste in una linea slabbrata dal colore giallo che cola lungo tutte le pareti dello spazio. Il colore giallo annacquato non è altro che un colorante decorativo per cibo, molto diffuso in Medio Oriente, considerato un sostituto a buon mercato dello zafferano. L’ho annusato, in effetti non sa di niente. Imitazione del pregiato dunque finto, falsa mitologia che l’artista utilizza come metafora per scardinare un’identità culturale. Il lavoro più toccante resta, a mio avviso, Stoning. L’artista ha inscenato una post-lapidazione utilizzando non delle pietre naturali ma dei mattoni provenienti da un edificio modernista di Reims. Latifa ha grattato personalmente la false pietre, una per una, collocandole attorno ad uno spazio vuoto, laddove ha immaginato un corpo punito. Ho apprezzato il mettersi in gioco con i propri ricordi nelle opere Danse macabre e Le thé de Said. Quest’ultimo è una sorta di dedica alla zio che raccoglieva l’acqua piovana per farsi il tè. E’ buffa la grande grondaia che va a finire in una piccola teiera.
Un pò meno incisivi il video dove gioca a dare la caccia ad un amico, che a sua volta le da la caccia impugnando entrambi vecchie cineprese, o l’installazione delle panchine prelevate da Kassel e disseminate da Reims a Bergamo. L’intenzione di “infondere ai momenti più banali e inconsapevoli un
incanto speciale” langue un po’.
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