Trovate Ortensia: le affinità tra arte e poesia alla Fondazione ICA Milano

Trovate Ortensia esplora i territori dei drammi della post-modernità portando nel visibile e nell’attuale le istanze poetiche di Amelia Rosselli, di una poesia che è liberazione, ricerca, contrasto e attirando a sé gli spettatori e le spettatrici in un invito ad abbandonarsi agli slanci del contraddittorio senza timori.
27 Maggio 2021

“(…) Trovate Ortensia 
Che muore fra i lillà della vallata
Impietosita; impietrita. Trovate Ortensia che
Muore sorridendo di tra i lillà della vallata,
trovatela che muore e sorride ed è stranamente
felice, fra i lillà della villa, della vallata
che l’ignora. Popolata è la sua solitudine di
spettri e di fiabe, popolata è la sua gioia di
strana erba e strano fiore, – che non perde l’odore.”


(A. Rosselli, La Libellula e altri scritti, ed. SE, 1985, p.22-23)
Pauline Julier, Cercate Ortensia, 2021. Courtesy Il Colorificio, Milano. Fotografia di Elena Radice.

Testo di Carla Tozzi —

Il canto di una passionalità che nasce e muore, che in una lotta si contorce e sfocia in un’agognata libertà: il poema La Libellula. Panegirico della libertà scritto nel 1958 dalla poetessa, organista ed etnomusicologa Amelia Rosselli è la spirale attorno alla quale si articola Trovate Ortensia, mostra collettiva che conclude l’edizione 2019-2020 di Roma Calling, il programma di residenza transdisciplinare dell’Istituto Svizzero di Roma, curata dal collettivo Il Colorificio (Michele Bertolino, Bernardo Follini, Giulia Gregnanin, Sebastiano Pala) in collaborazione con Istituto Svizzero e Fondazione ICA Milano (dove sarà aperta al pubblico fino al 3 giugno 2021).

La mostra presenta il lavoro di Johanna Bruckner, Pauline Julier, Nastasia Meyrat, Real Madrid, Urs August Steiner e Anaïs Wenger, sei artisti che vivono e lavorano in Svizzera, paese in cui Amelia Rosselli si rifugiò con la famiglia prima di emigrare negli USA dopo l’assassinio per mano fascista del padre, Carlo Rosselli.

Il percorso della mostra, come racconta Bernardo Follini, nasce dall’intuizione dei curatori nello scorgere un filo conduttore tra le opere degli artisti presentati, che rivela celate affinità con elementi fondamentali della poetica di Rosselli.
Rosselli, poetessa dalla formazione multidisciplinare e plurilingue, nelle sue opere elabora sperimentazioni in italiano, inglese e francese, ma ne La Libellula la lingua italiana prevale come idioma poetico privilegiato pur non esclusivo, verso cui la scrittrice intravede una qualche forma, seppur tormentata, di radicamento.
La stesura di questo poema dura otto anni, in cui Rosselli rielabora costantemente i versi scritti che seguono un’idea di fondo che è quella di un movimento rotatorio, suggerito a partire dal “panegirico” del sottotitolo passando per il battito d’ali circolare dell’insetto alato allo scivolamento delle consonanti della parola libertà, libello, libellula, come la stessa Rosselli suggerisce nelle note al testo, “un drago che si mangia la coda; fine e principio dovrebbero infatti ricongiungersi, se il poema viene letto scioltamente, intuitivamente”.

Il plurilinguismo, lo sradicamento dall’origine, l’impossibilità di riconoscersi in un’immagine definita, il travaglio emotivo di Rosselli che sfocia nella complessità dei suoi versi liberi ma sapientemente studiati e composti in metriche che li imprigionano, si riflettono di una fluctuatio animi che crea un ossimorico movimento sismico sempre fiorente tra una desiderata apertura verso l’esterno e un ritrarsi esasperato e deformante verso un interno intimo e riparato.
Una dialettica animata si instaura tra un io proteso all’apertura, alla dispersione nell’altro, evocato con parole di preghiera e ardente desiderio e un tu che trasforma l’orrore dell’agonia in ardore liberatorio.
Tra gli innumerevoli riferimenti letterari che Rosselli ingloba nelle sue opere, ne La Libellula – tra gli altri – l’Ortensia rimbaudiana assorbe alcuni connotati dell’Ofelia shakespeariana che muore tra i lillà evocata da Eliot, e a lei si affianca l’aridità e l’oscurità del futuro dell’Esterina di Montale.
La metamorfosi del percorso vitale della libellula nel testo rosselliano subisce cortocircuiti e mutamenti che nella presentazione circolare delle opere degli artisti di Trovate Ortensia sono leggibili e vivibili, trasportate nella contemporaneità.
Nell’opera di Urs August Steiner S01E07 Recall (2021),  la riflessione sul desiderio umano di controllare il tempo è espressa nel richiamo a meccanismi una volta fantascientifici e oggi diventati più realistici come quello della crionica, ossia della conservazione a basse temperature di corpi che la scienza non è in grado di tenere in vita, nella speranza che in un futuro le funzioni vitali possano essere ripristinate. L’assente diventa referente e allocutore di sé stesso, in una attesa muta che manifesta un angoscioso presente, fatto di desiderio e speranza nell’immortalità che nasce nel momento della morte.

Nastasia Meyrat, Untitled, 2021. Courtesy Il Colorificio, Milano. Fotografia di Elena Radice
Johanna Bruckner, Pylum Lava Sci-Fi, 2021. Courtesy Il Colorificio, Milano. Fotografia di Elena Radice.
Veduta di installazione della mostra Trovate Ortensia presso Fondazione ICA, Milano, 2021. Courtesy Il Colorificio, Milano. Fotografia di Elena Radice

Le opere di Nastasia Meyrat e Johanna Brucker, accostate nella sala al piano terra, scavano nei gesti mostruosi di Ortensia: da una parte Dead End (2021) si presenta come uno stendardo di riappropriazione politica le cui parole, cucite insieme a tre fiori colorati a suggerire l’universo semantico del femminile così come voluto e rappresentato dalla società patriarcale, si costituiscono come atti linguistici che aprono una dimensione attiva e performativa nell’ammutinamento al codice. Così come i tre fiori di Untitled (2021) dalle metalliche spine affilate, vengono scagliati silentemente dall’artista come lance in un moto di autodifesa. In Against All Odds (2020) Meyrat prosegue il discorso scagionando la specie animale dei piccioni dallo stereotipo che li identifica come portatori di malattie assimilabili ai topi, in una prospettiva chthulucenica di apprezzamento e comprensione dell’inestricabilità dei nodi che collegano gli esseri viventi e che configurano nuove possibilità di vita.

La video installazione di Johanna Bruckner Pylum Lava Sci-Fi (2021) presenta un immaginario quasi illeggibile in cui il punto di vista umano e le sue categorie sono sostituiti da stati polimorfi di aggregazione dove lo scontro tra esistenza post umana e tecnologia è portato in primo piano. Nella promiscuità di una dark room si avvicendano soggetti alieni, nessi e rapporti incontrollabili identificati in trasformazioni che sottolineano come il corpo, l’identità sessuale e l’individualità in senso lato sono soggetti naturalmente al cambiamento. L’intelligenza artificiale nella ricerca di Bruckner può essere vista come uno strumento di speculazione e scardinamento della fissità di categorizzazione in favore di una fluidità nell’esplorazione del mondo.

I temi dell’assenza, della solitudine e dell’impossibilità del desiderio sono presentati nelle opere esposte al primo piano: A rose buds in a vase leaf by leaf I look at it How nice it is, the smell of a flower But the flowers I make, alas Have no smell (2021) di Anaïs Wenger chiama in causa quattro tormentate donne Pucciniane, Turandot, Mimì, Tosca e Minnie che esibiscono la loro assenza amplificate da microfoni di plastica fabbricati in Cina e tipicamente venduti da ambulanti sul palco di tavoli da mercato piegati su se stessi. Il cortocircuito sinestetico di un’assenza sonora e di una presenza assente porta a galla da una parte alcune questioni culturali della società post-capitalista e dall’altra l’attivazione performativa degli sguardi di visitatori e visitatrici che nel tempo incontreranno l’opera.

Il torbido desiderio dell’assente prende forme monumentali nella scultura gonfiabile Cherries (2020) di Real Madrid, una coppia di turgide ciliegie cariche di valenze sessuali e provocatorie che sembrano appena cadute dall’albero ma la cui texture visiva suggerisce un avviato processo di decomposizione, scoprendo la decadenza della sensualità e il perenne rapporto di conflitto dell’uomo con il passare del tempo. Seguendo la circolarità rosselliana, il lavoro di Real Madrid si ricongiunge all’opera di Urs August Steiner, condividendo la facciata della fondazione ICA.

La solitudine cara a Rosselli e quella coatta dovuta all’attuale pandemia è un tratto distintivo di Cercate Ortensia, il video di Pauline Julier che trasporta chi guarda in una dimensione di racconto poetico gli accadimenti dell’ultimo anno, un found footage in cui si avvicendano gli incendi della California, scorci della città di Roma vuota, e altre immagini a costituire una sorta di archivio di una memoria stanca che si conclude con la malinconica voce di Domenico Modugno in Cosa sono le nuvole.

Trovate Ortensia esplora i territori dei drammi della post-modernità portando nel visibile e nell’attuale le istanze poetiche di Amelia Rosselli, di una poesia che è liberazione, ricerca, contrasto e attirando a sé gli spettatori e le spettatrici in un invito ad abbandonarsi agli slanci del contraddittorio senza timori.

Nastasia Meyrat, Against all odds, 2021. Courtesy Il Colorificio, Milano. Fotografia di Elena Radice
Johanna Bruckner, Pylum Lava Sci-Fi, 2021. Courtesy Il Colorificio, Milano. Fotografia di Elena Radice.
Real Madrid, Cherries, 2020. Courtesy Il Colorificio, Milano. Fotografia di Elena Radice
Urs August Steiner, S01E07 Recall, 2021. Courtesy Il Colorificio, Milano. Fotografia di Elena Radice
Anaïs Wenger, A rose buds in a vase Leaf by leaf I look at it How nice it is, the smell of a flower But the flowers I make, alas Have no smell, 2021. Courtesy Il Colorificio, Milano. Fotografia di Elena Radice (dettaglio)
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