Testo di Michela Murialdo —
“Aerocene immagina nuove infrastrutture, che sfidano e ridefiniscono il diritto internazionale alla mobilità, rovesciando l’approccio estrattivo che gli umani hanno sviluppato verso il pianeta e riesamina la libertà di movimento tra i paesi. Ciò può essere raggiunto incoraggiando la spinta ascendente, l’approccio politico partecipativo basato sull’aria e attraverso le attività della comunità internazionale della Fondazione Aerocene”.
Sono queste le parole che accolgono i visitatori sulla home page del sito internet di Aerocene, comunità di studio fondata da Tomás Saraceno, e si trasformano anche nel prologo di “Albedo”, sesta personale dell’artista argentino negli spazi della galleria Pinksummer di Genova.
La città ligure assume per l’occasione un ruolo significativo prendendo le sembianze di un centro di ricerca nel quale i confini tra scienza, tecnica e arte si lasciano percorrere e attraversare fino a scomparire in un tutt’uno. La complessa e affascinante ricerca artistica di Saraceno non sfocia in una semplice mostra, ma in un lavoro di riscoperta scientifica – in chiave artistica – guidato dagli obiettivi della sua Fondazione. E’ così che “Albedo” diventa un progetto che può definirsi a quattro mani, capace di guardare al passato per lavorare sul presente in vista del futuro: l’artista mette in evidenza i materiali originali di uno dei pionieri nel campo dell’energia solare, Giovanni Francia. La mostra è infatti realizzata in collaborazione con il Musil Museo dell’Industria e del Lavoro di Brescia e con la Fondazione Luigi Micheletti che conserva il Fondo dello scienziato. Francia – matematico, fisico e ingegnere – è stato uno dei principali pionieri nel campo dell’energia solare che, nel capoluogo ligure, aveva trovato la base dove vivere, insegnare e soprattutto progettare. Nel 1961 presentò alla conferenza delle Nazioni Unite a Roma il progetto che consentiva di produrre con il calore del sole – attraverso campi di specchi quasi piani – vapore in pressione in modo da innescare una turbina che potesse a sua volta azionare un generatore elettrico. A supporto di queste teorie Francia costruì sulla collina di Sant’Ilario (Genova Nervi), all’interno dell’Istituto agrario Bernardo Marsano, la prima stazione a torre a concentrazione solare che permise a Genova di essere considerata come la capitale mondiale del solare. I lavori nella centrale terminarono nel 1970, anno della morte di Giovanni Francia, e dopo una prima collaborazione Enel la chiuse nel 1985 decretandone, nei primi anni novanta, il fallimento.
Oggi questa invenzione torna ad essere quanto mai attuale, anticipatrice dei principali aspetti relativi a questa tecnologia. La centrale dismessa sulla collina di Sant’Ilario si trasforma così nella stazione di lancio di una delle sculture di Aerocene. La performance, omaggio allo stesso Francia e ai suoi studi, fluttuando in aria sancisce l’impegno a vivere l’atmosfera terrestre senza combustibili fossili ma nel rispetto del ciclo naturale della Terra: “E’ un tentativo artistico interdisciplinare di elaborare nuovi modelli di sensibilità riattivando l’immaginario comune, attraverso la collaborazione etica con l’atmosfera, e l’ambiente. L’attività si manifesta nell’analisi e nella diffusione di sculture più leggere dell’aria, che galleggiano solo con il calore del Sole e i raggi infrarossi della superficie terrestre. Aerocene immagina nuove infrastrutture che sfidano e ridefiniscono il diritto internazionale alla mobilità, rovesciando l’approccio estrattivo e incoraggiando la spinta ascendente” (Saraceno).
Per proseguire la natura immersiva del progetto, la mostra in galleria accoglie una serie di documenti provenienti dal Fondo Giovanni Francia che indagano sia la stazione di Sant’Ilario sia il visionario progetto urbanistico solare del 1970. All’interno delle vetrine di ricerche è presente anche uno studio del 1974, mai pubblicato, dal titolo Il Sole e Limiti dell’Energia sulla terra, documento che descrive l’effetto serra indotto dalle fonti di energia fossile e nucleare. L’approfondimento del lavoro e dello studio pionieristico di Francia permette al visitatore di addentrarsi sempre più a fondo nella sfera scientifica del progetto lasciandosi accompagnare, una volta entrato nella sala, in una dimensione altra, quasi visionaria offerta dall’arte. L’avanzare nello spazio semi buio, intervallato da brevi suoni e da un magico gioco di luci invita a una sensazione di galleggiamento, come se lentamente anche il nostro corpo dovesse iniziare a fluttuare seguendo l’ondeggiamento delle sculture appese o l’innalzamento delle immagini proiettate sul grande video a parete. La coreografia di riflessi messa in atto dalle leggerissime sculture di Saraceno hanno il potere di incantare disegnando orbite di pianeti lontani che, catturando luci e ombre, sembrano aprirsi a nuove ricerche destinate a uno stile di vita a basso impatto ambientale ma a forte impatto sociale, volto alla condivisione, che invitandoci a reagire ci ricordano che “Aerocene comunica un messaggio di semplicità, l’aria appartiene a tutti e non dipende da alcun tipo di sovranità”.