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Thomas Braida, SOLO | Intervista con la curatrice Caroline Corbetta

[nemus_slider id=”65754″] — Inaugura nei giorni ‘caldi’ della Biennale di Venezia la personale di Thomas Braida, SOLO, a cura di Caroline Corbetta. La mostra è ospitata dal 9 maggio al 5 giugno 2017 a Palazzo Nani Bernardo, luogo “squisitamente veneziano”, che affaccia con una vista mozzafiato sul Canal Grande. Come ci racconta la curatrice nell’intervista […]

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Inaugura nei giorni ‘caldi’ della Biennale di Venezia la personale di Thomas Braida, SOLO, a cura di Caroline Corbetta. La mostra è ospitata dal 9 maggio al 5 giugno 2017 a Palazzo Nani Bernardo, luogo “squisitamente veneziano”, che affaccia con una vista mozzafiato sul Canal Grande. Come ci racconta la curatrice nell’intervista che segue, questa mostra corona un’esperienza quasi decennale, sfidando proprio a Venezia la densissimo parterre internazionale che attraverserà la laguna per la Biennale e l’oltre centinaio di mostre in programma.
In mostra una cinquantina di opere del giovane artista di Gorizia che tessono un fitto dialogo con il palazzo cinquecentesco, i suoi spazi, i quadri e gli oggetti che ospita. Il “sapore ambiguo” che aleggia nei quadri di Braida, forse è il frutto di una bulimica fame di visioni e immaginari, che l’artista incamera e “rigurgita” nella sua pittura, con risultati inediti e potenti. Colmo di riferimenti, il suo immaginario, come racconta la curatrice, trova il suo ristoro più che nell’arte, nella letteratura: è Emilio Salgari che Braida cita per raccontare le fantasie che poi traduce “degenerate” nei suoi quadri.

Intervista con Caroline Corbetta 

ATP: Partiamo dal ritorno di Thomas Braida a Venezia, città dove ha vissuto oltre un decennio. A questo ‘rimpatrio’ l’artista ha dedicato delle opere? Come ha raccontato questo ritorno nella ‘sua’ Venezia?

Caroline Corbetta: Quando Paola Capata, direttrice della galleria Monitor, che rappresenta Braida, mi ha detto che voleva provare a portarlo a Venezia durante la Biennale, non potevo che offrire subito il mio contributo all’impresa. Infatti, non solo dal 2012 avevo già organizzato tre mostre (una personale e due collettive) con lui al Crepaccio a Milano ma, proprio a Venezia, nel 2013, avevo curato il Padiglione Crepaccio at yoox.com con l’obiettivo primario di gettare luce sul lavoro dei giovani artisti di stanza a Venezia nel momento di massima visibilità internazionale della città. Tra i dieci nomi che avevo scelto c’era Thomas. Per cui questa personale sancisce un doppio ritorno, molto significativo anche da un punto di vista curatoriale. Abbiamo scelto insieme la sede espositiva: ci volevo qualcosa di senz’altro adatto alla sua pittura ma che fosse anche un posto importante e squisitamente veneziano, da cartolina quasi. E quando abbiamo visto il piano nobile dell’antico palazzo Nani Bernardo, con le sue preziosità, i riverberi di fasti passati e l’affaccio su Canal Grande (proprio di fronte a Palazzo Grassi), abbiamo convenuto che fosse il posto giusto per tornare a Venezia. E da lì è nato il nostro dialogo con le stanze, gli arredi, i fantasmi…

ATP: Colpisce il titolo della mostra, ‘SOLO’. Etimologicamente ‘solo’ deriva da se, stare senza alcuno, unico…Che significato dare a una parola che porta in se più di un significato? Perché lo avete scelto?

CC: In realtà è il titolo che ha scelto noi! Nel senso che all’inizio lo abbiamo adottato come working title prendendolo in prestito dal numero dedicato Braida della pubblicazione monografica, che stavamo preparando con il collezionista Antonio Coppola e l’art director Paolo de Biasi, proprio in occasione della mostra. Poi abbiamo capito che era il titolo giusto anche per la mostra e che bisognava tenerlo perché spiega in modo letterale e immediato ad un pubblico internazionale di cosa si sta parlando – una personale – e allo stesso tempo allude al ritorno “in solitario” di Thomas a Venezia, durante la Biennale, dopo l’esperienza del Padiglione crepaccio at yoox.com che, come ti raccontavo prima, ho ideato e curato nel 2013, e dove Thomas era in compagnia di altri colleghi. A Thomas peraltro piacciono molto le dinamiche collettive, come lavorare ed esporre in gruppo, quindi presentarsi da solo di fronte alla storia Serenissima e al pubblico della Biennale non è cosa da poco. E sottolinearlo nel titolo è stato un atto di sottile sadismo da parte mia.

Thomas Braida, L'arrivo dell'uomo bianco, 2015, olio su tela 30x40, courtesy the artist and Monitor, Rome
Thomas Braida, L’arrivo dell’uomo bianco, 2015, olio su tela 30×40, courtesy the artist and Monitor, Rome

ATP: La mostra si compone di una cinquantina di opere, allestite nel suggestivo Palazzo Nani Bernardo. Che percorso avete seguire per l’allestimento? Quanto il luogo vi ha suggestionato?

CC: Come ti dicevo, il luogo è molto importante in questo progetto, è parte integrante della mostra. Con i suoi arredi e la sua storia il palazzo ha senz’altro ispirato Thomas che ha realizzato dei lavori ad hoc e, in alcuni casi, le sue tele sostituiscono addirittura quelle presenti abitualmente. Altre opere, realizzate qualche anno fa -perché la mostra è una sorta di antologica che attraversa poco meno di dieci anni di produzione- saranno mischiate alle collezioni di oggetti e statuine del palazzo. Ma alla fine la pittura di Braida, che è estremamente contemporanea nel suo essere colta e strafottente, in questa convivenza tra le tracce storiche del palazzo crea, come dice Thomas, “un sapore ambiguo”, in bilico tra mimetismi e contrasti, armonia e dissacrazione.

ATP: Le opere sono suddivise cronologicamente (anche se l’artista è giovanissimo) o per contenuti?

CC: No, non abbiamo seguito un percorso cronologico perché la produzione di Thomas è davvero troppo recente per sostenere un impianto del genere. Ma anche se avessi avuto a che fare con una produzione trentennale, penso che avrei comunque lavorato “per suggestioni” cercando di ottenere sempre quell’armonia ambigua, di cui sopra, tra opere e ambienti, tra passato e presente.

ATP: Mi ha colpito molto una frase abbastanza forte dell’artista: “Tutto è pittura per me”. Che significato e peso hai dato a questa frase? Cosa intende l’artista?

CC: Posso dire che questa frase è la sintesi del Braida-pensiero. E’ una cosa che mi ha detto durante un’intervista di qualche anno fa quando ho affermato che anche le sue sculture mi sembravano pittura, materia pittorica coagulata, e lui ha confermato specificando: “Tutto è pittura per me nel senso che guardo tutto attraverso il colore”. Una frase che io interpreto in maniera totalizzante: nel senso che lui non può fare a meno di trasformare il reale, attraverso la sua immaginazione, in pittura. Thomas è come un animale onnivoro, bulimico addirittura, che incamera di tutto, e poi rigurgita quanto assimilato sotto una forma (pittorica) inedita e potente, senz’altro ridondante.

ATP: La ricerca pittorica di Braida possiede un’iconografia eterogenea: dai riferimenti alla cultura popolare alla pittura più aulica. Ci sono dei pittori a cui l’artista fa capo per il suo immaginario? O che lo ho hanno ispirato maggiormente?

CC: Ogni volta che glielo chiedo mi cita autori diversi, da Grosz a Ensor a Goya, e non perché cambi punto di riferimento, ma perché ne ha tantissimi. Thomas trova spunti ovunque e poi digerisce tutto con la sua fervidissima immaginazione. Ma se proprio vogliamo citare un punto di riferimento più rilevante degli altri forse lo troviamo nella letteratura, non nell’arte. E si tratta di Emilio Salgari come Braida ha raccontato a Cattelan nell’intervista pubblicata sul numero 10 del progetto monografico SOLO, realizzato in occasione della mostra a Venezia : “Salgari, quando ero un bambino, mi ha fatto venire voglia di leggere e ha innescato le mie fantasie che poi sono degenerate nella pittura. Non mi è mai bastato quello che avevo davanti. Ho sempre “pimpato” la realtà  rendendola più appetibile”

ATP: Nella pubblicazione realizzata in occasione della mostra, il numero 10 della serie di monografie SOLO – pubblicate dal collezionista Antonio Coppola – l’artista è stato omaggiato dell’attenzione di un artista che dire ‘significativo’ è un eufemismo, Maurizio Cattelan. Cosa ha destato il suo interesse nella ricerca di Braida?

CC: Immagino il talento di Thomas e il fatto che fossi stato io a riconoscerlo, per cosi dire. Cosi dopo averlo visto al Crepaccio l’ha invitato nella collettiva torinese SHIT&DIE organizzata, nel 2014, insieme a Myriam Ben Salah e Marta Papini e continua a sostenerlo. Cattelan mi considera una talent scout da quando, nel 2005, ho portato alla sua attenzione il lavoro di Nathalie Djurberg (che avevo invitato alla Biennale dei Paesi Nordici e, successivamente, ad una personale da Gio’ Marconi) e lui, l’anno dopo, l’ha portata alla Biennale di Berlino. Il resto è noto.

Thomas Braida, Hercules versus c. Rex-2015-olio su tela-237x192 cm, courtesy the artist and Monitor, Rome
Thomas Braida, Hercules versus c. Rex-2015-olio su tela-237×192 cm, courtesy the artist and Monitor, Rome
Thomas Braida, courtesy the artist and Monitor, Rome
Thomas Braida, courtesy the artist and Monitor, Rome