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Attraversare l’Oriente e l’Occidente: THE SZECHWAN TALE

Mancano pochi giorni alla chiusura della bella mostra a cura di Marco Scotini, The Szechwan Tale. China, Theatre and History ospitata al FM Centro per l’Arte Contemporanea. Oramai rodato conoscitore della storia attuale e passata della Cina grazie al suo ruolo...

The Szechwan Tale. China, Theatre and History - Installation view  © FM Centro per l’Arte Contemporanea - Photo Alessandra Di Consoli
The Szechwan Tale. China, Theatre and History – Installation view © FM Centro per l’Arte Contemporanea – Photo Alessandra Di Consoli

Mancano pochi giorni alla chiusura della bella mostra a cura di Marco Scotini, The Szechwan Tale. China, Theatre and History ospitata al FM Centro per l’Arte Contemporanea. Oramai rodato conoscitore della storia attuale e passata della Cina grazie al suo ruolo di curatore della Biennale di Yinchuan, Starting from the Desert. Ecologies on the Edge e della passata curatela del progetto The Szechwan Tale, Theatre and History ad Anren, antica città del Sichuan in Cina, all’interno della prima Biennale di Anren Today’s Yesterday. Quest’ultima mostra conteneva i prodromi dell’attuale mostra ospitata a Milano, che però in questa occasione è stata arricchita di ulteriori nomi di artisti cinesi di fama internazionale.

Per entrambe i progetti espositivi, Scotini ha voluto instaurare un fitto dialogo tra Occidente e Oriente, attraverso campi culturali complessi come quello del teatro e della storia. Per tessere questa forma dialogica la scelta è caduta in quelli che potremmo considerare gli elementi cardine della macchina teatrale: il pubblico, il sipario, l’attore (comprendendo con questo elemento anche le marionette e il teatro delle ombre) i costumi e la scenografia, il testo e la musica. Trenta artisti, con le loro opere, hanno dato vita, dunque, a una molteplicità non solo di storie, ma anche di punti vista. Ed è proprio dalla ‘fissità’ di un preciso punto di vista che Scotini inizia a introdurci la mostra.
“Mettere in discussione la sovranità dell’osservatore per ricollocarlo in una topografia particolare sarà un modo (tra gli altri) di uscire dal binomio universalismo / imperialismo. Accedere a un punto topografico, e cioè posizionarsi rispetto ad un campo d’osservazione, significherà allora capire da dove stiamo osservando prima di poter rivendicare una presa qualsiasi (concettuale, esperienziale, spirituale) su quanto è osservato.” (“Teatralità in esposizione – L’Occidente , la Cina e la Storia”, testo di Marco Scotini nel catalogo pubblicato in occasione della mostra, p. 136 – Archive Books)
E il ‘luogo fisico’ da cui il curatore parte è la figura di uno dei drammaturghi più importante del XX secolo, Bertolt Brecht. Non è un caso, di fatti, che il titolo della mostra sia mutuato proprio da una sua opera teatrale. The Good Person of Szechwan (L’anima buona del Sezuan) del 1938.

The Szechwan Tale. China, Theatre and History, Theatre and History - Installation view  © FM Centro per l’Arte Contemporanea - Photo Alessandra Di Consoli
The Szechwan Tale. China, Theatre and History – Installation view © FM Centro per l’Arte Contemporanea – Photo Alessandra Di Consoli

Nel testo in catalogo, Scotini traccia nessi, affinità e analogie tra l’opera teatrale di Brecht (Occidente) con un’altra opera di notevole importanza: il famoso complesso plastico in creta di 114 figure in scala reale ospitato nella città di Anren e dal titolo Rent Collection Courtyard, del 1964 (Occidente). Motivazioni storiche, antropologiche, culturali e artistiche si intrecciano per dar vita ad un percorso conoscitivo e, al tempo, affascinate.
Citando come esempi una lunga serie di mostre internazionali, il curatore sottolinea come l’eterogeneità della macchina teatrale sia un tema non solo attuale ma anche simbolicamente dinamico per incentrare e potenziare molteplici questioni e argomenti attuali.

Evidenziando differenze e specificità, Scotini puntualizza che The Szechwan Tale ha come fulcro ‘l’atto del mostrare’ – così come l’atto del vedere, del mostrarsi e dell’apparire – che, soprattutto in Cina, è un’azione dalle evidenti limitazioni ideologiche. Riprendendo la lungimiranza – e profondità – di Brecht, il curatore spiega: “Ecco che, nel caso di The Szechwan Tale, la mostra non scompare dietro ciò che è mostrato ma dichiara continuamente l’artificio di cui è fatta. Brecht è chiaro: lo straniamento (Verfremdungseffekt) è quell’effetto che lascia bensì riconoscere l’oggetto ma, al tempo stesso, lo fa apparire estraneo. Per questo, The Szechwan Tale è concepita come un’esposizione praticabile, trasformabile, dove lo spettatore è lasciato libero di avere una propria idea sulla realtà a partire da qualsiasi livello d’età o di status sociale. Quando si supera la soglia di The Szechwan Tale si entra certo in una mostra ma, allo stesso tempo, in una sorta di backstage, in un camerino o guardaroba (l’opera di Pistoletto) per poi incontrare pezzi di stage vuoti e da assemblare tra loro (l’opera di Condorelli) su cui lo spettatore può salire e recitare, raccontare, cantare oppure sedersi per assistere all’azione scenica di qualcun altro.” (Cit. p. 142).
Ecco che Scotini rivela delle opere cardine della mostra, opere che fungono da meccanismi funzionali al tema (relazione teatro / storia), ma anche vettori che consentono allo spettatore di entrare, a pieno regime, nel ‘palcoscenico’ espositivo.

Michelangelo Pistoletto, Memory Wardrobe, 1968-2017 - The Szechwan Tale. China, Theatre and History, Theatre and History - Installation view  © FM Centro per l’Arte Contemporanea - Photo Alessandra Di Consoli
Michelangelo Pistoletto, Memory Wardrobe, 1968-2017 – The Szechwan Tale. China, Theatre and History – Installation view © FM Centro per l’Arte Contemporanea – Photo Alessandra Di Consoli
The Szechwan Tale. China, Theatre and History, Theatre and History - Installation view  © FM Centro per l’Arte Contemporanea - Photo Alessandra Di Consoli
The Szechwan Tale. China, Theatre and History – Installation view © FM Centro per l’Arte Contemporanea – Photo Alessandra Di Consoli

Uno degli aspetti più centrati della mostra – dando per sodato l’impianto teorico e critico che da ragione e senso alle opere – è il ruolo deputato al pubblico, parte attiva e attivante delle stesse opere. Ecco che l’opera di Pistoletto, Memory Wardrobe, 1968-2017 – dove gli spettatori potenzialmente possono indossare abiti che vanno da quelli del teatro dell’Opera i Pechino a quelli dei contadini sichuanesi ecc. – o quello di Qiu Zhijie, Greeting 2013 – maschere sorridenti indossabili dalla foggia di quelle tradizionali che si utilizzavano nelle feste in Cina – ma potremmo citare anche le Theatrical Pieces, 2017 di Celine Condorelli, veri e propri frammenti di backstage in cui potremmo collocarci come pseudo-attori, o il grande tendaggio di Ulla von Brandenburg (Curtains, 2017) che ci invita a porci come davanti a questo enorme meccanismo, una sorta di teatro ‘dall’eterno ritorno’ dove dopo una tenda che si apre, un’altra è subito pronta a dischiudersi, seguita da un’altra e così via… Come non sentirsi parte di una grande manifestazione contestataria nelle presenze mascherate, ironiche e fintamente terrificanti di Piero Gilardi che carnevalizzando sembianze e presenze, ribaltando a suo modo il verso civile della società per sensibilizzare su temi sociali ed ecologici.

E come non confondersi con i lavoratori sfruttati e sottopagati in Cile nella gigantografia – e nel complesso lavoro dove rappresentanti del potere e rappresentazione di esso si confondono in un gioco di specchi – La Trampa di Santiago Sierra. A questa toccante “opera” fa da pendant quella ancora più commovente (perché reale) di Mao Tongqiang in Theatrical Piece 2017, dove la pesantezza del ‘sistema-archivio’ schiaccia la drammaticità nel vedere la lunga sequenza di volto di persone scomparse negli anni ’50.

Nel percorso concettuale di Scotini, è fortemente strutturata la relazione tra la ridicolaggine del concetto (granitico) di storia e la sua messa in discussione da parte degli artisti grazie all’utilizzo delle maschere. In merito, spiega Scotini: La storia troppo spesso ha indossato delle maschere per non doverla smontare attraverso altri artifici o finzioni, che si mostrano per quello che sono. In The Szechwan Tale molti sono gli artisti contemporanei (cinesi e no) che rimettono in scena questa “buffoneria della storia”, come avrebbe detto Foucault. Hsu Chia-Wei in Ruins of the Intelligence Bureau allestisce un teatro tradizionale di marionette tailandesi con burattinai che indossano maschere e abiti neri e che rappresentano, di fronte a veterani cinesi dei servizi segreti del Kuomintang, il loro stesso destino di soggetti abbandonati e dimenticati in un piccolo villaggio al confine tra Tailandia e Myanmar. Zhuang Hui e Dan’er aprono nel 2006 un vero studio fotografico nella città di Yumen (con luci, props e fondali artificiali) per restituire una temporanea identità a dei cittadini che sono stati espropriati del loro habitat e delle loro storie. Lin Yilin indossa la maschera tradizionale del drago rosso per le vie di Chinatown a San Francisco per ricordare ai cinesi emigrati la loro provenienza. Clemens von Wedemeier e Maya Schweitzer creano uno scarto minimo tra la documentazione della costruzione delle nuove megalopoli cinesi e la fiction di Metropolis di Fritz Lang. William Kentridge rimette in scena l’Opera di Pechino attraverso spettri della Rivoluzione culturale e dell’apartheid. Yang Yuanyuan rivela la maschera attuale della città di Chongqing attraverso quelle del suo passato. Il rapporto tra realtà e mondo ideale è al centro del film fondamentale di Yang Fudong, Seven Intellectuals in a Bamboo Forest. Mentre la videoanimazione di Sun Xun sul “Grande Balzo” non cessa di affermare: “La storia non è altro che una bugia del tempo”.

Piero Gilardi, The Szechwan Tale. China, Theatre and History, Theatre and History - Installation view  © FM Centro per l’Arte Contemporanea - Photo Alessandra Di Consoli
Piero Gilardi, The Szechwan Tale. China, Theatre and History – Installation view © FM Centro per l’Arte Contemporanea – Photo Alessandra Di Consoli
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The Szechwan Tale. China, Theatre and History – Installation view © FM Centro per l’Arte Contemporanea – Photo Alessandra Di Consoli

Nel centro della mostra, un colpo da maestro: il curatore colloca il magnifico costume della soprano Gina Cigna, indossato negli anni ’30 per la Turandot di Puccini al Teatro alla Scala. Questo abito dalla “presenza scultorea” è l’approdo dell’invisibile ponte che unisce l’altra “sponda” del mondo, la figura di Mei Lanfang  (1894-1961) – presenza tra le più significative nella mostra – uno dei più importanti attori della storia del teatro cinese moderno, che ha influenzato il teatro d’avanguardia russo e poi tedesco.

“…non è vero che lo stesso Brecht attribuiva il suo principio dello “straniamento” all’appropriazione da parte sua della stilizzazione attoriale del grande e leggendario Mei Lanfang, dopo aver assistito ad una sua pièce a Mosca nel 1935 e dunque prima di scrivere L’anima buona del Sezuan? Di tutti questi incroci è fatta la mostra che non cessa di rimandare da Ovest a Est e viceversa e dove il luogo d’incontro è sempre meno reale e sempre più immaginario, proiettivo, ideale. Teatrale, appunto.” (“Teatralità in esposizione – L’Occidente , la Cina e la Storia2, testo di Marco Scotini nel catalogo pubblicato in occasione della mostra – Archive Books)

Artisti in mostra: Cao Fei, Cornelius Cardew, Chen Zhen, Chia-Wei Hsu, Céline Condorelli, Peter Friedl, Yervant Gianikian & Angela Ricci Lucchi, Piero Gilardi, Dan Graham, Joris Ivens, Jia Zhangke, Joan Jonas, William Kentridge, Lin Yilin, Liu Ding, Mao Tongqiang, Rithy Panh, Michelangelo Pistoletto, Lisl Ponger, Qiu Zhijie, Pedro Reyes, Santiago Sierra, Sun Xun, Marko Tadić, Ulla von Brandenburg, Clemens von Wedemeyer & Maya Schweizer, Wei Minglun, Yang Yuanyuan, Zhang Huan, Zhuang Hui, Mei Lanfang

Ulla von Brandenburg, Curtains, 2017 - The Szechwan Tale. China, Theatre and History, Theatre and History - Installation view  © FM Centro per l’Arte Contemporanea - Photo Alessandra Di Consoli
Ulla von Brandenburg, Curtains, 2017 – The Szechwan Tale. China, Theatre and History – Installation view © FM Centro per l’Arte Contemporanea – Photo Alessandra Di Consoli
Santiago Sierra, La Trampa, The Szechwan Tale. China, Theatre and History, Theatre and History - Installation view  © FM Centro per l’Arte Contemporanea - Photo Alessandra Di Consoli
Santiago Sierra, La Trampa, The Szechwan Tale. China, Theatre and History – Installation view © FM Centro per l’Arte Contemporanea – Photo Alessandra Di Consoli
William Kentridge, The Szechwan Tale. China, Theatre and History, Theatre and History - Installation view  © FM Centro per l’Arte Contemporanea - Photo Alessandra Di Consoli
William Kentridge, The Szechwan Tale. China, Theatre and History – Installation view © FM Centro per l’Arte Contemporanea – Photo Alessandra Di Consoli
Qiu Zhijie, Greeting 2013 - The Szechwan Tale. China, Theatre and History, Theatre and History - Installation view  © FM Centro per l’Arte Contemporanea - Photo Alessandra Di Consoli
Qiu Zhijie, Greeting 2013 – The Szechwan Tale. China, Theatre and History – Installation view © FM Centro per l’Arte Contemporanea – Photo Alessandra Di Consoli
Zhuang Hui - The Szechwan Tale. China, Theatre and History, Theatre and History - Installation view  © FM Centro per l’Arte Contemporanea - Photo Alessandra Di Consoli
Zhuang Hui – The Szechwan Tale. China, Theatre and History  – Installation view © FM Centro per l’Arte Contemporanea – Photo Alessandra Di Consoli
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Peter Friedl, The Szechwan Tale. China, Theatre and History, Theatre and History - Installation view  © FM Centro per l’Arte Contemporanea - Photo Alessandra Di Consoli
Peter Friedl, The Szechwan Tale. China, Theatre and History – Installation view © FM Centro per l’Arte Contemporanea – Photo Alessandra Di Consoli
Mao Tongqiang,  Theatrical Piece 2017 - The Szechwan Tale. China, Theatre and History, Theatre and History - Installation view  © FM Centro per l’Arte Contemporanea - Photo Alessandra Di Consoli
Mao Tongqiang, Theatrical Piece 2017 – The Szechwan Tale. China, Theatre and History – Installation view © FM Centro per l’Arte Contemporanea – Photo Alessandra Di Consoli