Testo di Ilaria Dal Lago —
Non si sa cosa sia nascosto sotto le forme scultoree che stanno distese su tavoli ospedialieri in acciaio nella galleria eastcontemporary; forse corpi che aspettano di essere curati, forse creature che chiedono aiuto, forse nulla.
The Host è la prima personale in Italia del duo Pakui Hardware, fondato nel 2014 da Neringa Černiauskaitė e Ugnius Gelguda, che riflette sull’intreccio tra corpi e tecnologia, analizzandone le implicazioni, i limiti e le possibilità. La mostra è accompagnata da un testo scritto da Francesco Urbano Ragazzi e si potrà visitare fino al 30 novembre.
Trasformando lo spazio della galleria in una specie di clinica, Pakui Hardware porta il pubblico in una dimensione interrotta, in cui la fragilità dei corpi e il senso di sospensione sono artefici di una forte tensione nel luogo in cui le opere sono poste; la riflessione in The Host è sul rapporto tra materia e tecnologia, in un contesto che si pone tra il fantascientifico e il distopico.
Tre tavoli ospedalieri accolgono anatomie non ben identificate composte di tessuto, resina e vetro, che si uniscono al supporto su cui sono distese diventando un insieme unico e indistinguibile; le forme scultoree si adagiano ai tavoli di acciaio con la delicatezza di lenzuola di seta e, allo stesso tempo, con la pesantezza di grossi cumuli di cemento. I tavoli di acciaio non poggiano saldamente a terra, ma le quattro gambe terminano con una parte appuntita, che aderisce difficilmente al pavimento della galleria, aumentando la sensazione di precarietà e instabilità.
Due grandi braccia metalliche pendono sui tavoli ospedalieri, come a illuminare la scena; ciascun braccio sorregge un disco in vetro, che potrebbe cadere da un momento all’altro rompendo il silenzio, frenando la sensazione di immobilità che si avverte nello spazio. Le braccia, tuttavia, si mostrano forti abbastanza da sorreggere il peso che devono portare, e la tensione cresce portando lo sguardo sugli hosts che sembrano riposare sui tavoli. È difficile capire se siano vivi, se possano guarire, se la precarietà in cui sono posti sia per loro fonte di preoccupazione o di sollievo; si intravedono attraverso i drappeggi, con la doppia intenzione di mostrarsi e nascondersi agli occhi di chi guarda.
L’opposizione tra materiali delicati e resistenti – tessuto, vetro, lattice, resina, pelle, plastica, acciaio, metallo – connota tutto lo spazio, portando la riflessione sul significato di cura nella contemporaneità. Cura come sguardo attento e vigile, che salva dal pericolo e non permette la caduta; al tempo stesso, cura come condizione fragile che – come le braccia metalliche e i letti ospedalieri – può mollare la presa da un momento all’altro. Ci si lascia la galleria alle spalle, nella consapevolezza che dentro tutto possa restare com’è e che tutto possa, all’improvviso, crollare.
PAKUI HARDWARE
THE HOST
15/09 – 30/11/2021
curated by eastcontemporary
with text by Francesco Urbano Ragazzi