
Elena Bellantoni – Se ci fosse luce sarebbe bellissimo presso la Fondazione Dino Zoli a Forli da febbraio a giugno 23.
Il tema dell’incontro con l’altro affrontato da diversi punti di vista. La “pulizia” e la serietà dell’artista in termini di intenti e di metodo di lavoro che raggiunge profondità significative attraverso genuini processi relazionali e partecipativi nel mondo del lavoro tali da poter affermare – in alcuni passaggi della ricerca- di autorialità condivisa.
Buon allestimento e magnifiche soluzioni formali di alcune opere che spaziano dall’installazione al video, dal disegno alla fotografia fino a giungere al linguaggio, caro all’artista, attraverso apertura e chiusura con due neon.
In questa mostra, che ho trovato poetica e commovente, l’arte assurge ad autentico gesto politico pur non avendo un approccio dichiarativo che si vede in tante opere oggi.
Marina Dacci
Se ci fosse luce sarebbe bellissimo
ELENA BELLANTONI
A cura di Nadia Stefanel 25 febbraio – 30 giugno 2023
Pura energia, forza vitale cosciente. Attraverso il suo corpo e una parola visivamente significante, Elena Bellantoni analizza le relazioni sociali di questo nostro mondo. Studia l’incontro con l’Altro in un tempo preciso, quello reale anche del lavoro, dell’essere presenti in uno spazio fisico definito. Le sue parole e i suoi gesti, dichiaratamente motivati, nascono entrambi dal passaggio fluttuante delle idee, prima, e del volere, poi, diventando esperienza e memoria di un segno. Il suo.
Nasce così, Se ci fosse luce sarebbe bellissimo, frase ipotetica, che diventa ossimoro per eccellenza, nella scritta luminosa che si fa materia stessa nel neon e che pone una riflessione ripresa dall’ultima lettera di Aldo Moro, scritta 4 giorni prima della sua morte e recapitata alla moglie Eleonora Chiavarelli, il 5 maggio 1978.
Per noi quel Se ci fosse è affermazione tautologica, perchè in realtà la luce c’è, è presente nel valore materico del neon stesso e rimanda ad una considerazione sul potere visivo ed espressivo del linguaggio che diventa medium di un fare artistico partecipativo-relazionale.
Un sottile fil rouge di suggestioni mette in connessione alcuni passaggi storici del nostro XX secolo tra di loro con le storie personali di ognuno di noi e permette all’artista di creare un parallelismo tra uno stadio esistente e la volontà di trasformare qualcosa attraverso il gesto artistico, un segno poetico che diventa profondamente politico. Elena lavora spesso ricercando percorsi di stratificazioni mai espresse o palesate esplicitamente, ma che possono essere ritenute storie collettive, di un sentire comune che colpisce la parte interiore dell’essere umano e del suo farsi Altro. Perché la Storia, spesso e volentieri, si interseca con le storie personali di tutti noi, divenendo quasi quel personale è politico, come urlava un vecchio slogan femminista.
(estratto dal CS – Fondazione Dino Zoli )

