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I significati del Terreno: al MAXXI L’Aquila si riscopre il disponibile quotidiano

La mostra al MAXXI dell'Aquila si sviluppa come un percorso espositivo multidisciplinare che mette in relazione materialità e memoria, tradizioni culturali e pratiche artistiche e quotidiane.

Testo di Flavia Angelini

Il MAXXI L’Aquila, fino al 4 maggio 2025, ospiterà una mostra il cui fulcro è  un viaggio alla riscoperta del non visto, del registro basso, di ciò che viene dato per scontato, come dichiara la curatrice Lisa Andreani, e prende avvio da una riflessione sul “disponibile quotidiano” di Gianni Celati. TERRENO. Tracce del disponibile quotidiano diventa anche un esercizio per reimparare a concentrarci sugli aspetti più semplici della vita; così, il punto di vista di Andreani diventa per noi una guida per ripensare e riscoprire le potenzialità di una quotidianità che il tempo, la frenesia avevano ricoperto con una patina particolare, quella dell’abitudine. 

Ad accogliere i visitatori c’è la scultura sonora “DOWN-HOLE” di Ramona Ponzini, che, nella giornata dell’opening, ha inaugurato la sala della voliera con la sua performance in collaborazione con il Conservatorio Casella dell’Aquila. L’opera di Ponzini prende il nome da una tecnica che consente di determinare le proprietà fisico-meccaniche dei terreni; collaborando con il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile – Architettura e Ambientale dell’Università degli Studi dell’Aquila, l’artista ha potuto, tramite i dati raccolti dalle analisi condotte e la campionatura della propria voce, usata come onda elastica, restituire con il suono la stratificazione del terreno. La scultura è presente lungo il percorso, a fare da connessione tra le opere esposte e a ricordare a visitatori e visitatrici l’importanza di scoprire i significati sovrapposti – così come è stratificato il terreno – di quel che viene visto e  narrato. Nel luogo della performance, la sala che funziona da crocevia e che è stata scelta dalla curatrice come luogo per incontri, workshop, bookclub, sono collocate  le opere di Marco Schiavone che hanno come protagonista il fenomeno delle coppelle: piccole conche scolpite nella roccia dall’azione umana, risalenti al Mesolitico, il cui significato rappresenta tuttora un mistero. Gestualità rituale umana e passato remoto dialogano anche in Dinosaurus di Ezio Gribaudo: attraverso una forma di pane, l’artista ci restituisce l’immagine di un passato pre-umano. Quest’opera è affiancata dal catalogo di una mostra tenuta in occasione di Expo 1961, che vide una sezione, curata da Franco Assetto, dedicata proprio al pane, in cui l’alimento diviene, tramite le parole dell’artista, potente elemento scultoreo. 


Moira Ricci, L’uomosasso nel campo della mia famiglia, loc. Collecchio, Magliano in Toscana, 1982, fotografia proveniente dall’archivio di mio zio Luigi Ricci, Stampa lambda su forex-Courtesy Fondazione MAXXI

Le risonanze continuano e questa volta il dialogo avviene tra i lavori fotografici di Moira Ricci e il romanzo Missitalia di Claudia Durastanti: la Maremma (fotografata) e la Basilicata (descritta) sono in contemporanea tutti i luoghi e nessun luogo, gli stessi paesaggi che mutano – nello spazio e nel tempo – ai nostri occhi eppure sono sempre riconoscibili. A modificare una delle sale di Palazzo Ardinghelli troviamo l’opera di Formafantasma, ExCinere: è anche dalla cenere dell’Etna, infatti, che le piastrelle che rivestono il pavimento vengono fuori. Quella dell’essere umano per il vulcano è un’ossessione atavica e viscerale: lungo il percorso espositivo di TERRENO non incontriamo solo l’Etna, ricordata anche come fucina di Efesto o porta del regno degli Inferi, ma anche il Vesuvio. Quest’ultimo vive nel racconto di Susan Sontag, L’amante del vulcano, in cui si fa metafora, nella storia a cui fa da sfondo, della Storia e della vita del protagonista, che ne è ossessionato. A farci riflettere sulla figura del vulcano troviamo anche i progetti di Enzo Mari e del collettivo Continuum, ma anche un articolo dedicato al Museo Immaginario delle Isole Eolie allestito da Bruno Munari nel 1955, a seguito dell’esplorazione di un sito archeologico abbandonato. Prosegue la declinazione del concetto di terreno anche attraverso la dimensione del rituale grazie alla presenza dei lavori, tra gli altri, dell’antropologa Annabella Rossi, di Superstudio o Yto Barrada. Proprio quest’ultima, artista franco-marocchina, con il video Faux départ documenta l’attività degli scopritori di fossili nella regione arida tra le montagne dell’Atlante e il deserto del Sahara: contemporaneamente alla ricerca di reperti, che si conduce scavando a mano tra gli strati di detriti e terreno, viene avviata un’attività di falsificazione sulla legittimità della quale Barrada si interroga, oltre a porsi (e a farci porre) questioni fondamentali sul passato pre-umano. 

La quotidianità, l’inizio della vita sulla terra sono alcuni dei temi ricorrenti che è possibile individuare nel percorso espositivo, così come la ritualità, la gestualità, i dialoghi tra immagini e parole, oppure, come nel caso di Luca Trevisani, oggetti funzionali che diventano apotropaici e innescano riletture e riflessioni. 

Yto Barrada Faux départ (False Start) 2015 – Still Video – 16mm, digital video. © Yto Barrada, courtesy Pace Gallery; Sfeir-Semler Gallery, Hamburg, Beirut; and Galerie Polaris, Paris
Formafantasma ExCinere®, 2019 – Piastrelle smaltate in cenere vulcanica / Courtesy of Dzek Quarto di luna rivestito di zolfo Sicilia, senza data. Terracotta, zolfo. Arti e Tradizioni Popolari. Courtesy Museo delle Civiltà, Roma Foto Claudio Cerasoli. Courtesy Fondazione MAXXI

Non manca una dimensione ironica e giocosa, come quella in cui trascina il Pratone di Ceretti, Derossi e Rosso, storica seduta di design che si allontana dalla funzionalità dando sfogo alla creatività e che fa il paio con i Fiorellini di Nico Vascellari, creatore di cortocircuiti per eccellenza, che riesce a mescolare ai nostri occhi il punto croce e la carta da imballo. 

Molti sarebbero ancora i nomi da elencare e i lavori di cui parlare, i significati su cui riflettere; ma la mostra concepita da Lisa Andreani per il MAXXI L’Aquila ha tra i suoi scopi quello di portare i visitatori a creare la propria narrazione ed a trovare i propri significati.  

Abbiamo, in conclusione, chiesto alla curatrice, ormai a un mese dall’apertura della mostra, di dirci qualcosa di più su TERRENO: «Credo sia molto importante in primis specificare che questa mostra non è sull’Aquila e nemmeno solamente legata all’Abruzzo, nel percorso espositivo si incontrano tracce e storie di questi due luoghi ma come di molti altri, espandendosi fuori dall’Italia. Ci sono lingue e forme di scrittura potenzialmente universali oltre che ricordi che potrebbero essere retaggi di esperienze familiari che hanno toccato ognuno di noi. Nonostante questo incipit, la mostra è appunto pensata per il suo territorio, vuole offrire la possibilità di rievocare un rapporto profondo come il paesaggio che lo circonda ma anche un manifesto che inviti nel tentativo di custodire il nostro patrimonio culturale in tutte le sue sfumature e diversità, un invito alla “restanza” in tutti i quei luoghi in via di spopolamento o completamente mangiati dalle derive turistiche. Oltre a questo, il progetto espositivo è una sollecitazione ulteriore a quanto già svolto in questi anni, a immaginare il museo come un laboratorio sperimentale soprattutto rivolto alle scuole e agli studenti che abitano l’area, ma anche alla grande comunità creativa locale. L’Aquila, dalla mia prospettiva, dispone di un patrimonio immenso e vivo che è rappresentato dalle istituzioni accademiche della città. La sala della voliera che, come di consueto, sarà il luogo che ospiterà il public program della mostra è già “attrezzata” come uno spazio per il “dopo-scuola” o “dopo-lavoro”, con un allestimento ad hoc. Quest’area di transizione e di attività nel percorso espositivo vorrei che fosse principalmente rivolta ai giovani, lasciando loro l’opportunità di co-organizzare progetti con il museo come voci in prima persona. In questo sta forse l’esperimento.»

Cover: Rosso_Pratone Giorgio Ceretti, Pietro Derossi, Riccardo Rosso Pratone®, 1971 – Seduta in morbido poliuretano rifinito a mano in Guflac®/ Courtesy of Gufram Foto Claudio Cerasoli. Courtesy Fondazione MAXXI

Ezio Gribaudo Diosaurus, 1995 – Pane (farina 00 pasta dura). Courtesy Archivio Gribaudo
Luca Trevisani, Occhi taglienti, 2024 – Courtesy Luca Trevisan Foto Benedetta Stefani