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Streams of Spleen | Shahryar Nashat al MASI Lugano

Attraverso video, sculture e installazioni, l’artista crea esperienze sinestetiche che evocano emozioni e stati d'animo contrastanti e difficili da formulare con razionalità. La bellezza di una sottile perversione
Shahryar Nashat Warnings 2024 Immagine da video HD su LED wall: colore / audio stereo Courtesy dell’artista, Gladstone Gallery, New York, David Kordansky Gallery, Los Angeles e Rodeo Gallery, Londra/Pireo © the artist

Testo di Serena Correale

Potrebbe suscitare un brivido lungo la schiena il titolo della nuova mostra dell’artista visivo Shahryan Nashat (1975, Ginevra, Svizzera) Streams of Spleen letteralmente “ruscelli di milza”, un’esposizione che durerà fino al 18 agosto presso la sede LAC del museo MASI Lugano, che racconta di un viaggio personale dell’artista tra i concetti di vita e morte.

Il direttore del MASI Lugano Tobia Bezzola ha raccontato come la volontà dell’istituzione sia da sempre quella di lavorare con artisti giovani e contemporanei, presentando dei progetti che molto spesso rappresentano, anche a causa delle limitazioni architettoniche, una sfida sia per gli artisti sia per chi fa parte del team museale. Per Bezzola è fondamentale vedere come gli artisti si approcciano allo spazio nella sua totalità e li invita a creare opere che dialoghino con esso. Ne è la riprova la mostra personale di Nashat che è stata concepita come un’opera totale, uno scenario a tutto tondo che ha stravolto e rivoluzionato le caratteristiche dello spazio a disposizione.
L’artista dopo aver osservato attentamente il corpo umano cerca dei modi per rappresentarlo sia da un punto di vista carnale e materico che nelle sue pulsioni e trasformazioni, provando a riprodurlo e sperimentando con varie tecniche artistiche. Partendo dalla parte più concreta di evocazione della carne alla rappresentazione di questa attraverso la pittura. Un dualismo che si manifesta sia nella scelta del mezzo, dal fisico al digitale, sia per quanto riguarda l’uso dei materiali molto diversi preservando le tecniche tradizionali della scultura in marmo e la pittura a olio per poi arrivare alla lavorazione di materiali industriali come la colla, la resina e il silicone.
Scendendo al piano ipogeo del museo il primo impatto visivo è dato della trasformazione dello spazio, a partire dalla copertura del pavimento con piastrelle dalla trama rosa candido che ricorda la carne e l’alterazione delle luci virate in rosa. Al centro della sala una costruzione dal soffitto basso si impone nello spazio come un volume scultoreo, in cui siamo obbligati ad entrare, mentre un suono indecifrabile si diffonde e scandisce il ritmo del percorso. Si tratta di un intervento fisico da vivere in prima persona che inizia dal suono dei propri passi sul pavimento gommato che si espande quando si attraversa la sala.
Il percorso mostra residui organici come i capelli, le unghie e l’urina (parti morte), materiali che evocano emozioni molto diverse di repulsione e attrazione, arrivando alla visualizzazione di un video che racconta la parte viva grazie all’aiuto della modellazione 3D e dell’intelligenza artificiale. 

Veduta dell’allestimento “Shahryar Nashat. Streams of Spleen”, MASI Lugano, 2024 Foto © MASI Lugano, fotografo Luca Meneghel
Veduta dell’allestimento “Shahryar Nashat. Streams of Spleen”, MASI Lugano, 2024 Foto © MASI Lugano, fotografo Luca Meneghel
Veduta dell’allestimento “Shahryar Nashat. Streams of Spleen”, MASI Lugano, 2024 Foto © MASI Lugano, fotografo Luca Meneghel

Al fianco dell’artista da circa tre anni su questo progetto Francesca Benini, curatrice dedita e appassionata che racconta la mostra così: “Questa mostra è un po’ come leggere una poesia. Ci rendiamo conto facilmente della differenza tra prosa e poesia, nella prosa la lingua è utilizzata nel suo significato comune, mentre nella poesia le parole sono utilizzate in modo diverso, spesso evocano delle immagini o hanno significati metaforici, oppure sono legate a dei suoni o a delle emozioni. Possiamo quindi dire che se Shahryan Nashat si occupasse di letteratura considerebbe la sua mostra una poesia, ed è così che vi invito a visitare la mostra, con un’apertura verso le sue opere invitandovi ad evocare esperienze fisiche e lasciandovi trasportare”.

Un percorso che viaggia a ritroso, partendo dalla morte, come per le nuove sculture a parete che assomigliano a carcasse della serie Bone Out, alle quali l’artista lavora già dal 2019, che sembrano dei veri e propri pezzi di carne di origine sconosciuta e richiamano il processo dell’industria alimentare.
Sul pavimento le sculture in fibra di vetro dai colori plastici Boyfriend_14.JPEG, Boyfriend_15.JPEG e Boyfriend_16.JPEG dove l’artista è partito da forme organiche che riprendono un tessuto muscolare e scheletrico. Sulle pareti esterne del cubo centrale vediamo due stampe a getto d’inchiostro, Brother_03.JPEG e Brother_08.JPEG, dove anche qui ritorna l’associazione con il corpo attraverso la rappresentazione di una cassa toracica rivestita da un film lucido organico.
In sottofondo si sente il suono provenire dal video Warnings (2024), è come un richiamo che ci avvolge per tutta la visita conducendoci verso la parete ledwall che vediamo rivolta di spalle mostrandoci il backstage, la parte morta, il retro del video. Nel video si ha un passaggio da riprese concrete, come quelle iniziali girate in un bosco reale, al molto astratto fino ad arrivare alla finzione completa con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. Il girato vede come protagonista un lupo in prima persona che corre all’interno di un bosco ansimando velocemente. A mano a mano che il lupo corre iniziano a cambiare i paesaggi e riusciamo a vederlo con occhi esterni, prima in una versione digitale in 3D e poi in AI. L’ansimare del singolo si trasforma in una sinfonia di ululati del branco. L’idea per l’artista era quella di simulare dei lamenti, dal quale deriva anche il titolo della mostra Streams, inteso come flusso di lacrime, o streaming virtuale e Spleen inteso come l’organo della milza, la parte carnale del corpo, ma anche la malinconia, l’insoddisfazione e la noia baudelariana che già anticamente venivano ricondotte all’organo in questione. 

Potremmo definire la personale di Nashat una mostra che oscilla tra un senso di fascinazione e di ribrezzo, di inquietudine e talvolta ripudio verso ciò che vediamo. Ed è proprio questo l’obiettivo dell’artista, quello di farci sentire a disagio, ma lo stesso tempo attratti da questo mondo di perplessità e repulsione basato su regole nuove.

Shahryar Nashat Lover_03.JPEG (dettaglio), 2022 Gel acrilico, inchiostro su carta, legno compensato Courtesy David Kordansky Gallery, Los Angeles/New York. Photo: Jeff McLane © the artist

Veduta dell’allestimento “Shahryar Nashat. Streams of Spleen”, MASI Lugano, 2024 Foto © MASI Lugano, fotografo Luca Meneghel