A Malamocco, piccola località del comune di Venezia, l’anno scorso ha id eato un’installazione composta da dodici sculture posizionate tra piccole piazze e calli. Ogni unità era custode di una frase pronunciata dagli abitanti del borgo, registrata e trascritta dall’artista durante le sue permanenze (progetto realizzato nell’edizione 2022 di Una Boccata d’Arte). Ora, alla Fondazione Elpis Lucia Cantò – dal 5 ottobre 2023 al 2 febbraio 2024 – presenta la mostra Stelle che sorreggono altre stelle a cura di Giovanni Giacomo Paolin e Sara Maggioni. Come a Venezia, anche in questa occasione l’artista ha dato vita a delle opere che sono il frutto di collaborazioni con una comunità temporanea, ma non solo, ritorna anche il tema del contenitore, in questo caso del ‘vaso’, come presenza significante in uno spazio.
Prima della mostra, tramite una open call, l’artista ha invitato un percorso laboratoriste con un gruppo di partecipante a cui è stato chiesto di realizzare un autoritratto sotto forma di vaso in terracotta. Un’esperienza che trova spazio anche nel primo periodo di apertura dell’esposizione, con la creazione al piano superiore della Fondazione di un ambiente di lavoro in cui si intrecciano occasioni di riflessione poetica, laboratori pratici e momenti di condivisione processuale.
Il piano terra della Fondazione è invece dedicato a tre nuove produzioni dell’artista che introducono alla sua visione, fornendo anche delle chiavi per la lettura del laboratorio. Abbracciando forme a lei care, tutte le opere ragionano secondo contrasti taglienti e corporeità simboliche.
Come indica il titolo della mostra, che fa riferimento alla delicatezza di invisibili rapporti ciclici e alla forza generata da piccole costellazioni di punti luminosi, Stelle che sorreggono altre stelle si muove secondo un ritmo scandito da diversi cicli vitali, legati alla creazione e alla vita delle opere stesse: a un primo momento in cui si presentano i lavori dell’artista e alcuni esiti del laboratorio, ne segue un secondo in cui una parte dell’impianto espositivo si modifica trasformando lo spazio di lavoro in un luogo di fruizione degli autoritratti ultimati.
Le tre opere esposte al piano terra sono: Madre (2023), Edilizia di un pensiero (2023) e Stellario (2023).
Madre (2023) consiste in una scultura in terracotta composta da tre elementi assemblati in un unico equilibrio. Un elemento ospita e allo stesso tempo nasconde la giunzione di altri due elementi in terracotta. Fin dall’antichità, la produzione di vasellame gravita attorno a comunità femminili e, oltre all’attività di trasformazione e conservazione del cibo, si lega inevitabilmente al potere trasformativo e riproduttivo femminile. In particolare, Madre è la concretizzazione di un pensiero che nasce dalla raccolta di voci femminili, che l’artista ha trascritto su quaderni durante conversazioni con donne a lei vicine.
L’installazione Edilizia di un pensiero (2023) è composta da elementi in contrasto tra loro: le mantovane parasassi, concepite tradizionalmente per creare un ambiente di sicurezza e arginare il materiale edilizio in caduta all’interno di un cantiere, vedono ribaltata la loro funzione, ospitando al loro interno una serie di fiori che attraversano cicli vitali diversi durante il periodo di apertura della mostra. L’impianto scultoreo si pone come una lente di ingrandimento sull’inevitabile processo di essiccazione dei fiori, trattenuti e quindi lasciati cadere nel tempo, seguendo ognuno il proprio ritmo vitale.
La scultura Stellario (2023) prende il proprio nome dall’oggetto a cui si ispira: una corona in bronzo corredata da dodici stelle, trovata dall’artista durante un soggiorno a Napoli. Nell’opera presentata, tra i sette elementi che la compongono non esiste una gerarchia, ma ognuna di queste collabora con le altre, sostenendole e lasciandosi sostenere. Questo lavoro, che chiude il percorso espositivo del piano terra e introduce al piano superiore dedicato al laboratorio collettivo, ha ispirato il titolo stesso della mostra.