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Stefania Galegati — Tributo per Alberto Garutti 2023

Erano anni che non vedevo Alberto. Ci siamo fatti qualche telefonata, volevo coinvolgerlo in una mostra sul tema del “padre” e un’altra volta per fare una  lezione ai miei studenti a Lecce. Poi ho saputo da Davide Bertocchi che stava molto male e gli ho scritto una lettera, cartacea, per salutarlo e ringraziarlo.  Alberto entrava in […]

Erano anni che non vedevo Alberto. Ci siamo fatti qualche telefonata, volevo coinvolgerlo in una mostra sul tema del “padre” e un’altra volta per fare una  lezione ai miei studenti a Lecce. Poi ho saputo da Davide Bertocchi che stava molto male e gli ho scritto una lettera, cartacea, per salutarlo e ringraziarlo. 

Alberto entrava in modo prorompente nelle vite degli studenti spalancando finestre di riflessione, entusiasmo, possibilità. Ci portiamo dentro, ancora oggi, un linguaggio comune con il quale leggere il mondo e trasformarlo, e ce ne siamo accorti proprio di recente ritrovandoci in più di cento suoi studenti, dall’inizio degli anni novanta fino a dieci anni fa. 

Macerata, Bologna, Brera e IUAV a Venezia. Se riusciamo a fare, solo un paio delle mille cose pensate insieme nelle ultime settimane e dedicate ad Alberto sarà già tanto…

Il focus compulsivo sull’arte come arte, il gioco come risoluzione di enigmi, la sorpresa nel pensiero emotivo, l’amore straziante, la disabitudine del quotidiano e un cinismo spietato: sono tutte caratteristiche apparentemente contrastanti di quel pensiero emozionato che Alberto ha intrecciato al nostro per decenni. Filo rosso che molti di noi hanno continuato a tessere nell’insegnamento più che nelle opere d’arte. 
Forse proprio il suo approccio pedagogico aperto al gruppo e al contempo schietto e spietato è la sua opera più grande. 

Nella lettera che gli scrissi a maggio gli raccontai che una mia studentessa, il giorno prima, era venuta da me a ringraziarmi perché in una situazione pubblica aveva preso coraggio e il microfono per dire delle cose urgenti;  senza l’incontro con me non lo avrebbe mai fatto. 
E io mi trovo a pensare che se non fossi stata studentessa di Alberto non le avrei mai infuso quel coraggio, delle priorità. 

Non è questa sottile linea di energia l’opera più importante? 


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