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Staging the Residency | Fabio Perino

Intervista di Anna Del Torchio — Guardando i tuoi lavori nello studio di VIR Viafarini-in-residence si vedono ami da pesca, gusci d’ostriche, stampe di velieri, fino a un frame incorniciato del tuo video Filling the sea. L’immaginario acquatico ha un ruolo specifico nella tua pratica? Certo, con l’acqua ho un legame estremamente carnale. Più nello specifico è […]

Fabio Perino, Vessel, 2022, high resolution print on canvas, plastic net, 155x127cm – Foto Renato Ghiazza

Intervista di Anna Del Torchio —

Guardando i tuoi lavori nello studio di VIR Viafarini-in-residence si vedono ami da pesca, gusci d’ostriche, stampe di velieri, fino a un frame incorniciato del tuo video Filling the sea. L’immaginario acquatico ha un ruolo specifico nella tua pratica?

Certo, con l’acqua ho un legame estremamente carnale. Più nello specifico è il paesaggio marino quello a cui sono più legato, con le sue molteplici sfumature: dalle spiagge ai porti di mare, vere fonti di ispirazione per me. Il mare, elemento in perenne trasformazione e mai uguale a se stesso, è una metafora perfetta della società in cui viviamo con i suoi velocissimi mutamenti. Ultimamente, alterno il mio studio tra un piccolo paese ligure e Milano dove entrambe i luoghi sono fondamentali raccolte di esperienze del vissuto contemporaneo. 
Oggi, dal mio punto di vista, riscoprire centri più piccoli e soprattutto a contatto con la natura favorisce, per quanto mi riguarda, una risposta concreta al nuovo approccio contemporaneo. Si discute tanto di sostenibilità, e un forte legame uomo-natura dona una fonte di ispirazione immensa. Ancora oggi, con quel che si ha a disposizione dalla terra, e attraverso la conoscenza acquisita attraverso la tecnologia, si può creare tantissimo prendendo a prestito dalla terra stessa e senza produrre oltremodo. Questa, sono convinto sia la nuova avanguardia artistica del nostro tempo, abbiamo una grande responsabilità a riguardo.

Fabio Perino, Untitled, 2023, oyster, gold leaf, animal blood, aluminum foil paper, 23x22cm (foil dimension) – Foto Renato Ghiazza

Questi elementi, però, sono sempre messi in relazione ad altri oggetti. La tua pratica infatti si caratterizza dal contrasto, dall’accostamento di elementi che simbolicamente rappresentano uno l’opposto dell’altro. Tra i due poli, quale vuole essere il tuo posizionamento?

Sì, baso la mia ricerca sulla doppia tensione dell’uomo, dove da un lato si insegue una ascesi spirituale e dall’altro siamo dei corpi fisici in un mondo concreto e oggettivo. Questa doppia direzione, appunto, diventa generatrice di incoerenza, dolore, rischio e tutto ciò che riguarda il nostro sentire umano.
A proposito dei due poli è molto difficile trovare una posizione precisa poiché è proprio del mio essere vivere di estremi. Entrambe le posizioni hanno delle sfaccettature diverse, complesse e quando vengono accostate tra loro donano dialoghi inaspettati, a volte fortuiti, i quali, però, permettono di creare nuovi linguaggi e punti di vista. E, a proposito di questo, la scelta dei materiali è molto rocambolesca seppur specifica dal momento che sono consapevole della mia visione e muovendomi, così, in un preciso campo d’azione. 
Infatti, uno tra gli aspetti più importanti per la mia pratica è far passare meno tempo possibile tra l’ideazione e la realizzazione dell’opera per non perdere la freschezza insita nel primo pensiero.  Amo e tento a mio modo di essere una risposta del mondo che mi circonda.  La velocità di esecuzione e l’istinto fanno sì che il tempo passato in studio sia ridotto a favore proprio dell’esperienza a contatto con le persone, con la natura ed in tal modo lo studio sconfina ovunque perché si è, direttamente o indirettamente, sempre esposti alla magia della creazione artistica.

Fabio Perino, Walking through a melancholic phantom ballet, 2022, trash, dried animals, fishing hook, chain, dimension determined by the space (detail) – Foto Renato Ghiazza

Lavori come Filling the sea e Dear No-One, ma anche l’installazione Walking through a melancholic phantom ballet sono ambientati in spazi ampi. L’opera sembra voler propagarsi quanto può. Come ti relazioni invece nello spazio condiviso con le altre artiste e artisti in residenza?

In VIR lo spazio è magnifico, facilitando il dialogo tra stili e linguaggi eterogenei.  Nuovamente, a proposito degli opposti, si crea un contrasto tra lo spazio interiore non definito della mente e lo spazio fisico a disposizione in residenza. Trovare la sintesi perfetta tra i due luoghi, quello intimo, legato metaforicamente all’estensione del mare e quello esteriore, per poter realizzare in armonia (quando in studio), è centrale. 
In molti casi è innegabile che l’opera, specialmente se di natura installativa, necessita di una propria estensione. Più ampia è l’area che le si può dedicare e, generalmente, migliore è la risultante, indipendentemente dalla grandezza del lavoro stesso. 
È davvero interessante vivere l’interazione delle differenti forme d’espressione presenti in studio. Di giorno in giorno si creano tante varie combinazioni, sembra di camminare in mostre differenti con il susseguirsi delle creazioni giornaliere.  Personalmente, cerco di rispettare i miei spazi seppur abbia già sconfinato e rubato (di comune accordo) la parete a fianco del mio caro amico videoartista!

Staging the Residency —