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Sleek Like a Slum ✌ Alessandro Agudio

Sleek Like a Slum – Elegante come una baraccopoli La mostra che si è da poco conclusa da Gasconade di Alessandro Agudio, ‘ Sleek Like a Slum’, si apre  con la figura retorica dell’ossimoro:  dal greco ????????, composto da ????...

Sleek Like a Slum – Elegante come una baraccopoli

La mostra che si è da poco conclusa da Gasconade di Alessandro Agudio, ‘ Sleek Like a Slum’, si apre  con la figura retorica dell’ossimoro:  dal greco ????????, composto da ???? «acuto» e ????? «ottuso»), pronunciabile tanto ossimòro quanto ossìmoro (alla greca), è una figura retorica che consiste nell’accostamento di due termini di senso contrario o comunque in forte antitesi tra loro. Unendo sia l’acuto che l’ottuso, sia l’alta che la bassa (cultura, viste che inevitabile dare un contesto post-moderno), sia il sentimento che il cinismo, sia l’originalità che dei clichè, sia il senso che il non-senso… scusate, mi sono lasciata un po’ prendere la mano sul gioco degli opposti, sulla tensione tutta umana delle contraddizioni.

Dunque. Facciamo ordine dove regna il caos (quel buco nero dove ci sta sia l’acqua che il fuoco, sia l’aria che la terra, insomma dove ci sta quasi tutto) partiamo dalla buona volontà dell’artista di simulare con una precisione certosina, un stanzetta dentistica di dolorosa memoria. A questo contesto Agudio somma le romantiche nuance cromatiche di una serie di stoffe (diligentemente piegate) stampate con il colore dell’iride di un occhio femminile, ingrandito a dismisura. A questi due ‘strati’ accosta delle sofisticate piatine grasse (di quelle che vivono anche senza terra e che, a una prima occhiata, sembrano finte), che fanno pendant con una scultura dalle lame pericolosamente appuntite. C’è tanta roba in questa piccola stanza dal pavimento coperto da moquette bianca (bello l’effetto pittorico delle impronte sporche delle scarpe).

“Come un’astronave di legno lungo una spiaggia brasiliana”, mi suggerisce l’artista. Non so esattamente cosa chiedergli e lui è anche di fretta. Mi soffermo nell’osservare e toccare la pericolosa scultura appesa ad altezza davanzale: sembra un plastico, sembra un contenitore, sembra un’arma.. sembra un sacco di cose.

Non aiuta il testo che rincorre la mostra esordendo con l’immagine, appunto, di “arredi delle case di certi dentisti, quelli che la domenica si mettono in tuta per andare a fare il brunch e che, laddove abbiano maturato una passione per l’arte, ritengono che questa debba fornire loro superfici nelle quali contemplare la rigogliosità dei loro conti in banca”. Letta così, mi verrebbe da scongiurare che tra i collezionisti di Gasconade, non ci sia nessun odontotecnico o dentista.

Fioriere, svuota-tasche, pareti divisorie, travi per l’allenamento nell’arrampicata: tra i possibili meriti che questa mostra puo’ avere, c’è senza dubbio quello di riesumare il famoso motto (perché con i decenni motto è diventato), “bello come l’incontro casuale di una macchina da cucire e di un ombrello su un tavolo operatorio…”

In sostanza, procedendo per libera associazione di idee, Agudio unisce cose e spazi tra loro apparentemente estranei per ricavarne una sensazione inedita. Lo stupore o la bellezza (surrealista) nasce, allora, dal mettere assieme oggetti reali, veri, esistenti che non hanno nulla in comune (una cassa audio, una stola, delle piante ecc.), in un luogo ugualmente estraneo a tutti (la galleria).

Rispetto alla corrente di accademica memoria, Agudio aggiunge il ‘bel fare’: tutto infatti è sistemato e confezionato con maniacale precisione. Non è un caso che si presenti la mostra come un ambiente dagli ‘oggetti a funzionamento poetico’: “Guardami, toccami (se non visto) e fammi tuo”, sembrano suggerire queste sculture affettive. Perché dietro o dentro a tutto, scopro che forse l’artista condensa in questi oggetti-sculture, una ‘mania’ famigliare per l’accumulo, per il disporre (incollati) oggetti tra gli oggetti. Tante tantissime cose che sembrano perdere significato per averne nell’insieme.

Ecco, questa mostra acquista significato nell’insieme, o nelle intersezioni tra gli strati che vogliono, per completezza, anche una musica di sottofondo – una traccia musicale composta appositamente per la mostra da Primitive Art: Jim Nedd (1991, Verona) e Matteo Pit (1991, Ravenna) -, una foto di Beatrice, e non ultima un’invettiva contro “certa arte che qui a Milano si vede nelle mostre collettive di B**** N** G******, innegabilmente indebitata alla tradizione del Finish Fetish ma incapace di veicolare anche solo un briciolo della perversione che connotava quella del movimento.”

Alessandro Agudio / Sleek Like a Slum

feat. Primitive Art

Gasconade, Milano 26 Ottobre – 24 Novembre 2012