Intervista di Gaspar Ozur —
Ha per titolo A ON BEcOMING A SmArT GOd-dESS il 13° Festival Internazionale di Danza della Biennale di Venezia diretto Marie Chouinard (Québec City – Canada, 1955).
Questa edizione conta anche Alessandro Sciarroni, Leone d’Oro alla carriera, artista di formazione “mista” tra arte, teatro e coreografia. A Venezia il coreografo presenta Your Girl (2017), spettacolo-rivelazione, e Augusto (spettacolo sul bisogno di sentirsi amati) 2018, dove la pratica fisica e vocale attraverso la quale viene concesso agli interpreti di esprimersi è esclusivamente quella della risata a oltranza.
L’abbiamo incontrato il 21 giugno sulla terrazza di Ca’ Giustinian, in compagnia dei suoi studenti e di suo cugino tra un marcapiano gotico e una vista sicuramente d’impatto:
Gaspar Ozur: Quale è stata la genesi di questo progetto per Biennale Danza?
Alessandro Sciarroni: Sono arrivato a Venezia con un paio di progetti in testa. Ho capito cosa fare con i ragazzi solo dopo averli conosciuti. Ho capito che mi trovavo davanti ad un gruppo molto solido e ho voluto rischiare intraprendendo un progetto completamente nuovo assieme a loro.
Per tutto l’inverno due dei danzatori che collaborano con me (Gianmaria Borzillo e Giovanfrancesco Giannini) sono andati a Castelsanpietro, vicino Bologna, per imparare una danza popolare chiamata Polka chinata. Il loro insegnante è stato il Maestro Giancarlo Stagni, la persona che attraverso la scoperta di alcuni materiali video degli anni sessanta ha ridato vita a questa danza ormai estinta. Gianmaria e Giovanfrancesco a Venezia hanno trasmesso la danza ai danzatori del college e io ho montato la coreografia. L’idea che ci ha accompagnato quindi era quella di lavorare su qualcosa di fragile, una danza in via d’estinzione, e di manifestare il suo mistero.
GO: Sussiste una sorta di re-enactment rispetto a modelli passati all’interno della struttura di Augusto? Quali sono le fonti?
AS: La mia ricerca ruota intorno alle dinamiche di gruppo, ai moti circolari e al mistero dell’esistenza. Dalla scrittrice Virginia Woolf ho ereditato l’idea di comporre seguendo il ritmo degli eventi. Il contenuto, il senso, la drammaturgia, arrivano sempre dopo. Mi riconosco nei suoi romanzi rispetto all’idea di scrittura intesa come un “fluire”. Questo è un elemento che è presente in tutti i miei lavori. Ma non c’è nessun tentativo di citare i lavori passati in Augusto. É il lavoro dalle tonalità più “scure” che io abbia mai fatto e per la prima volta mette in campo un elemento che è in grado di creare empatia, ma anche un forte senso di rifiuto da parte dello spettatore: la risata.
Nel lavoro cerchiamo di tenere in equilibrio questi due elementi: è su questo che riflettiamo ogni volta che arriviamo in un nuovo spazio assieme alla straordinaria squadra di performer che si trova a ridere per un’ora intera durante lo spettacolo.
GO Lavori spesso con i giovani, come é stato a Venezia?
AS: Lavoro spesso con i giovani poiché la mia è una compagnia indipendente, non riceviamo finanziamenti dal Ministero per la produzione e quindi il mio lavoro nasce sempre in collaborazione ad altri artisti freelance. La nostra non è una compagnia in senso tradizionale, ma è composta da collaborazioni.
A Venezia i partecipanti erano appena ventenni. Come ti dicevo mi sono trovato davanti un gruppo particolarmente affiatato e dei seri professionisti. É stata un’esperienza straordinaria. Ho trovato particolarmente interessante la loro dedizione nell’apprendere una danza così distante dal mondo del contemporaneo, la loro insistenza e il loro entusiasmo.