Testo di Antongiulio Vergine —
In occasione della Biennale di Venezia del 1972, il Padiglione Italia passava in rassegna lavori facenti parte delle due macro-categorie che caratterizzavano allora il “fare” arte. Opera o comportamento venne scelto come titolo della mostra, curata da Francesco Arcangeli e Renato Barilli: il primo si dedicò alla sezione “Opera”, reclutando artisti che si confrontavano con le forme espressive di pittura e scultura; il secondo organizzò quella intitolata “Comportamento”, la quale metteva in scena lavori costituiti da interventi che gli artisti effettuavano direttamente sulla realtà circostante. L’obiettivo della rassegna, però, non fu quello di mettere in contrapposizione due modi di intendere l’atto artistico, quanto, piuttosto, come affermò lo stesso Arcangeli, di conciliare “un modo di essere e un altro modo di essere dell’arte”.
Questo è ciò che sta avvenendo anche all’interno degli spazi della galleria T293 di Roma. Dall’8 giugno 2019 al 3 agosto 2019 è possibile apprezzare infatti due modi diversi di fare arte – altrettanto intensi e potenti – grazie alle due personali dedicate a Jana Schröder e Edoardo Caimi, intitolate rispettivamente Kadlites RS6-17e B.L.I.S.S..
La prima racchiude un ciclo di lavori – dodici in tutto – che si ricollegano idealmente a quelli esposti nel 2016 sempre all’interno della galleria romana: la cifra stilistica dell’artista tedesca consiste infatti nell’andare alla ricerca di un proprio alfabeto segnico capace di rendere grazia agli sforzi fisici e mentali derivanti dal “fare” artistico. Come le opere del 2016, anche queste della serie Kadlites consistono in un groviglio di segni sovrapposto, in questo caso, a superfici monocromatiche di colore giallo: le tracce, impresse ricorrendo all’utilizzo della grafite e del pennello, risultano più fluide e sinuose rispetto ai lavori precedenti e individuano le scie motorie compiute dall’artista durante l’atto. L’astrattismo segnico della Schröder, memore della lezione di una branca dell’Informale rappresentata, tra gli altri, da Hans Hartung e Cy Twombly, invita lo spettatore ad immergersi nei vortici di una calligrafia libera e incontrollata, capace di trasmettere con medesima intensità l’energia che contraddistingue l’esperienza creativa dell’artista.
Per quando riguarda la personale di Edoardo Caimi – la quale rappresenta il suo esordio all’interno di una galleria privata – l’azione dell’artista si espande nel mondo circostante, sfociando nell’operazione del prelievo. B.L.I.S.S. infatti consiste in alcune installazioni composte da pneumatici, sui quali sono stati impressi dei segni colorati.
Il gesto, in questo caso, si ripete quindi due volte: nella raccolta di oggetti comuni, ricontestualizzati nello spazio espositivo, e nella volontà di contrassegnarli. Il tutto deriva dall’esperienza di Caimi maturata nel campo della grafica e dell’illustrazione, confluita poi nella sperimentazione di un’arte urbana il cui obiettivo è quello di ridare nuove speranze ad un mondo che sembra sgretolarsi in maniera inesorabile. Il campo d’azione dell’artista si svolge infatti nell’odierna civiltà industriale, decadente e in rovina, e il suo intento è quello di creare una sorta di riparo, una barriera – come in B.L.I.S.S. – in grado di proteggerci da questo inevitabile destino.
“Opera o comportamento”, così come successe per la Biennale del 1972, sono quindi le categorie, intercambiabili e mai in contrasto, che è possibile apprezzare negli spazi della galleria T293 di Roma: Kadlites RS6-17 di Jana Schröder e B.L.I.S.S. di Edoardo Caimi, oltre a far riflettere sull’operato dei due artisti, riattualizzano così il tema che caratterizza la duplice essenza del “fare” artistico.
Jana Schröder — Edoardo Caimi
T293 Gallery
Dall’8 giugno 2019 al 3 agosto 2019