Diego Marcon torna a Lo Schermo dell’Arte con La Gola (2024) il racconto dello scambio epistolare tra Gianni e Rossana, due personaggi rappresentati da bambole iperrealistiche con espressioni animate digitalmente.
I personaggi così come le relazioni e gli ambienti sono caratterizzati da ambiguità e un velo di inquietudine. Il dialogo tra Gianni e Rossana viaggia su due registri completamente diversi, palesando una pensante incomunicabilità di fondo: Gianni le racconta la cena preparata dal suo amico cuoco Baptiste con attenzione a non lasciare nessun particolare, Rossana descrive invece ossessivamente l’evolversi della malattia della madre anziana. La narrazione è incalzante, gli sfondi non hanno nessun collegamento con il mondo reale e si fanno sempre più astratti e surreali e anche la musica, composta da Federico Chiari e suonata all’organo del Duomo di Bergamo, cresce caricandosi di una forte emozionalità. Il racconto diventa quasi caricaturale e si viene a creare un divario incolmabile tra i due.
La narrazione porta lo spettatore a riflettere su temi personali ma anche ad avvicinarsi emotivamente ai personaggi rimanendo in bilico tra l’empatia e la cosapevolezza critica della falsità dell’immagine.
La Gola è stato presentato ad ottobre 2024 alla Kunsthalle Wien e sarà in sala per Lo Schermo dell’Arte venerdì 15 novembre. Con l’occasione abbiamo rivolto qualche domanda a Diego Marcon —
Arianna Canalicchio: Che rapporto hai con Lo schermo dell’arte?
Diego Marcon: La prima volta che sono stato al festival era nel 2014, come partecipante al progetto VISIO. È stata una settimana molto bella, passata con amici con cui sono in contatto. Negli scorsi anni mi è capitato poi di presentare alcuni film nel programma. Mi fa piacere tornarci, è un festival fatto di persone che amano fare i film e di ospiti, si crea un ambiente molto informale e comunitario che credo sia qualcosa di speciale nel mondo del cinema cosiddetto indipendente.
AC: Torni allo Schermo dell’arte con il lavoro La Gola, puoi dirci qualcosa di più su questo titolo?
DM: La Gola è un melodramma epistolare in cui Gianni scrive quattro lettere a Rossana, e Rossana quattro a Gianni. Attraverso le sue lettere, Gianni racconta a Rossana di quattro portate che un amico cuoco gli fa assaggiare, forse in preparazione a una importante cena. Nelle sue lettere invece Rossana racconta a Gianni di quattro violente esplosioni sintomatologiche della malattia della madre, che cura al capezzale.
AC: Quanto è importante la tecnologia nei tuoi lavori?
DM: Ho a che fare con la tecnologia dal momento in cui è attraverso la tecnologia — o meglio, attraverso diverse tecnologie — che vengono realizzati i film. Una riflessione sulle tecnologie è quindi inevitabile, ma non penso che il mio lavoro sia particolarmente dedicato alla tecnologia.
AC: Cosa hanno di umano e cosa di meccanico i tuoi personaggi?
DM: L’unico lavoro in cui ho lavorato con dei personaggi meccanici è Dolle (2023), un film che ha come protagonista alcune talpe, impegnate a fare dei conti. Le talpe sono degli animatroni — quindi dei pupazzi robotici, che si muovono programmati da un computer. Questa è l’unica volta dove ho utilizzato dei personaggi meccanici. In altri casi ho impegnato pupazzi statici (La gola) o protesi indossate da performer umani (The Parents’ Room), piuttosto che personaggi interamente realizzati e animati in 3D (Ludwig, Fritz).
AC: Nei tuoi lavori si è spesso trasportati in ambienti molto intimi, viene quindi spontaneo chiedersi se in La Gola ci sia un qualcosa di autobiografico o che ti riporta a dei ricordi personali?
DM: No non c’è niente di autobiografico.
AC: Vuoi anticiparci qualcosa sui tuoi prossimi progetti?
DM: Stiamo lavorando a un nuovo film, un musical/balletto intitolato Krapfen che verrà presentato il prossimo autunno.