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Sahara: What is Written Will Remain | Gallerie delle Prigioni, Treviso

[nemus_slider id=”74542″] — Ha una facciata austera e uno stile sobrio, la nuova casa della collezione Imago Mundi di Luciano Benetton. Il restauro conservativo e minimalista compiuto dall’architetto Tobia Scarpa sulle ottocentesche carceri asburgiche di Treviso, ha conservato le tracce della sua storia, dalle scritte malinconiche incise dai prigionieri qui reclusi agli elementi architettonici superstiti […]

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Ha una facciata austera e uno stile sobrio, la nuova casa della collezione Imago Mundi di Luciano Benetton. Il restauro conservativo e minimalista compiuto dall’architetto Tobia Scarpa sulle ottocentesche carceri asburgiche di Treviso, ha conservato le tracce della sua storia, dalle scritte malinconiche incise dai prigionieri qui reclusi agli elementi architettonici superstiti come grate, porte blindate, catene e spioncini nei muri. Mantenere la memoria era una degli obiettivi di Scarpa che, pur ripulendo lo spazio e mutandolo in luogo museale, ha mantenuto gli spazi angusti delle celle e lo spirito introflesso che si addice ai luoghi d’espiazione.

Le Gallerie delle Prigioni inaugurate, non a caso il 4 aprile, data in cui ricorre il cinquantenario dalla morte di Martin Luther King, diverranno un laboratorio per le sperimentazioni interdisciplinari a partire dalle opere della collezione Imago Mundi, la grande raccolta composta da più di 25000 opere su tela grandi 10×12 cm, e provenienti da oltre 150 nazioni. La collezione, iniziata da Luciano Benetton alcuni anni fa, è stata esposta, a oggi, solo in mostre temporanee cha hanno toccato varie città in tutto il mondo; le Gallerie saranno la loro nuova sede fissa nel centro storico del capoluogo della Marca. La programmazione s’incentrerà su mostre sui paesi che compongono la collezione, e di lì si svilupperanno esposizioni di volta in volta diverse, a seconda delle nazioni e dei temi toccati dalle opere esposte. È perciò una vocazione all’incontro e alla conoscenza quello che si auspicano il suo fondatore e il team che ha lavorato alla mostra inaugurale. Come primo viaggio si è scelto un excursus nel più grande deserto caldo del pianeta, “Sahara: What is written will rimain” a cura di Alexandra Etienne, Suzanna Petot e Nicolas Vamvouklis, fino al 20 maggio, in cui si espone, oltre a 700 opere da Algeria, Libia, Mali, Niger e popoli Tuareg, tredici artisti, undici dalle collezioni: Rachid Koraichi, Nadia Kaabi-Linke, Zoulikha Bouabdellah, Hadia Gana, Zineb Sedira, Oussama Tabti, Takwa Barnosa, Yazid Oulab, Samia Ziadi, Aboubakar Fofana, Boubakar Sadek, e due, il collettivo austriaco Jürgen Kleft e l’artista greca Esmeralda Kosmatopoulos, cui sono state commissionate nuove produzioni.

Esmeralda Kosmatopoulos - Livre d or, 2018
Esmeralda Kosmatopoulos – Livre d or, 2018
Esmeralda Kosmatopoulos - Livre d or, 2018
Esmeralda Kosmatopoulos – Livre d or, 2018

La mostra s’incentra sulla parola, scritta, parlata o disegnata, intesa come gesto, come residuo della memoria e come affermazione dell’identità. Parola e linguaggio divengono termini di confronto, come avviene nell’opera di Zineb Sedira, artista franco-algerina di stanza a Londra, che presenta un video a tre canali in cui mette a confronto tre generazioni di migranti, a cavallo fra tre lingue e tre identità che s’intersecano: fra arabo e francese in un dialogo fra la madre e l’artista, tra francese e inglese tra quest’ultima e la figlia, e, infine, fra arabo e inglese tra nonna e nipote. O come Rachid Koraichi, autore di un arazzo che rappresenta un’ode visiva al poeta sufi Farid al-Din ‘Attar, attraverso segni reali e immaginari estrapolati da testi islamici e tradizioni calligrafiche ricamate su cotone; o, infine, come nell’opera commissionata a Esmeralda Kosmatopoulos, che riproduce con neon bianchi le scritte superstiti dei carcerati e li ripresenta come sulle pagine di un libro degli ospiti su uno sfondo dorato, dando visibilità a ciò che rimarrebbe invece fra le righe.

Questo viaggio nel Sahara, con le sue deviazioni e i tanti stimoli, presenta opere che forse divagano, ma contribuisce a comporre un mosaico che investe il deserto di molteplici visioni e ci dà uno spaccato caleidoscopico, fra il naif e l’onnicomprensivo, di questa parte d’Africa.

Yazid Oulab - Main, 2017
Yazid Oulab – Main, 2017
Aboubakar Fofana - Les Arbres a bleus, 2006
Aboubakar Fofana – Les Arbres a bleus, 2006