[nemus_slider id=”51427″]
La mostra si sviluppa come un vicendevole omaggio che il padre ha fatto alla figlia e, viceversa, che la figlia ha fatto al padre. Tutto nasce da un diario. Lo scorso anno Ryan Gander ha regalato ad Olive May un taccuino Moleskine, con l’idea di farle imparare l’importanza di tenere i suoi disegni tutti raccolti assieme in un libro piuttosto che in fogli sparsi sul pavimento. La reazione della bambina a questa “costrizione” è stata immediata: mezz’ora dopo si è presentata dal padre dicendo “Ho finito” e riconsegnandogli l’agenda. Il padre ha aperto il taccuino aspettandosi dei disegni, ma invece ha trovato tutte le pagine strappate in modo diverso, senza neanche un segno di pennarello. Da qui nasce l’idea di recuperare tutto il “salvabile” da quest’atto di distruzione creativa: l’artista ha fatto delle scansioni dell’agenda e le ha assemblate in due grosse stampe su alluminio, costruendo una composizione che evidenzia come da questa serie di strappi – casuali? apparentemente casuali? – emergono sagome di lampade, vasi, forme geometriche e buffe facce di animali.
Il risultato è “La ridistribuzione di tutto ciò che è buono”, primo lavoro collaborativo di Gander con la figlia e nucleo centrale di “Jolly Grown Up”, in cui l’artista ha raccolto e ricontestualizzato una serie di oggetti realizzati dalla figlia. Come sottolinea Francesca Referza, “la parte manuale o l’input viene da Olive, poi la parte concettuale è stata costruita attorno alla manualità dal padre Ryan”.
Uno dei lavori che meglio esprime questo rapporto è “Original model for Bad thing seen from different perspective”. Gander è stato invitato a partecipare ad un progetto di arte pubblica per la realizzazione di una scultura da collocare al Dulwich Park di Londra, al posto di una scultura di Barbara Hepworth che era stata rubata. Olive May, suggestionata da questo evento, ha rappresentato con la plastilina gli attori che secondo lei avevano commesso il furto: un ladro e la giraffa sua aiutante.
Un titolo ipotetico per questa recensione potrebbe prendere spunto proprio da questa vicenda: “Sfruttamento minorile da Quartz Studio”, perchè in pratica la bambina gioca e il padre si appropria sia dei suoi giocattoli che del suo giocare per trasformarli in opere d’arte. In realtà la questione è più sottile e complessa. Ryan Gander raccoglie quello che inconsciamente ha seminato: l’artista riconosce la sua influenza negli oggetti creati dalla figlia, e attraverso questi è come se stesse cercando di realizzare uno dei sogni segreti di ogni padre: ricostruire il ritratto di come lui appare agli occhi della figlia.
In questa mostra la ricerca di Ryan Gander si sposta dal campo artistico ad uno più privato: possiamo infatti interpretare la sua vicenda personale in un contesto molto più ampio che racconta come i genitori creano e condividono con i propri figli degli spazi intimi e al tempo creativi . E’ come se questa serie di lavori costituisse un’ideale mappatura del rapporto padre-figlia, un diario dell’influenza inconscia che Ryan ha su Olive May, costruito con gli strumenti e le tecniche della sua particolare ricerca artistica. E’ curioso che il tutto sia partito casualmente da un taccuino dove raccogliere spontanei e ingenui disegni infantili. Sarà davvero interessante seguire le future evoluzioni di questa speciale collaborazione.
Quartz Studio, mostra visitabile fino al 9 gennaio 2016