C’è un invito implicito nel titolo della mostra R.S.V.P. Résonnez, S’il Vous Plaît: non soltanto a rispondere, ma a risuonare collettivamente. Alla Scuola Piccola Zattere, questo impulso diventa la struttura stessa del racconto espositivo, che raccoglie le ricerche sviluppate durante un anno di residenze e fellowship e le trasforma in un tessuto polifonico dove ogni gesto creativo emerge in un richiamo reciproco tra pratiche, corpi e saperi. Le curatrici Irene Calderoni e Margherita Falqui orchestrano un percorso che si articola attraverso ritorni, riverberi e congiunzioni: un sistema aperto che trova nella nozione di score – mutuata dai cicli RSVP di Lawrence e Anna Halprin – la sua forma generativa e il suo principio metodologico.
Halprin considerava la partitura un dispositivo capace di attraversare il tempo, di connettere individui distanti permettendo a più soggetti di entrare insieme nell’atto della creazione. Questa idea di processo circolare attraversa tutte le opere in mostra, dove la ricerca è intrisa da differenti pratiche, che si sfiorano e si trasformano a vicenda.
La risonanza, del resto, è già inscritta nel lavoro di Aliaskar Abarkas, che esplora le potenzialità collettive delle pratiche acustiche e somatiche, trasformando gesti semplici in spazi di apprendimento condiviso. Durante la residenza veneziana, l’artista rilegge Il Cimento dell’Armonia e dell’Inventione di Vivaldi come se fosse un organismo vivo, una struttura musicale pronta a essere riattivata attraverso processo compositivo condiviso che è insieme comunità e ricerca. L’installazione sonora e le opere in vetro fuso diventano non solo interpretazioni visive di una partitura ma superfici spirituali, cosmogrammi in cui musica, rituale e luce si intrecciano in un’unica pratica di ascolto espanso.
Se Abarkas lavora sulla risonanza come esperienza condivisa, Nabil Aniss la declina come tensione politica e simbolica. La sua video installazione Where Architecture Ends pone la Zaouia – luogo di ritiro nella tradizione di specifiche comunità diasporiche marocchine – come un dispositivo di emancipazione: non un rifugio, bensì un limite che genera possibilità.

Attraverso materiali d’archivio e la performance del coreografo Bilal Elhad, Aniss mostra come i corpi marginalizzati possano riappropriarsi del proprio potere attraverso stati di trance e movimenti collettivi carichi di storia e urgenza politica. La Zaouia diventa così uno spazio di risonanza affettiva dove assenza e attivazione coincidono.
Lo spazio condiviso dello score prende poi forma architettonica nel progetto OSA – Osservatorio Sant’Anna, ideato da Maria Eugenia Frizzele e dal duo Lemonot. Qui l’atto del risuonare diventa rigenerazione urbana, immaginazione civica e costruzione di scenari futuri. Viene presentato – attraverso una struttura che si articola tra il design e l’architettura – un video: un archivio vivo fatto di workshop, tavole rotonde e paesaggi sonori. L’infermeria militare di Sant’Anna a Venezia si prefigura come luogo dove la partecipazione non viene solo documentata ma continuamente riattivata. L’installazione presentata in mostra restituisce questo processo come un organismo in trasformazione, una piattaforma di possibilità che interroga criticamente le metodologie partecipative e la natura stessa dell’architettura come pratica collettiva.
Il concetto di risonanza viene presentato non solo come appartenente al suono ma diventa anche ciò che passa tra i corpi e tra le storie. È una vibrazione silenziosa, come quella convocata da Diana Anselmo nella sua lecture-performance Pas Moi, qui trasformata in installazione. Attraverso archivi e narrazioni, l’artista racconta la sua ricerca storica rispetto alle tecnologie dei primi strumenti di registrazione del suono e dalla loro connotata normatività, imposta dagli udenti. Parlando da una prospettiva sorda e segnante, Anselmo costruisce una genealogia alternativa dell’atto di ascoltare, rifiutando il fonocentrismo e evidenziando il valore politico di forme di percezione plurali. Nei suoi lavori, il silenzio non è mancanza ma sintassi.
R.S.V.P. Résonnez, S’il Vous Plaît è dunque più di una restituzione di fine percorso. Si tratta di una mostra che chiede al pubblico non una risposta formale ma l’adesione ad una certa sensibilità: un invito a farsi parte della risonanza, a entrare nel ritmo di una comunità che si compone e ricompone come una partitura aperta.
Cover: BB Studio – Scuola Piccola Zattere, RSVP, Nabil Aniss © Matteo de Mayda

