Bologna, 20/07/2018
TI AMO DAPPERTUTTO
Care Lisa ed Elena,
nel ringraziarVi dell’invito a Summer Readings eccomi con il contributo promessoVi.
Da quando mi avete scritto mi sono spostata di continuo, seguendo un grosso trasloco e qualche fuga imprevista tra lavoro e piacere.
La mia solita biblioteca in questo momento è perciò restituibile solo come immaginazione: incastrata a tetris insieme ad abiti e utensili, allontanata geograficamente tra una nuova cantina e una vecchia soffitta.
Ho riflettuto riguardo la frequenza di questa situazione di spostamento, essa mi porta a desiderare e scegliere innanzitutto leggerezza di bagagli.
La mia relazione con libri e lettura è perciò quella di un continuo sfasamento temporale: ricordo le letture passate, e l’emozione suscitata manomette irriverente l’aderenza alla veridicità della fonte. Immagino la condizione futura, dove volta dopo volta, compongo a occhi chiusi l’immagine di una casa-base, luminosissima, con una libreria perimetrale lungo tutti i muri. Le letture divise per argomenti e stati d’animo, quasi a seguire un rigore stagionale. Per arrivare a quelli più alti utilizzo una scala con le ruote che mi ricorda la postazione degli arbitri nei campi da tennis.
Per quanto riguarda la mia ricerca artistica, nell’ultimo anno mi sto dedicando allo studio e alla pratica della voce e della conversazione. Le parole, mute e pronunciate. Disegni e armonie. Non vedo separate le cose che faccio e cerco come artista e quelle che faccio e cerco come donna. Mi piace nutrirmi di opposti, senza il tentativo di riequilibrarli, seguendo l’attrazione che li identifica come parte organica di un’unica dimensione, che gioca falsetti semantici, che non capisce dicotomie o separazioni. Non vi è più cultura pop e studio intellettuale, ma osservazione e fusione continua.
Leggo tutti i giorni. Leggo piano, leggo sempre. Leggo le cose che trovo. Leggo la città, gli annunci per strada, attaccati al semaforo pedonale, nelle insegne commerciali, nei dorsi dei camion e degli aerei.
Le parole sono ovunque, arrivano senza essere cercate. Leggo i cognomi nei campanelli, i nomi delle vie, le descrizioni dei prodotti al banco del bar. Leggo le scritte sui muri. Sulle tazze delle case in cui sosto. Indicazioni, firme, richieste, imprecazioni, dichiarazioni.
Rifletto riguardo il loro colore, la loro forma e formazione, lettere, parole, frasi, ognuna suggerisce un gorgoglio inespresso. Si stende indifferente.
E così imparo, studio, colleziono, interrogo, penso, annoto, dimentico, fino a rendermi conto di stare già sempre leggendo una scrittura infinita. Mescolo le frasi con il ricordo dei testi già letti e con la meraviglia nel trovarne di nuovi. Come un respiro circolare sono narrazioni a capitoli, che si spengono e accendono continuamente, ritornano cariche di mistero, fiducia; mi parlano, come tutto del resto, del tempo. Mi trattengono nel presente, unico luogo di paradossale incontro e annullamento di passato e futuro.
Un saggio letto e riletto e immancabile punto di riferimento: Il narratore di Walter Benjamin.
L’ultimo libro letto: L’isola del tesoro di Robert Stevenson, trovato nell’agriturismo dove ho soggiornato lo scorso fine settimana.
Allego di seguito le foto del mio luogo preferito di studio e lavoro + delle letture.
Buona giornata,
Mia