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ReA! Fair: una fiera dedicata agli artisti emergenti | Intervista con il team

La data dell’inaugurazione della quinta edizione di ReA! Fair si avvicina Abbiamo posto alcune domande alle curatrici e organizzatrici della fiera per scoprire le novità e le proposte di dell’edizione 2025.

Dal 12 al 15 giugno, torna a Milano la ReA! Fair, l’unica fiera dedicata agli artisti emergenti, giunta alla sua quinta edizione. La prima novità della fiera è il cambio di ‘stagione’, abbandonata la data autunnale, ora la nuova data si presenta propizia anche in relazione al cambio di location. ReA! Fair si svolge quest’anno presso OPOS, un spazio situato nel cuore del Certosa District di Milano. Organizzata da ReA! Arte, associazione culturale no profit fondata da Maryna Rybakova e Pelin Zeytinci, la manifestazione rappresenta un’occasione per scoprire nuove voci dell’arte contemporanea nazionale e internazionale in un contesto aperto e inclusivo.
Protagonisti di quest’anno sono 50 giovani artisti selezionati dal comitato scientifico composto da Maria Myasnikova, Erica Massaccesi, Rita Meschiari, Valeria Conti, Milena Zanetti e Vittoria Martinotti. La selezione è avvenuta dopo aver visionato oltre 500 candidature provenienti da diverse parti del mondo.
Per fare il punto di questa quinta edizione, scoprine le novità e la gestazione nel nuovo spazio abbiamo posto alcune domande al team della fiera. 

Elena Bordignon: Cosa significa davvero sostenere artistə emergenti in un mondo dell’arte saturo e dominato dallo spettacolo? Un Art Fair può essere radicale — o è un ossimoro?

Maria Myasnikova:Sostenere gli artisti emergenti significa creare condizioni in cui il rischio non venga punito, in cui la complessità possa esistere senza necessitare di spiegazioni immediate, e in cui la visibilità non sia soltanto performativa. Non si tratta di inserire nuovi nomi in vecchi sistemi, ma di mettere in discussione quegli stessi sistemi. Può una fiera d’arte essere radicale? Forse non per definizione, ma può certamente rifiutarsi di essere docile. ReA! non esiste per assecondare il mercato, esiste per interromperlo.

EB: ReA è stata fondata per sfidare i modelli tradizionali di accesso e visibilità — ma il mondo dell’arte si è evoluto da allora, o resta ancora ancorato a strutture di gatekeeping superate?

Maria Myasnikova:  Il linguaggio è cambiato — inclusività, diversità, accessibilità — ma le strutture rimangono ostinatamente intatte. Ciò a cui stiamo assistendo è una simulazione di progresso, spesso orchestrata dagli stessi attori che hanno sempre detenuto il potere. ReA non è stata progettata per adattarsi docilmente a queste dinamiche; ciò che ci interessa è riscrivere le condizioni di accesso.

EB: Le fiere d’arte vengono spesso accusate di essere più orientate al commercio che alla cultura. Come riesce ReA a trovare un equilibrio tra sostenibilità di mercato e integrità curatoriale?

Milena Zanetti:Le Fiere sono governate dalle tendenza commerciali dettate dalle gallerie e dunque dalle proposte individuali che spesso non riescono a creare un coro univoco in nome dell’integrità culturale. ReA Fair, a differenza di tutte le altre Fiere, non deve tenere conto di guidare le istituzioni della cultura ma interagisce direttamente con l’artista stesso permettendoci di “giocare” con le relazioni che questo può intraprendere tramite le narrazioni altrui. Il team curatoriale si occupa da sempre di portare una versione meno sovraccarica di Fiera e quest’anno, la riduzione del numero di artisti a 50, ci permetterà di approfondire ulteriormente questo aspetto per testare come l’equilibrio tra proposta curatoriale e evento commerciale possa influire sul nostro pubblico e la sua interazione a questo tipo di fenomeni. 

EB: Se la visibilità è una forma di potere, come si fa a non riprodurre le stesse gerarchie che si cerca di smantellare? Chi viene visto, e chi resta ancora invisibile?

Maria Myasnikova: Si comincia riconoscendo i propri punti ciechi. Si pongono domande scomode. Si dice «no» alla comodità. Curare non è un atto neutrale, è personale. Con ReA! cerchiamo di decentralizzare l’autorialità, di ascoltare più di quanto parliamo. Ma sappiamo anche che la sola visibilità non è sinonimo di liberazione. Deve accompagnarsi all’agency, alle infrastrutture, alla longevità.

Ohii Katya, Buffet of the Odd, 2024, sculpture in sterling silver, PH Guglielmo Daloiso

EB: Cosa significa “successo” per ReA — vendite, dibattito critico, percorsi artistici, o qualcosa di più intangibile? 

Maryna: Il nostro successo collettivo è sicuramente rappresentato da alcuni dei nostri ex partecipanti, per i quali abbiamo potuto agire da trampolino di lancio, offrendo quella spinta necessaria per entrare in contatto diretto con il mercato dell’arte. È gratificante osservare i progressi di alcuni artisti delle edizioni passate che hanno continuato a perseguire il proprio percorso creativo, raggiungendo traguardi importanti, come una carriera artistica a tempo pieno, la rappresentanza da parte di gallerie di rilievo, mostre personali in sedi prestigiose come la Saatchi Gallery di Londra, o collaborazioni con marchi come Tiffany & Co o Gucci, tra molti altri.
D’altra parte, il nostro successo si misura anche con la nostra capacità di attrarre un pubblico “non addetto ai lavori”, contribuendo così a smantellare la percezione dell’arte contemporanea come qualcosa di “inaccessibile” o “intimidatorio”. Le vendite sono ovviamente importanti per la sostenibilità del progetto, ma restano secondarie rispetto alla missione principale: creare una piattaforma accogliente sia per artistə che per visitatori, che non supporta le pratiche di esclusione tradizionali.

EB: In un’epoca di curatela social, gusto algoritmico e omologazione estetica, come si riconosce un lavoro che appare urgente, necessario e non filtrato? 

Rita Meschiari: In un panorama in cui la visibilità spesso dipende da logiche automatiche, crediamo sia fondamentale restituire centralità all’ascolto, alla complessità, all’imprevisto. Nella selezione degli artisti e delle opere non ci interessa ciò che funziona perché somiglia a qualcos’altro, ma ciò che emerge con autenticità, anche se in forme non riconoscibili o fuori tendenza. Ci lasciamo orientare da ciò che disorienta, da opere che aprono domande anziché dare risposte immediate. È in questo spazio non calcolato che riconosciamo un valore vero, che non si può replicare né semplificare. La nostra scelta è editoriale, mai automatica: ogni artista è parte di un discorso costruito con attenzione e responsabilità. Ed è proprio questa libertà dal calcolo a permetterci di sentire che un lavoro ha qualcosa da dire, e che vale la pena ascoltarlo.

EB: Descrivete ReA come una piattaforma per nuove voci — ma come evitare che diventi un trampolino verso l’assimilazione, invece che uno spazio di reale rottura?

Maria Myasnikova: È questo il paradosso, no? Il sistema premia la visibilità, poi la diluisce. Il nostro compito è proteggere l’attrito, non smussarlo. Restiamo in dialogo con i nostri artisti, manteniamo una struttura porosa e non abbiamo paura della contraddizione.

EB: Cosa significa davvero “emergente” nell’economia culturale contemporanea? È una questione di età, visibilità, riconoscimento istituzionale — o è proprio il termine a essere ormai problematico?

Maria Myasnikova: “Emergente” è diventato un eufemismo — un’etichetta comoda per gestire il rischio. Ma per noi non è una semplice fase o una categoria. A ReA!, emergente non è solo una fascia d’età o una voce nel curriculum: lo consideriamo una posizione di potenziale — uno spazio in cui tutto può ancora accadere, un rifiuto di conformarsi.

Tanatosi installation

EB: Che ruolo giocano il fallimento, il rischio o persino il disagio nelle vostre scelte curatoriali? Avete mai scelto opere proprio perché non giocano sul sicuro? 

Erica Massaccesi: Uno degli aspetti più interessanti di ReA! è la libertà di poter sperimentare a stretto contatto con gli artisti come mai potremmo al di fuori di questo contesto. La loro selezione avviene insieme e quello che ogni anno ci diciamo fin da subito è di voler scoprire il potenziale di ognuno, anche se questo vuol dire rischiare. Allo stesso modo è molto importante per tutte noi l’ascolto; saper ascoltare il parere o il giudizio di un’altra curatrice del team ci motiva e ci arricchisce continuamente. Non credo che andare sul sicuro sia la prima scelta di nessuna e il prendersi dei rischi è parte integrante del processo. Nel decidere quale opera portare in fiera, infatti, è fondamentale discutere non solo tra di noi, ma anche con gli artisti e lasciare loro il modo di potersi esprimere per poi aiutarli e indirizzarli verso scelte spesso azzardate. Sicuramente col passare delle edizioni siamo molto meno ingenue e a oggi sappiamo molto bene fin dove ci si può spingere con determinate scelte curatoriali, ma ReA! rimane un luogo dove poter giocare con le proprie intuizioni.

EB: La quinta edizione segna una svolta significativa: non solo un cambio di stagione con l’inaugurazione a giugno, ma anche una decisione curatoriale importante — presentare 50 artistə invece dei consueti 100. Come si inserisce questa scelta nel percorso di ReA, e cosa rappresenta per voi nel contesto del quinto anniversario? 

Vittoria Martinotti:Cinque anni sono un tempo liminale. Non è più l’urgenza dell’inizio, ma nemmeno l’assestamento del “già detto”. Per la quinta edizione abbiamo scelto di rallentare, di ridurre, di respirare. Presentare 50 artistə invece di 100 non è stato un gesto di sottrazione, ma di densità. In un sistema che feticizza l’accumulo abbiamo preferito coltivare lo spazio dell’ascolto. È una scelta che parla di sostenibilità, certo, ma anche di cura: curare nel senso originario del termine, prendersi il tempo di instaurare nuove relazioni rifiutando la bulimia visiva del white cube ipercompresso. È una decisione che nasce anche da un recente respiro collettivo che attraversa ReA!, grazie al quale abbiamo deciso di riposizionarci come un organismo corale in cui ogni voce è necessaria. Non c’è una regia solitaria, ma un’alleanza. Ogni scelta si sedimentano nel dialogo, si affina nell’ascolto reciproco. In questo senso, sì, la riduzione è stato un atto consapevole, togliere per lasciare emergere. Il quinto anniversario non è stato pensato come una celebrazione dell’autoreferenzialità, ma un’occasione per ricalibrare il gesto curatoriale. Meno come contenitore, più come contesto, non come vetrina ma come eco.

EB: Altro notevole cambiamento è la location di ReA!. La quinta edizione si svolgerà presso OPOS, uno spazio dinamico situato nel cuore del Certosa District di Milano. Quali sono le potenzialità di questo luogo? 

Dora Casadio: Dopo quattro edizioni nel Ex locale Cisterne della Fabbrica del Vapore, abbiamo sentito la necessità di confrontarci con uno spazio diverso, sia per rimarcare un netto cambiamento rispetto alle edizioni precedenti sia per permettere al pubblico un’esperienza della fiera nuova e, speriamo, migliorata.
Organizzare ReA ad OPOS, soprattutto la V edizione a cui teniamo particolarmente, sarà per noi una sfida, certo, perché non conosciamo lo spazio così come potremmo conoscere quello della Fabbrica, ma anche di un’opportunità, perché OPOS è un luogo non convenzionale, un’ex-fabbrica di elettro-morsetterie, dotato di lucernari pazzeschi che illuminano i diversi ambienti con una straordinaria luce naturale. Sarà estremamente suggestivo vederlo animato con le opere degli artisti selezionati per l’edizione di quest’anno. Inoltre, OPOS ha uno storico legato al sostegno di giovani talenti, infatti, ancora prima della nascita del Salone Satellite, negli anni 90, organizzavano un concorso per designer under 35, quindi risulta essere un luogo con un’identità in linea con i nostri principi.

ReA! Art Fair 2025
V Edizione
OPOS, via Ermenegildo Cantoni 3, Milano
12 – 15 giugno 2025

Il team di REA ARTE, sinistra a destra: Vittoria Martinotti, Benedetta Esposito, Anna Laura Espinosa, Dora Casadio, Maryna Rybakova, Valeria Conti, Livia Ruberti, Rita Meschiari, Erica Massaccesi, Maria Myasnikova, Milena Zanetti, Pelin Zeytinci, Susanna Brunati, Ilona Sarkko – Foto di Anna Ivanova (@xanikka), 2025. Courtesy of REA ARTE
La data dell’inaugurazione della quinta edizione di ReA! Fair si avvicina Abbiamo posto alcune domande alle curatrici e organizzatrici della fiera per scoprire le novità e le proposte di dell’edizione 2025.