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Re-Stor(y)ing Oceania | Ocean Space, Venezia

Re-Stor(y)ing Oceania non è solo una mostra, ma un viaggio immersivo e trasformativo attraverso le culture del Pacifico; invita i visitatori a riflettere sul rapporto tra uomo e natura, tra passato e presente, e a riscoprire il valore delle narrazioni che uniscono le diverse comunità del mondo

Testo di Asia Miniutti

All’interno della suggestiva Chiesa di San Lorenzo a Venezia, lo spazio espositivo di Ocean Space ospita – fino al 13 ottobre 2024 – Re-Stor(y)ing Oceania:una mostra che si propone di ridefinire e trasformare la percezione comune dell’Oceania attraverso una serie di opere che esplorano e celebrano le sue ricche culture e narrazioni. Le protagoniste di questa mostra sono due figure indigene dell’Oceania: l’artista tongana Latai Taumoepeau e l’architetta Māori Elisapeta Hinemoa Heta, invitate a ripensare gli spazi della chiesa veneziana con le loro installazioni site-specific e performative. Queste opere, attraverso un linguaggio visivo e sensoriale unico, mirano ad abbattere le barriere culturali e ad avvicinare emotivamente i visitatori, creando un ponte tra le culture del Pacifico e il pubblico. 

Taloi Havini, artista originaria di Bougainville in Papua Nuova Guinea, torna a Ocean Space dopo l’esposizione personale del 2021, questa volta nel ruolo di curatrice della mostra, commissionata da TBA21 – Academy e Artspace (Sydney) e prodotta in collaborazione con le OGR Torino. Guidata da un metodo ancestrale di “chiamata e risposta”, Havini ha trasformato gli spazi sconsacrati della chiesa in un ambiente che stimola una profonda riflessione sulle gravi minacce alla vita. Il suo allestimento ci esorta a rallentare i nostri ritmi, a opporci alle pratiche estrattive e a coltivare un profondo rispetto per la vita degli oceani, sottolinenando l’importanza della cura e del restauro di ambienti fragili come gli atolli oceanici e mettendo in risalto le molteplici narrazioni che queste terre offrono. 

Un filo conduttore lega le isole del Pacifico alla laguna veneziana: la minaccia crescente dell’innalzamento del livello del mare. Tuttavia, il rapporto degli indigeni con le acque è profondamente segnato da rispetto e sensibilità, in netto contrasto con le pratiche di sfruttamento ed estrazione mineraria che caratterizzano la regione del Pacifico, retaggio di una gravosa eredità coloniale. 

Latai Taumoepeau, “Deep Communion sung in minor (ArchipelaGO, THIS IS NOT A DRILL)”, 2024. Veduta della mostra “Re-Stor(y)ing Oceania”, Ocean Space, Venezia. Commissionata da TBA21–Academy e Artspace, Sydney, e prodotta in collaborazione con le OGR Torino, hub di innovazione e arte. Cortesia dell’artista. Foto: Giacomo Cosua.
Elisapeta Hinemoa Heta, “The Body of Wainuiātea”, 2024. Veduta della mostra “Re-Stor(y)ing Oceania”, Ocean Space, Venezia. Commissionata da TBA21–Academy e Artspace, Sydney, e prodotta in collaborazione con le OGR Torino, hub di innovazione e arte. Cortesia dell’artista. Foto: Giacomo Cosua.

Nel primo ambiente della chiesa, Latai affronta queste tematiche con l’opera Deep Communion sung in minor (ArchipelaGO, THIS IS NOT A DRILL). Questa installazione sonora immersiva è composta da sedici piattaforme disposte su un pavimento specchiante che simula le acque, accompagnate da altrettante pagaie e altoparlanti. I visitatori sono invitati a interagire con l’opera, attivando l’installazione attraverso il movimento delle pagaie, de- terminando così l’intensità e la variazione dei suoni emessi dagli altoparlanti. Quando tutte le piattaforme sono occupate e attivate, l’opera assume una dimensione rituale e collettiva, generando un canto polifonico in onore di Moana (Oceania). Il corpo e i suoi movimenti di- ventano protagonisti, sottolineando l’idea che lo spazio si crea attraverso l’azione, non solo abitandolo. Il corpo, secondo Latai, è il mezzo attraverso cui possiamo generare lo spazio e trasformarlo in un luogo di consapevolezza e responsabilità, considerando l’oceano come un antenato da preservare e rispettare. L’artista esprime inoltre il piacere nell’idea che la danza liturgica possa suscitare una reazione emotiva profonda, manifestata attraverso su- dore e lacrime, considerandola un’offerta significativa all’altare della chiesa.
Il tema dell’offerta ricorre anche nell’opera di Elisapeta Hinemoa Hera, ospitata nell’ambiente adiacente. La sua installazione, The Body of Wainuiātea, si sviluppa su una piattaforma di mattoni di terra e sotto una volta in tessuto le cui dodici pieghe evocano i dodici livelli del cielo. Sedici sedute disposte a cerchio e orientate secondo i punti cardinali, al sorgere e al tramontare del sole, invitano i visitatori a entrare e connettersi. 
Completano l’opera un karanga (un appello cerimoniale riprodotto tre volte al giorno in ono- re di Moana) e dei vasi di zucca intagliata contenenti olio di cocco profumato, posti ai piedi dell’altare. L’artista ha voluto creare uno spazio di condivisione, dove il pubblico possa immergersi nelle storie ancestrali e connettersi con il proprio passato e quello degli altri, gene- rando una dimensione in cui il personale e il collettivo si fondono in un’esperienza osmotica. 

Re-Stor(y)ing Oceania non è solo una mostra, ma un viaggio immersivo e trasformativo attraverso le culture del Pacifico; invita i visitatori a riflettere sul rapporto tra uomo e natura, tra passato e presente, e a riscoprire il valore delle narrazioni che uniscono le diverse comunità del mondo, connettendosi con le voci degli artisti. 

Elisapeta Hinemoa Heta, “The Body of Wainuiātea”, 2024. Veduta della mostra “Re-Stor(y)ing Oceania”, Ocean Space, Venezia. Commissionata da TBA21–Academy e Artspace, Sydney, e prodotta in collaborazione con le OGR Torino, hub di innovazione e arte. Cortesia dell’artista. Foto: Giacomo Cosua.