Una mostra che ci cattura tra trama e ordito, intrecci e cuciture, nodi e maglie.
Re-materialized: The Stuff That Matters la mostra ospitata nelle due sedi della galleria kaufmann repetto di Milano e New York, presenta un progetto che vuole farsi, prima di tutto, sensoriale.
A cura di Astrid Welter, la collettiva presenta le opere di una lunga lista di artista: Lisa Alvarado, Maja Bajevic, Jonathan Baldock, Leda Catunda, Christina Forrer, Jeffrey Gibson, Françoise Grossen, Yee I-Lan, Suzanne Jackson, Charlotte Johannesson, Luba Krejčí, Maria Lai, Barbara Levittoux-Świderska, Rodney McMillian, Hana Miletić, Małgorzata Mirga Tas, Rosita e Angela Missoni, Dianna Molzan, Margherita Raso, Erin M. Riley, LJ Roberts e Pae White.
Re-materialized: The Stuff That Matters si inserisce in un più ampio panorama di progetti dediti alle opere tessili, ponendo finalmente fine al pregiudizio immotivato che considera il tessuto un manufatto artigianale se confrontato con altri linguaggi come quello della pittura, della scultura e della fotografia. Si legge nel comunicato stampa: “Se inteso in senso letterale, ci rendiamo conto che nella nostra esistenza corporea, nulla ci avvolge più intimamente del tessuto, uno dei materiali culturali più antichi.”
Il titolo della mostra è un omaggio a Lucy Lippard e Seth Siegelaub. Il termine “ri-materializzazione” offre una rilettura giocosa di The Dematerialization of Art (1968)1 (La dematerializzazione dell’arte), saggio fondamentale di Lippard che rappresenta oggi una pietra miliare della critica e teoria dell’arte. The Stuff That Matters, invece, è mutuato da una mostra del 2012 ospitata nel centro artistico no-profit di Londra Raven Row, a cura di Sara Martinetti, Alice Motard e Alex Sainsbury. Questa mostra è stata la prima esposizione di una collezione storica di tessuti che Seth ha iniziato a catalogare e raccogliere in più di trent’anni di lavoro e ricerca.
In un’intervista per il catalogo della mostra Siegelaub osserva che gli oggetti tessili avevano, finora, ricevuto poca attenzione sia dalle istituzioni artistiche che dal mercato dell’arte: “Sebbene negli ultimi 20 o 30 anni il tessile come campo del collezionismo sia diventato più apprezzato, non solo economicamente, rimane ancora un tipo di interesse molto arcano e molto specializzato. Nei grandi musei, le collezioni tessili di solito hanno il budget più basso di qualsiasi dipartimento. E’ stata la più minore delle cosiddette arti ‘minori’. Quando si guardano i libri di arte generale e le indagini culturali, i tessuti sono sempre l’ultimo capitolo, ammesso che ci sia un capitolo. Possiamo ipotizzare che fossero così tanto considerati cose pratiche da non essere presi particolarmente sul serio come “arte” (…) Soprattutto se si pensa che i tessuti sono una delle forme di artigianato più onnipresenti e quanto poco se ne vede veramente in termini di mostre.” (Sara Martinetti, Alice Motard, Alex Sainsbury, The Stuff That Matters. Textiles collected by Seth Siegelaub for the Centre for Social Research on Old Textiles, exhibition catalogue, (London: Raven Row, 2012), p. 23
Da allora, nell’asso di tempo di 10 anni, le cose sono un po’ cambiate, basti pensare alle importante mostre organizzate sul tema dei tessuto: basti citare Fiber: 1960 to present di Jenelle Porter all’ICA Boston nel 2014 e Radical Tradition: American Quilts and Social Change nel 2020 al Toledo Art Museum.
Oltre a ribadire l’importanza dell’arte tessile, di diritto da considerare al pari di tutti gli altri mezzi espressivi, il fatto che molti artisti, soprattutto donne, la scelgono, è da considerare come un gesto di indubbio valore politico e sociale perché toccato questioni importanti come il ruolo delle praticanti femminili e il rifiuto delle aspettative di genere; la relazione dei tessuti con l’identità culturale, i codici socioeconomici, la convivenza sociale, ecc.
Barbara Levittoux-Świderska Millipede (Stonoga) 1974 sisal, tree branches 260 x 140 cm / 202.3 x 55.1 in ©The Estate of Barbara Levittoux-Świderska, courtesy of the artist and kaufmann repetto Milan / New York and Richard Saltoun Gallery London and Rome Photo: Benjamin Westoby Charlotte Johannesson HIGH FOREVER 2019 wool, digitally woven 120 x 58 cm / 47.24 x 22.83 in Courtesy of the artist and kaufmann repetto Milan / New York and Hollybush Gardens, London