Puntocon – Prato | Intervista con Cristian Chironi

Cristian Chironi è l’artista invitato al progetto dedicato alla performance contemporanea "Body To Be", a cura dei Kinkaleri
6 Ottobre 2017
Cristian Chironi, Street view, 2013, courtesy l'artista

Cristian Chironi, Street view, 2013, courtesy l’artista

Ha inaugurato da pochi giorni Punto Con Contemporaneo Condiviso, il festival che promuove la valorizzazione del patrimonio culturale del territorio di Prato. Sono dieci i soggetti no-profit coinvolti – Artforms, Associazione [chi-na], C.U.T Circuito Urbano Temporaneo, Dryphoto Arte Contemporanea, Kinkaleri_spazioK, Lato – MOO, Lottozero, Sedici, Studio Corte 17, StudioMDT – invitati a proporre progetti, mostre, workshop e appuntamenti lungo un percorso di archeologia industriale lungo la Val di Bisenzio.

ATPdiary ha scelto alcune realtà da presentare e approfondire.

MLZ – Body To Be, a cura di Kinkaleri (Massimo Conti, Marco Mazzoni e Gina Monaco).
Body To Be è un progetto di Kinkaleri sulla performance contemporanea. Il progetto esplora la dimensione performativa nella città, innescando percorsi artistici pensati per il territorio ed emersi da fasi di produzione partecipata.
Cristian Chironi, l’artista invitato per questa edizione, propone una performance diffusa nello spazio pubblico dell’area del Macrolotto0 di Prato. Il suo progetto, Street View, si concentra sui temi dell’abitare una città, una cultura, una linguaggio; l’esito è quello di dar vita ad un connubio dove personalità individuali e collettive si mischiano per attivare un incontro circolare in cui performer e spettatore possono fondersi in un unico gesto performativo.

Data e Orario: 7 Ottobre 17:30/19.00 Street View
Luogo: strade e luoghi pubblici, Macrolotto0; varie diramazioni via delle Segherie, Prato

Seguono alcune domande all’artista —

ATP: Come è nata la performance Street view?

Cristian Chironi: La performance è nata a Roma, nel 2013, accogliendo l’invito del direttore artistico Michele Di Stefano, a partecipare a Italia Tropici, un progetto della durata di tre giorni, che intercetta quanto si sperimenta e produce in Italia fuori dalla logica strettamente distributiva dei prodotti culturali. Una condivisione di abilità ospitata all’Angelo Mai Altrove occupato, spazio indipendente per le arti, situato  di fronte il viale delle Terme di Caracalla. Rimasi impressionato dal traffico che costeggiava la zona e decisi di lavorare direttamente in strada e dentro quel contesto.  Per Body to Be, un progetto di Kinkaleri (Marco Mazzoni, Massimo Conti, Gina Monaco), che riflette sulla performance contemporanea e che vuole attivare percorsi artistici pensati per il territorio, abbiamo pensato di riposizionare questo lavoro nel quartiere chiamato Macrolotto Zero, una zona adiacente al centro storico, con una spiccata identità legata alla presenza di molti cittadini di origine cinese e di numerose attività commerciali.

Cristian Chironi, Street view, 2013, courtesy l'artista

Cristian Chironi, Street view, 2013, courtesy l’artista

ATP: La performance è stata realizzata in collaborazione con i partecipanti di un workshop che hai tenuto allo spazioK. Mi racconti come hai sviluppato la performance anche e soprattutto in relazione a queste persone?

CC: Il lavoro si è sviluppato attraverso un workshop di tre giorni, che ha visto la partecipazione libera di 7 giovani italiani provenienti da diverse città e 7 giovani cinesi residenti a Prato. Il workshop si è contraddistinto per uno sguardo interdisciplinare intorno ai temi dell’abitare una città, una cultura, un linguaggio, un immaginario, proponendosi come un luogo aperto al confronto, che accoglie modi espressivi diversi. Partendo dalla mia ricerca personale, i partecipanti, attraverso uno scambio di idee, sono stati invitati a ripensare l’opera a seconda delle caratteristiche presenti nel territorio, da realizzarsi in forma di happening collettivo nello spazio urbano, come un esercizio di apprendimento e messa in relazione con l’altro. Il primo giorno è stato di conoscenza e scambio di riflessioni; quello successivo utilizzato per scegliere i posti dove agire; il terzo è stato invece impegnato nella ricerca dei libri e nell’individuazione delle immagini da usare.

 ATP:Mi spieghi meglio il confrontato con la dimensione cittadina e come si svolgerà la performance?

CC: Street view è un’azione diffusa nello spazio pubblico, che mette in relazione diretta opera e fruitore aprendo una riflessione sul concetto di origine, identità, viaggio, visione e integrazione.  I partecipanti al workshop restano in attesa in vari semafori sparsi nella zona, come venditori, fino a quando il segnale gli consente di addentrarsi tra le auto per sfogliare libri su panorami naturali, specie animali, diversità culturali, mondi lontani, etc. Al di là del finestrino scorrono fugaci apparizioni e l’automobilista si ritrova così ad essere spettatore – incuriosito, disturbato, indifferente, distratto – da un’azione fuori luogo e non immediatamente codificabile che rimanda all’altrove extraurbano.

ATP: Street view è una performance pensata in forma di happening collettivo. In cosa consiste, dal tuo punto di vista un ‘happening collettivo’?

CC: Consiste a mio avviso in un lavoro in cui partecipano più persone, cose ed elementi diversi, che vanno a creare una dimensione che non è riconducibile all’ oggetto, ma risulta più vicina ad un esperienza diretta e condivisa. Oltre a Street View, penso alla performance ECO, presentata la prima volta al Museo Madre a Napoli, dove visibile dal basso e dai balconi limitrofi, siedo per l’intera giornata sul muretto esterno della terrazza del Museo, all’ultimo piano dell’edificio, instaurando un rapporto personale ed empatico con il territorio che lo circonda e la città stessa, attraverso un’azione al cui culmine emano ad intervalli prestabiliti un urlo la cui eco, simile a quello che si diffonde nelle valli delle montagne e garantita da un potente impianto sonoro, mira a raggiungere tutta la città e parallelamente le sale interne del Museo, stabilendo un dialogo immaginario e primordiale con il tessuto urbano circostante. Altre esperienze, in cui mi sento vicino a questo approccio sono per esempio nel lavoro realizzato a Casa Wabi, a Oaxaca nel 2017, insieme agli architetti urbanisti di Puerto Escondido; così come nel progetto a lungo termine intitolato My house is a Le Corbusier che mi vede impegnato su dodici nazioni sparse nel mondo; The Cave, 2016; Donkeys Tower 2015; Audioguide 2014; Take Away, 2014.

Cristian Chironi, Street view, 2013, courtesy l'artista

Cristian Chironi, Street view, 2013, courtesy l’artista

Cristian Chironi, Street view, 2013, courtesy l'artista

Cristian Chironi, Street view, 2013, courtesy l’artista

Theme developed by TouchSize - Premium WordPress Themes and Websites