Prossimità di spazi e tempi | Le curatrici raccontano

Alcune domande a Martina Angelotti e Caterina Riva
18 Settembre 2017
© Jordi Colomer

© Jordi Colomer

Continuano i festeggiamenti per il trentennale di uno dei luoghi più lungimiranti e ‘sensibili’ che abbiamo nel sistema dell’arte contemporanea italiana. Negli ultimi tempi, grazie ad un gestione attenta alle ricerche e proposte oltre confine, il Careof ha iniziato a propone artisti, ospiti e progetti dal respiro internazionale. Uno di questi è Prossimità di spazi e tempi a cura di Martina Angelotti e Caterina Riva.
“Partendo dalle domande ‘chi siamo, a cosa serviamo e come vogliamo continuare’ e con l’obiettivo di ri-centrare il discorso sul senso del fare bene e meglio più che su quello del sopravvivere o soccombere, abbiamo invitato tre ospiti internazionali Andrea Phillips, Christophe Meyerhans, Alex Martinis Roe (Formations) a tenere un workshop di cinque giorni, per aiutarci a sviluppare collettivamente diversi temi e riflessioni che riguardano le pratiche di tutti i soggetti coinvolti.”

Il progetto consiste in un workshop a porte chiuse che coinvolge le organizzazioni no profit di Milano assieme ai tre ospiti internazionali invitati a condividere pratiche e riflessioni sul tema dell’istituzione culturale. Sono stati coinvolte nel workshop: Agreements to Zinedine – ATZ; Ariella Vidach; Boite; Careof; The Classroom; Il Colorificio; DANAE Festival; Edicola Radetzky; FANTA Spazio; Kunstverein Milano; MEGA; Pelagica; ZONA K; T-Space; UOVO Kids; Viafarini; Wurmkos.

— Martedì 19, il Careof aprire lo spazio ad alcune attività pubbliche tra cui: dalle 17 – 18 la Lecture di e con Andrea Philips . Per leggere una serie di testi di approfondimento selezionati e pubblicati online, grazie alla collaborazione di KABUL magazine.
— Da venerdì 22 a domenica 24, dalle 10 alle 19 saranno visibili le opere di Danilo Correale, Valentina Desideri e Jordi Colomer.
— Sabato 23, dalle 12 alle 15, si svolge la colazione @ Careof: una appuntamento aperto per raccontare le riflessioni e i risultati del workshop e presentare le opere degli artisti invitati.
Di Danilo Correale, per la prima in Italia Reverie: On the Liberation from Work, un lavoro sonoro nato a New York con uno psicoterapeuta e ipnoterapeuta, composto di due registrazioni guidate di ipnosi volte a rilassare il corpo e la mente in preparazione di una società del post-lavoro. Nello stesso spazio, sarà possibile fare esperienza di Fake Therapy, una pratica avviata da Valentina Desideri nel 2010 il cui obiettivo è utilizzare delle carte prestampate per “guarire” l’altro. E se le “cure” avranno funzionato a dovere, anche le utopie illustrate dal film X-Ville di Jordi Colomer – artista rappresentante il Padiglione Spagna alla 57a Biennale di Veneziain corso – potranno diventare reali, se viste con il giusto sguardo.
Dalle 17.45, Bodies in Urban Spaces di Willi Dorner, una performance itinerante organizzata da ZonaK  (prenotazione obbligatoria)

Danilo Correale, Reverie, 2017

Danilo Correale, Reverie, 2017

Seguono alcune domande alle curatrici Martina Angelotti e Caterina Riva —

ATP: Per tutto l’anno in corso, Careof ha sviluppato un programma teso a riflettere sulla propria storia. Come rientra il progetto “Prossimità di spazi e tempi”, nella più ampia panoramica programmata nello spazio espositivo?

Martina Angelotti: In effetti, da gennaio Careof sfrutta l’occasione e l’opportunità del suo compleanno, per attivare un pensiero sul futuro, più che una commemorazione del passato (gli auguri di solito si ricevono, non ce li si fa da soli!). Da molto tempo Careof è interessata a riflettere sulle esigenze di cambiamento insite nelle istituzioni culturali, potenziali e possibili, e sulle loro naturali e spesso necessarie modifiche, non soli in termini di contenuti e ricerca, ma anche in termini di senso e motivazione, in un contesto che sempre più subisce trasformazioni socio politiche oltre che culturali. “Prossimità di spazi e tempi”, che nasce da un percorso già cominciato in passato con il cambio di direzione e il rinnovamento di Careof dopo il suo epico trascorso, cerca di sfruttare questa urgenza autoriflessiva, aggiungendo una complessità ulteriore. Senza per nulla preoccuparsi di essere o no originali, ma partendo da una necessità specifica di condivisione e riflessione collettiva, abbiamo deciso di condividere questi pensieri non più soltanto all’interno delle nostra mura domestiche, che al momento, tra l’altro, sono anche raddoppiate (da settembre infatti, lo spazio di Careof ospita nuove realtà e si allarga), ma di coinvolgere in questo flusso di coscienza anche altre realtà no profit del panorama culturale milanese, che da molto o breve tempo hanno avviato la produzione di immaginari contribuendo ad accrescere il valore identitario di una città che – chi più chi meno .- ha deciso di adottare come proprio campo espressivo. Questo progetto mira a ridiscutere le condizioni, i modelli organizzativi e il ruolo della pratica artistica e creativa nella società. L’obiettivo è quello di mostrare come la pratica artistica si manifesta, come gli spazi e processi culturali siano una parte distintiva e centrale della cultura dell’arte visiva e come sia possibile presentare una serie complessa, eterogenea e necessaria di alternative all’istituzione d’arte, al museo e galleria commerciale.

ATP: Tra le tante domande che vi siete poste – e che ponete a coloro che collaborano o fruiscono le proposte di Careof – c’è quella del ‘senso del fare bene e meglio’. Nel cercare risposte, in questo progetto avete invitato tre ospiti internazionali che terranno un workshop di 5 giorni: Andrea Phillips, Christophe Meierhans, Alex Martinis Roe  (Formations). Su cosa verterà, a grandi linee il loro laboratorio?

MA: “Fare bene e meglio” – mi rendo conto – può suonare un po’ un fioretto prenatalizio, ma è un messaggio piuttosto semplice e diretto, che agisce immediatamente sul nostro modo di pensare.  Andrea Phillips, Christophe Meierhans e Alex Martinis Roe sono persone che sia io sia Caterina, abbiamo avuto modo di conoscere, leggere, lavorarci e parlarci, in momenti diversi della nostra vita, condividendo diverse frustrazioni ed esigenze di ripensare a certi modelli standardizzati del fare e agire. Tutti e tre, sebbene con ruoli e competenze diverse, portano avanti in maniera quasi militante delle modalità di ricerca e rappresentazione, che non mettono al centro la propria individualità di singole persone, quanto quella di soggetti parte di un contesto ben più ampio e complesso del mondo artistico, che li vede impegnati non solo come artisti/ curatori ma anche come cittadini e di cui sfruttare la forza comunicativa. Andrea in particolare, da anni porta avanti una ricerca (a tratti una battaglia) per sviluppare nuovi modelli istituzionali, che producano nuove metodologie di produzione artistica e che riattivino un diverso approccio al contesto sociale e politico. Ciò non significa disquisire sul valore artistico quanto piuttosto sul valore indotto che certe istituzioni no profit, in sinergia con artisti e operatori, producono su un livello che non è solo economico, ma umano, sociale, artistico ecc. ecc. Christophe Meierhans, artista performer di base a Bruxelles, sviluppa da tempo un teatro performativo, impegnato, anche se fortemente visionario, e di recente sta indagando sul tema del denaro e sulla consapevolezza che gli esseri umani hanno di esso, o su come la borsa e la finanza abbiano approcci e criteri ancora diversi e apparentemente molto lontani dalla percezione consueta. In “Prossimità di spazi e tempi” Christophe, attraverso esercizi speculativi a tratti fantascientifici, svilupperà un lavoro in sinergia coi soggetti coinvolti che avrà al centro dell’indagine proprio il denaro, elemento collante ma anche complesso, volto a prendere coscienza del suo ruolo nella nostra vita professionale e sociale, fino a metterlo quasi a processo, come fosse una persona fisica e reale. Alex invece, con il progetto Formations nato dalla collaborazione con la ricercatrice e accademica Melanie Seghal, svilupperà un progetto laboratoriale in cui ristabilire metodologie e analizzare la loro efficacia nel rapporto fra artisti, istituzioni e contesti sociali.

ATP: Mi raccontate le macro-aree che indagherete nelle giornate dal 18 al 24 settembre? Quali necessità-urgenze vi hanno indirizzato nella scelta di queste temi?

CR: Una delle cose che ci auguriamo accada in questa settimana è la costruzione di un vocabolario nuovo e condiviso in cui termini come pubblico, valore, comunità siano rivalutati di senso e declinati in tutte le loro potenzialità. Partiremo da dati e sensazioni che sono proprie del vissuto di ciascuna delle organizzazioni no-profit milanesi che abbiamo invitato, non tanto per amplificare le lamentele comuni o i problemi di ogni giorno, quali mancanza, di tempo, di soldi, di spazio d’intervento, ma piuttosto come appunti per diventare più consapevoli del proprio valore sociale e culturale, a Milano e altrove. A questo si arriva ripensando e soppesando come si formano, manifestano e adoperano le relazioni privilegiate che ciascuno di noi favorisce tra artisti, pubblico, finanziatori e la presentazione di progetti spesso gratuiti e fondativi per le carriere di tutti i partecipanti. Gli ospiti stranieri ci aiuteranno a sviluppare e a considerare le nostre realtà in relazione a processi più ampi ed internazionali, considerando aspetti di meritocrazia, di parità della retribuzione ma anche la crisi di un sistema pubblico che viene sempre più cooptato in misurazioni e ambizioni private.

Valentina Desideri - Fake therapy

Valentina Desideri – Fake therapy

ATP: Nelle tante questioni che solleverete, avete coinvolto molte realtà milanesi e no: riviste, spazi no-profit, editori. Realtà dalle attività e produzioni diverse per mettere a fuoco diversi argomenti, ma su tutti, il ‘costruire comunità’. A vostro – personalissimo – punto di vista, come si costituisce una ‘comunità’? Su quali basi?

CR: Parlando tra colleghi, anche in campo artistico, un discorso si costruisce quasi sempre partendo dal dato economico, dalla sua presenza, assenza o necessità. Questa considerazione spesso ci divide, ci rimette in competizione e ci allontana. Fare comunità significa prima di tutto riscoprire per noi e per gli altri, le profonde motivazioni per cui facciamo quello che facciamo e perché crediamo sia importante offrire una pluralità di esperienze artistiche e culturali. Ricordarci che, seppur perseguendo strade diverse e modalità di lavoro differenti, abbiamo molto in comune.
In altri tempi le comunità si definivano contro qualcosa o qualcuno, nel nostro caso si tratta piuttosto di esperire e teorizzare modelli di gestione, di collaborazione, a nostra misura e che si emancipino da una tendenza generalizzata all’ omologazione, in tutti gli ambiti, anche in quello culturale. Vogliamo anche riabbracciare un ruolo di responsabilità sociale, che significa condivisione con diverse comunità, immediate e lontane, e pubblici, specializzati o generalisti, che vanno al di là di definizioni limitate e astratte di azione e impegno. Speriamo che questa settimana, la prossimità di spazi e di tempi e questa condivisione, siano il primo passo verso una sostenibilità di intenti e di ambizioni che possa continuare ad essere ricercata e espressa.

ATP: Dal 22 al 24 settembre si susseguiranno gli interventi di tre artisti. Cosa propongono? Che attinenza c’è tra le loro ‘piccoli accadimenti’ e i tanti temi che affronterete?

MA / CR: Durante il fine settimana dal 22 al 24 settembre, Careof diventa luogo per l’autoriflessione, con interventi pensati come piccoli accadimenti che si manifestano in parallelo alle considerazioni presentate durante i giorni del workshop. L’idea nasce dall’esigenza di trovare un momento di raccoglimento, intimo e curato, che per noi, istituzione parte integrante del processo così come per le altre coinvolte, sarà un modo per distendere i nervi e per lasciare spazio al raccoglimento e  per tutti quelli che non avranno partecipato al workshop, un modo per comprendere le suggestioni o meglio le necessità che hanno dato vita al progetto, anche attraverso lo sguardo di alcuni artisti che in maniera autonoma portano avanti ragionamenti simili. Sarà l’occasione per prendersi un tempo per pensare, per stare dentro le cose, per non lasciarsi sopraffare. Nel contesto sempre più urgente dell’economia globale, in un paesaggio di forza lavoro in rapida evoluzione, l’artista Danilo Correale presenta “Reverie: On the Liberation from Work”, un lavoro sonoro nato a New York in collaborazione con uno psicoterapeuta e ipnoterapeuta, composto di due registrazioni guidate di ipnosi che mirano a rilassare il corpo e la mente in preparazione di una società del post-lavoro. Careof qui funge da salone di ascolto dove il pubblico potrà sperimentare l’ipnosi attraverso delle cuffie audio. Nello stesso spazio, sarà possibile fare esperienza di “Fake Theraphy”, una pratica avviata da Valentina Desideri nel 2010 il cui obiettivo è utilizzare delle carte prestampate per “guarire” l’altro.
E se le “cure” avranno funzionato a dovere, anche le utopie illustrate dal film “X-Ville” di Jordi Colomer potranno diventare reali, se viste con il giusto sguardo. Il film è stato prodotto con la collaborazione di un gruppo di studenti e la partecipazione degli abitanti della città di Annecy in Francia.

Alex Martinis Roe - Christophe Meyerhans Andrea Phillips,

Alex Martinis Roe – Christophe Meyerhans
Andrea Phillips,

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