Testo di Livia Sperandio
Se nel costruire una casa non si appoggiano i mattoni in uno spazio qualsiasi ma se ne scavano prima le fondamenta, allo stesso modo Gianni Ferrero Merlino sceglie lo spazio fotografico da studiare e, lavorando, ne costruisce uno nuovo.
Progetto di Villa con Interno è il lavoro fotografico di Gianni Ferrero Merlino presentato da Giorgio Galotti nella sua galleria a Torino, visitabile fino al 6 ottobre. La mostra è il risultato di una conversazione tra Aldo Rossi e l’artista, il muto dialogo avviene tramite il monumento a Sandro Pertini, opera che il grande architetto ha realizzato a Milano tra il 1988 e il 1990.
Entrando in galleria il primo colpo d’occhio rileva l’attenzione per lo spazio, le sette fotografie, dall’aspetto di progetti architettonici, sono disposte a parete in maniera misurata e rigorosa e l’ambiente accoglie con coerenza il progetto. Una di fianco all’altra scandiscono il ritmo del lavoro; sono sette come i giorni che compongono la settimana.
Il monumento in questione è il cubo marmoreo che troneggia in fondo a via Monte Napoleone, una lunga scalinata che termina in uno spazio simile ad un palcoscenico teatrale, ha valore sia di tributo scultoreo che di luogo pubblico. Ci troviamo di fronte ad una sorta di teatro al contrario la cui conformazione fa si che sembri che i pensieri, le azioni e i ricordi del pubblico seduto sulla gradinata, vadano a finire alle spalle, in un luogo di finzione e irreale.
L’opera architettonica di Aldo Rossi si origina dalla ripetizione di un modulo, di un codice che richiama l’ambiente della recitazione. Secondo la sua idea infatti, solo la ritualità del gesto, la ripetizione e la concentrazione ci rendono capaci dell’atto costruttivo. Questi pensieri sul rito e sulla reiterazione dell’azione, sono alla base della poetica dell’architetto e punto di partenza per la ricerca di Ferrero Merlino.
“Progetto di Villa con Interno” si serve dello strumento fotografico per indagare sulla memoria, fulcro dell’interesse dell’artista. La rilettura continua dell’edificio attraverso il negativo fotografico, fa si che il cubo diventi come un copione che rende possibile trovare le immagini che si accumulano sulle cose, i ricordi.
Secondo l’architetto milanese è l’abitare che rende tale l’architettura e non la sua struttura fisica; si costruisce dai pensieri e dalle memorie delle persone che vivono il proprio spazio. E’ così che il monumento a Sandro Pertini è diventato per l’artista spazio di confronto e punto di contatto con la memoria.
“Il teatro era anche una mia equivoca passione dove l’architettura era il fondale possibile, il luogo, la costruzione misurabile e convertibile in misure e materiali concreti di un sentimento spesso inafferrabile”. Aldo Rossi, “Autobiografia Scientifica”, Il Saggiatore, 2009, pag. 56
Le immagini, osservate da vicino, mostrano con evidenza il carattere rigoroso di questa produzione artistica; nella poetica dell’autore la tecnica è messa al servizio della ricerca così ogni fotografia è il risultato di ore di lavoro. Accanto al comunicato stampa c’è un foglio tracciato a matita dall’artista che indica il metodo seguito per il progetto; si può parlare di disegni svolti fotograficamente.
Ferrero Merlino in fase di stampa elabora delle correzioni di luce sullo scatto, interviene sulla proiezione del negativo su carta manipolando il risultato. La rielaborazione per addizioni o sottrazioni luminose genera un’immagine sempre nuova, una casa sempre diversa.
Normalmente la fotografia e la stampa analogica parlano un linguaggio molto materico, le mani si muovono in una condizione di buio e concentrazione necessaria a modellare la luce per tradurre in tangibile la proiezione di un negativo. In “Progetto di Villa con Interno” il valore dell’attenzione sul soggetto, sullo studio e sul gesto è ancor più necessario, acquista un’importanza fondamentale per il risultato.
Tutto il lavoro è fortemente valorizzato dalla soluzione formale; le cornici invece di essere telaio e limite come usualmente intese, somigliano alla stecca di una tenda, rosse come un sipario sostengono dall’alto le fotografie e le lasciano cadere dagli altri lati.
Queste, leggere e finalmente libere da ogni supporto ci fanno apprezzare la bellezza vitrea e liquida della carta fotografica impressionata. E’ un rosso quello della cornice che, conducendoci verso una dimensione teatrale, fa il gesto di sottolineare e indicare come il segno di matita dei professori.