Premio Gallarate | Ludovica Carbotta, A12, Christiane Löhr

ATPdiary ha chiesto ai 9 artisti di presentare l’opera o la ricerca proposta per la XXV edizione del Premio Gallarate.
9 Maggio 2016

Dal 15 maggio al 17 luglio, il Museo MA*GA ospita le proposte dei nove artisti per il  Premio Nazionale Arte Visive Città di Gallarate. Per la XXV edizione, dal titolo Urban Mining / Rigenerazioni Urbane, gli artisti invitati sono: A12, Luca Bertolo, Ludovica Carbotta, Ettore Favini, Luca Francesconi, Christiane Löhr, Marzia Migliora, Cesare Pietroiusti e Luca Trevisani. Ogni artista è stato scelto da una commissione scientifica composta da Michele Dantini, Carolina Italiano, Adachiara Zevi, come curatori esterni, ed Emma Zanella, Alessandro Castiglioni, Lorena Giuranna e Alessio Schiavo, come rappresentanti dell’assemblea dei promotori del Premio. Per l’edizione 2016 del Premio, agli artisti è stato chiesto di trarre ispirazione dal tema  “Il torrente Arno e la città di Gallarate”.

Premio Gallarate | Marzia Migliora, Luca Trevisani e Ettore Favini

ATPdiary ha chiesto agli artisti di presentare l’opera o la ricerca proposta per il Premio Gallarate. Segueno gli interventi di Ludovica Carbotta, A12 e Christiane Löhr

A12

Il torrente Arno ha avuto un’importanza storica determinante nella definizione della forma urbana di Gallarate, dove però non esistono edifici o spazi pubblici che hanno un rapporto significativo con l’acqua. Oggi, il ruolo urbano del torrente è quello di un elemento “debole”, il cui valore non è forse immediatamente evidente, ma non per questo è meno importante.

Nel corso dei nostri sopralluoghi e dell’analisi dei documenti a cui abbiamo avuto accesso, due aspetti contrapposti hanno colpito la nostra attenzione: da un lato il corso d’acqua appare come un elemento problematico, potenziale fonte di rischio e di degrado; dall’altro costituisce una presenza naturalistica positiva, capace di portare la vegetazione rigogliosa delle sue sponde e gli animali che la abitano all’interno del tessuto urbano. A questa doppia natura dell’Arno corrispondono due sistemi di manufatti che denunciano la relazione tra città e fiume: da un lato i vari elementi fisici e tecnologici che costituiscono il sistema di contenimento e controllo delle acque; dall’altro gli elementi architettonici (parapetti) di protezione dei ponti di attraversamento, che costituiscono l’unica interfaccia tra spazio pubblico della città e lo spazio del torrente. Sviluppando l’analisi di questi due sistemi, ci siamo resi conto di come i loro elementi costitutivi possano fare tutti parte di una storia millenaria della lotta dell’uomo nei confronti della natura al fine di “addomesticarla” e trasformarla in un ambiente confortevole per la propria vita.

Il progetto che proponiamo per il Premio Gallarate vuole dare un contributo alla costruzione di un immaginario condiviso legato al torrente Arno che vada oltre i cliché contemporanei sulle idee di natura e di città e, ripartendo dalla dualità e dalla conflittualità che abbiamo individuato, porti alla formazione di un’identità urbana più precisa. Il progetto “Arno” prevede quindi la creazione di una collezione di oggetti che costruiscano un nuovo brand “Arno” e l’apertura di un temporary shop dedicato al torrente nel centro storico di Gallarate, dove sarà possibile acquistarli e dove sarà contemporaneamente possibile fare esperienze e acquisire informazioni capaci di creare un immaginario condiviso e collettivo sul torrente, la sua vegetazione, gli animali che lo abitano, le sue potenzialità e la sua storia.

A12 - Premio Gallarate 2016

A12 – Premio Gallarate 2016

Christiane Löhr

Il lavoro di Christiane Löhr appare sorprendentemente singolare rispetto alla maggior parte della recente produzione artistica della sua generazione. La giovane artista tedesca non adopera mezzi hi-tech; il suo lavoro non manifesta atteggiamenti critici né ironici e nemmeno riflette sulle problematiche dell’identità o su temi socialmente e politicamente impegnati. Eppure il suo lavoro rimane incredibilmente attuale e coinvolgente. Da un lato in esso si possono scorgere alcune grandi lezioni dell’arte del ventesimo secolo, dall’altro lato, alcuni di questi argomenti sembrano essere ancora attuali e urgenti, forse adesso più che mai, e alcuni giovani artisti li affrontano in maniera del tutto innovativa, restituendo all’arte il suo spirito costruttivo e propositivo, confermando ancora una volta la sua capacità di progettare e creare utopie “leggere”.

Le sculture e installazioni di Christiane Löhr appaiono peculiari per i mezzi semplici che è solita scegliere e usare. Il suo lavoro nasce dal contatto diretto con la natura, nella quale trova suoi materiali: i semi di diverse piante (cardo selvatico, edera, bardana) utilizzati per sculture di piccole dimensioni che rimandano ad oggetti quotidiani o architettonici, oppure crini di cavallo per i “disegni” ornamentali, le cui misure variano da piccole a molto grandi. Nel momento in cui realizza le sue sculture l’artista sembra essere guidata dalla geometria interna della forma dei semi, così che i suoi oggetti sembrano esempi miracolosi di un’architettura immaginaria, sorprendentemente leggera e fragile, ma, al tempo stesso, forte e solida.

Per il premio Gallarate l’artista propone un’installazione al Museo MA*GA di Gallarate. La presenza del torrente Arno vicino il museo ha dato il titolo al suo progetto: Zum Vorschein kommen / Apparire. L’aspetto rilevato dall’artista si focalizza sull’aspetto del terronte che appare e si nasconde; quando si fa vedere offre, ai nostri occhi, tutto il suo mondo complesso, quando scompare sotto la città, sembra che non esiste più. Nello stesso modo le sculture di Christiane Löhr al Museo, come l’Arno, sembrano apparizioni, nella loro fragilità, trasparenza e immaterialità.

Christiane Löhr,   2009

Christiane Löhr, 2009

Ludovica Carbotta 

L’invito al Premio Gallarate, curato nello spazio pubblico della città e nel Museo MA*GA, è stata per me un’occasione per proseguire il progetto Monowe, iniziato a Bologna per On.  Monowe è il nome di una città disegnata e progettata per una persona sola,  contraddice il significato stesso di città-polis. L’intenzione è di ‘riprodurre’ una città, costruendone una versione immaginaria che ne ricalca lo stesso sistema contraddicendolo e deformandolo a misura del singolo. La città per una persona sola rappresenta l’esasperazione di processi di speculazione edilizia e riproduce il meccanismo delle gated communities: un luogo talmente esclusivo da diventare una sorta di prigione nella quale l’unico abitante decide di viverci spontaneamente.

Monowe si manifesta in luoghi diversi: principi di costruzione di scale e infrastrutture, porzioni di architetture industriali e civili compaiono all’interno di musei così come nello spazio pubblico; essi sono la testimonianza di una dimensione parallela, in bilico tra la rovina e il cantiere in costruzione. Durante gli episodi di questo progetto presento un frammento, sempre differente, a dimensione 1:1 di Monowe, di volta in volta mi riferisco a tematiche, funzioni e usi differenti della città (infrastrutture, cinema, luogo di lavoro, museo..ecc). La metodologia che utilizzo può definirsi come para-mirroring: parassitare il luogo esistente che la ospita, ma anche rifletterne la struttura, il funzionamento, il valore simbolico di ciò che è presente nel sito.

Nel caso specifico di Gallarate mi sono concentrata sulla relazione dell’individuo con la dimensione industriale, intesa come lavoro. Quello che sembra lo scheletro di un frammento della fabbrica compare a fianco della ciminiera, come se provenisse da una dimensione parallela, non è la ricostruzione della fabbrica, non utilizza, infatti, i materiali con i quali era costruita la fabbrica, da quello che possiamo capire dal suo manifestarsi è un luogo sia domestico che di lavoro.  Non m’interessava riferirmi a eventi storici o fatti direttamente legati al territorio di Gallarate come impianto narrativo del lavoro, ma piuttosto di esplorare l’esigenza dell’individuo di recuperare un rapporto con la manualità legata al lavoro, intesa sia come autodeterminazione sia come bastare a se stessi.

Ludovica Carbotta - Monowe

Ludovica Carbotta – Monowe

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