Testo di Stefania Margiacchi —
Come quelle nebbie di Cavriago, quasi dei monocromi su carta, dove non si distinguono sagome o forme, i soggetti dei luoghi dall’artista dipinti vengono fagocitati da quelle pennellate acquose e nebulose che si fanno ceramica quando la nebbia si posa sui confini dei campi.
La nebbia del paese della pianura padana è enorme ed impalpabile, oscilla calma nei cieli di Cavriago e lentamente, nell’addentrarsi del giorno, tutto quell’ampio biancore sfuma e si profilano le prime silhouette e sono colline e sono marine che si condensano della forma della ceramica.
È come se Pratonera – titolo della mostra ospitata alla A+B gallery fino al 18 settembre – si sviluppasse nella durata di una giornata ideale dove il tempo si dilata e, lento, conquista le tele e l’osservatore.
La pittura si fa sempre più fluida nella tela, come fluida è l’acqua dello stagno ne Garzette all’abbeverata dove la nebbia si fa rarefatta e svela, al suo scomparire, un paesaggio naturale fuori dal tempo, in bilico tra il sogno e la memoria. Della stessa sensibilità è La Pampara, tecnica mista su tela che raffigura un laghetto della periferia del paese.
Come scrive Cecilia Canziani nel testo che accompagna la mostra, Poli Maramotti trasforma così queste geografie domestiche in mito. Sono finestre di paesaggio che ricreano spazi altri, grazie anche ad interventi (ed elementi) esterni alle tele – fogliame secco, panchine, carte da gioco: elementi folklorici questi che il paese offre e che la pittrice rielabora, come la stessa memoria di quei luoghi dell’infanzia.
L’ispirazione dell’artista è la terra natia ed i suoi racconti, in un viaggio tra la figurazione e l’astrazione che corre tra il passato ed il presente. Pratonera è dunque un omaggio agli scenari, ai personaggi e agli immaginari di questi luoghi; è una restituzione dell’artista in una dimensione profonda e personale.
Quei mondi lontani si sono cristallizzati fuori dal tempo ma proprio quel tempo si manifesta adesso insieme ad altri luoghi, questa volta distanti. Il mondo costruito dalle geografie della Poli Maramotti è un insieme di universi vaghi o appena inventati che convivono grazie a quella tensione superficiale tipica dell’acqua – come il suo fare pittorico.
Insieme al calare della notte riaffiora anche il ricordo onirico e sfumato: ecco il notturno – le notti verdi blu della Germania e della Norvegia. Ma Un grande notturno, nel percorso allestitivo della mostra, è sì alla fine ma è anche l’inizio: un ciclo senza fine dove le immagini si susseguono ciclicamente, i luoghi vissuti non seguono più traiettorie parallele ma si intrecciano in un canto corale, unito ed armonico.