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Potere / Piacere: al via il Festival della Peste 2025

"E' nello continuo scambio tra sé e il mondo che il Festival trova la sua forza: mettere in relazione il corpo del singolo con il corpo sociale, la voce individuale con il coro collettivo." Intervista con il team del Festival
Rebecca Moccia, Eruzione del Vesuvio 1944 . BBC Archives

L’ottava edizione del Festival della Peste – l’appuntamento della Fondazione il Lazzaretto che si svolge dal 5 al 9 novembre a Milano – quest’anno attraversa il binomio Potere/Piacere. L’obiettivo del Festival è da sempre quello di camminare sui confini, forzare il limite con ironia per provare a combinare logiche e visioni, intrecciando impegno e svago, prospettive scientifico e audacia creativo. La missione è quella di stuzzicare – ma anche istigare – dei processi di trasformazione che toccano sia l’individuo che la collettività.  
In occasione del suo avvio, abbiamo posto alcune domande al team del Festival per approfondire motivazioni, scelte e visioni. 

Una delle caratteristiche che da sempre connota il Festival della Peste è creare un dialogo tra opposti, un confronto dialettico tra concetti antitetici. Quest’anno, dopo Mostruoso/Ordinario, Ragione/Sentimento, Ordine/Disordine, avete scelto lo ‘scontro’ costruttivo tra Potere e Piacere. Mi raccontate il perché di questa scelta?

La suggestione per aprirci al tema dell’anno è nata dal libro Il Piacere di Alexander Lowen, psicoanalista e padre dell’analisi bioenergetica, che in questo testo contrappone il piacere al suo opposto, che non è il dolore ma il potere. L’individuo contemporaneo cerca il potere a discapito del piacere, la ricerca distruttiva di gratificazione dell’ego a ogni costo a svantaggio dell’esperienza corporea di sentirsi pienamente vivi e in contatto con sé stessi e con gli altri.
In questo momento storico, guardando al panorama contemporaneo, ci sembrava uno spunto prezioso per cominciare una ricerca che, appunto, indagasse le crepe e le zone d’ombra presenti in questo equilibrio precario tra il meccanismo pervasivo e onnipresente del potere e la riconquista del piacere.
Ma come sempre questo è stato solo il pretesto che ha aperto una ricerca ampia ed eterogenea in ambito artistico, filosofico, critico, musicale, di pratiche corporee, dove la finalità non è tanto quella di cercare delle risposte e delle verità, quanto piuttosto di tentare di generare domande, attivare connessioni e ibridare sguardi.

Festival della Peste ’22 – Foto Camilla Barbarito

Laboratori, performance, conversazioni, mostre, esperienze differenziate: il Festival indaga il tema scelto in direzioni eterogenee coinvolgendo personalità proveniente da ambiti professionali diversi. Mi raccontate chi avete invitato al “Club dei Pestiferi Onorari” per relazionarsi con il binomio Potere/ Piacere?

Il nostro Club dei Pestiferi è composto da un pubblico eterogeneo, perché ci interessa incrociare sguardi, punti di vista e ambiti diversi. Quindi: psicoterapeute, curatori, danzatrici, performer, attiviste, insegnanti. Tutto questo fa parte del DNA della Fondazione: le contaminazioni costanti, gli incontri nati da approcci tangenti e affinità, ma soprattutto gli sguardi ampi che, in particolare nella prima fase della ricerca, hanno contribuito a mappare una costellazione di mondi racchiusi in libri, film, pratiche e soggettività. 

Parola e corpo, voci e azioni, teoria e pratica. Mi raccontate alcuni tra gli appuntamenti del Festival che ritenete particolarmente significativi per entrare nel vivo del Festival?

Il Festival della Peste di quest’anno è particolarmente ricco: comprende diciotto contributi che spaziano tra installazioni e performance, tra laboratori sul corpo e incontri di parola, tra spettacoli e momenti di condivisione.
Il giorno dell’inaugurazione sarà sicuramente uno dei momenti più intensi, con la presentazione di sei installazioni che esaltano focus di ricerca come il concetto di propriocezione, posizionalità e prossimità. Tra i protagonisti: Rebecca Moccia, Valentina Furian, Studio Fludd, AndreaQ, Abe Pazos e Ultimabaret con Alessia Bernardini.
Anche la serata di venerdì offrirà una ricca esplorazione del tema, con l’intervento di parola di Maura Gancitano (Tlon), le due opere performative di Gaia De Megni e Sara Leghissa, e l’evento cena/non cena curato dal duo Fritto Misto.
Ogni giorno abbiamo cercato di focalizzarci su diversi orizzonti di ricerca e invitiamo il pubblico a immergersi nei vari momenti del Festival. In particolare, il giorno di chiusura sarà dedicato a un incontro corporeo condotto da Nicoletta Cinotti, che indagherà il potere dei nostri confini personali. A seguire, la serata di finissage con il concerto di Camilla Barbarito, che con il suo stile ironico e potente ci condurrà in mondi altri, dove (forse) il divario tra potere e piacere svanisce.

Workshop cross – Ph. Paolo Sacchi

Non è mai secondario confrontarsi con i grandi racconti politici e sociali, così come è sempre necessario coinvolgere la collettiva più prossima. Vorrei che mi spiegaste come far collimare questi due livelli di realtà: la vita più immediata, in altre parole, i cittadini, con una visione più ampia sulle vicende che connotano la storia contemporanea. Come conciliate questi due prospettive nel Festival?

La dimensione privata e collettiva, l’autobiografia personale e la Storia, sono sempre state un ambito di indagine per noi del Lazzaretto. La nostra sfida è quella che praticare dubbi, provocare domande, giocare con i confini, possa rivelarsi un esercizio di consapevolezza personale per poi divenire una pratica trasformativa non solo individuale ma anche collettiva. Nel Festival questo si traduce nel favorire esperienze in cui la riflessione intima di ciascuno diventa terreno di incontro e di dialogo con l’altro. Le opere, le performance e i momenti di condivisione sono pensati come dispositivi di attivazione: spazi in cui la sensibilità personale incontra la dimensione politica e sociale del presente. Crediamo che i grandi racconti collettivi non possano prescindere dalle storie personali e che, allo stesso tempo, le esperienze individuali acquistino senso quando si riconnettono a un orizzonte più ampio. È in questo continuo scambio tra sé e il mondo che il Festival trova la sua forza: mettere in relazione il corpo del singolo con il corpo sociale, la voce individuale con il coro collettivo.

Dal vostro punto di vista, quali consapevolezze vorreste muovere, quali conoscenze vorreste ampliare nel pubblico che seguirà il Festival?

Fare un Festival che parla di Peste, oggi, significa per noi, provare a stare sul filo di quel confine che una volta era il Lazzaretto, un luogo chiuso con muri invalicabili, e starci con uno sguardo aperto, capace di combinare logica e immaginazione, approccio scientifico e indagine corporea, per ampliare la propria percezione di sé e del mondo. Vorremmo che il pubblico, attraversando il Festival, potesse interrogarsi su cosa significhi oggi abitare il limite, riconoscere la fragilità come parte costitutiva della vita e riscoprire la relazione come spazio di conoscenza reciproca.

Cover: Agnese Galiotto – Migratori


Al centro del festival laboratori, performance e installazioni con: Andrea Q, Camilla Barbarito, Alessia Bernardini / La Nut, Mario Blaconà, Nicoletta Cinotti, Circe, Gaia De Megni, Michelangelo Frammartino, Fritto Misto, Valentina Furian, Agnese Galiotto, Maura Gangitano | Tlon, Sara Leghissa, Rebecca Moccia, Abe Pazos Solatie, Francesca Proia, Francesca Rossi, Studio Fludd e ultimabaret | Titta C. Raccagni e Barbara Stimoli che indagheranno il binomio Potere/Piacere attraverso la loro pratica.

Per il programma: il Festival della Peste.com 2025

Studio Fludd – Foto Alberto Nidola
Agnese Galiotto, migratori
Abe Pazos Solatie – penplotter – KAT4240- cr.Katja Goljat