La settimana dal 6 al 13 aprile, Marina di Massa ha ospitato “POST-COLONIA. Festival di architetture e immaginari in transizione” – un evento interdisciplinare che esplora l’eredità delle ex colonie marine del litorale, molte delle quali oggi in stato di abbandono.
Sorta di ‘occupazione’ a fini esplorativi e culturali, il Festival ha avuto come obbiettivo la riattivazione simbolica di un luogo attraverso l’interventi di una selezione di artisti, ricercatori, storici, architetti, critici e urbanisti. Una gruppo ‘di lavoro’ che ha acceso un propositivo dibattito sul ruolo dell’arte e della cultura come strumenti di trasformazione sostenibile dei territori e come linguaggi per immaginare possibili scenari futuri.
Il luogo del Festival, l’ex-Torre FIAT – ancora attiva oggi come Torre Marina – può essere raccontato come uno spazio suggestivo e per molti versi visionario, che ha ospitato mostre e installazioni diventando teatro di un confronto internazionale su architettura, arte contemporanea, ecologia e usi transitori.
Accanto ai direttori artistici Martina Angelotti ed Emanuele Guidi – entrambi nati e legati a Massa – ha lavorato al progetto Francesca Mazzocchi, Presidente di LAMA Impresa Sociale, cooperativa che opera nell’ambito della rigenerazione a base culturale, che è capofila del progetto vincitore del bando ministeriale per la promozione dei festival di architettura.
In occasione di questa prima edizione del Festival, abbiamo posto alcune domande a Martina Angelotti, Emanuele Guidi e Francesca Mazzocchi per scoprire la genesi di questo importante progetto, come è stato sviluppato il festival e perchè sono stati invitati personalità professionali eterogenne e di provenienze professionali differenti, ma soprattutto, abbiamo chiesto di raccontarci le finalità e gli obbiettivi (si spera a lungo termine) del Festival.
Elena Bordignon: La portata progettuale del Festival POST-COLONIA, è rivolto sia in una direzione ‘fattuale’ che immaginifica. La sua utilità è quella di riattivare dei luoghi grazie alla cultura e all’arte. Vorrei partire da come avete concepito il concetto di ‘riattivazione’ degli spazi.
Emanuele Guidi: L’architettura iconica della ex-Torre Fiat e di tutte le altre ex-colonie marine che si susseguono lungo il litorale di Marina di Massa, ha permesso di confrontarsi con questa storia complessa, attraverso tutto il ‘900, per arrivare fino ad oggi, dove abbiamo voluto metterla in relazione con il paesaggio circostante. Se da un lato abbiamo temporaneamente cambiato la funzione alla ex-Torre Fiat, che ancora opera come struttura ricettiva, trasformandola nella sede principale del festival con mostre, installazioni e performances commissionate, simposi, workshops ed una passeggiata; dall’altra abbiamo interpellato le altre ex-colonie, ma anche il mare di fronte a loro, e le Alpi Apuane, alle loro spalle, come luoghi di ricerca per tradurre nel locale questioni contemporanee più ampie, dalla crisi climatica, agli estrattivismi, fino alla trasformazione del rapporto tra lavoro e tempo libero.



EB: Un tempo luoghi formativi e ricreativi, le ex-colonie marine sono ora in stato di incuria e di abbandono, ma non solo, sono anche l’esempio di buoni propositi risultati fallimentari. Come avete utilizzato la vita e lo sviluppo di queste colonie nella scelta delle tante personalità invitate al Festival?
Emanuele Guidi: Tutto il festival nasce anche dalla consapevolezza che c’è un gruppo di persone amiche cresciute all’ombra di queste architetture, e di queste rovine, che opera attivamente nel campo dell’arte, della cultura e della trasformazione urbana. Le colonie sono atterrate sulla costa circa cent’anni fa per far fare le vacanze ai/le figli/e dei lavoratori dei grandi gruppi industriali italiani. Sono edifici che abbiamo vissuto senza mai entrarci, almeno legalmente, perché non erano stati concepiti per noi; ma comunque ne abbiamo “abitato” le conseguenze, diventando lo sfondo delle nostre estati, ma anche dei nostri inverni. Quindi il nucleo principale di chi ha contribuito conosceva benissimo questo paesaggio ed ha organicamente contribuito al festival con un portato personale e quindi una capacità di lettura unica: Massimo Carozzi con la sua composizione sonora per la torre, Aldo Giannotti, insieme a Paolo Monti e Karin Pauer, con una performance ripensata per quegli spazi, Muna Mussie, fino ad Ivan Carozzi che ha realizzato un documentario in due puntate per Rai Radio Tre Soldi. Oltre a loro, è stato importante allargare a quelle pratiche che potessero aiutarci a decostruire questa storia: l’artista Celine Condorelli ha realizzato delle bandiere che parlassero al mare e alle sue politiche, installandole sulla spiaggia e sulle soglie dell’architettura, e ha anche lavorato un intero semestre con il suo corso di studenti dell’Università di Karlsruhe,, che poi ha restituito il lavoro durante il festival. Allo stesso modo, il collettivo di architetti Orizzontale ha realizzato una installazione/mostra di ricerca che ha ripensato gli spazi della mensa, raccontando le esperienze di “riappropriazioni” di spazi da altre geografie.
Francesca Mazzocchi: le ex colonie che punteggiato questo tratto di litorale sono anche grandi vuoti urbani con cui bisogna misurarsi in termini di visione di sviluppo territoriale e in termini di patrimonio collettivo. Il loro stato di abbandono è prolungato del tempo, abbiamo provato a trattegiare possibili riusi e strumenti regolatori per togliere queste strutture dallo stallo e per fare questo è necessaria una coalizione di forze: pubblico, privato e cittadinanza. Abbiamo cercato di essere piattaforma abilitante di queste prove di dialogo, invitando esperti ed esperienze che potessero ispirare e aiutare in questo processo. LAMA si occupa proprio di processi di rigenerazione urbana multistakeholder ad impatto sociale.
EB: Il programma che avete strutturato, invitando artisti e ricercatori, ha l’obiettivo di sollevare delle riflessioni e stimolare proposte per un futuro cambiamento. In particolare, seguendo gli artisti che avete coinvolto, quali ‘urgenze’ sono emerse, quali temi hanno affrontato nei loro interventi?
Martina Angelotti: Post Colonia si compone di un programma interdisciplinare che alterna lo sguardo locale a quello internazionale. Abbiamo cercato di concentrare l’attenzione su una temporalità che attraversa il passato fascista quando questa Torre è sorta, per osservare più da vicino le conseguenze sul presente e le tracce su cui poggia la costruzione del futuro. La torre è stata testimone di una trasformazione morfologica della costa, ma anche di un cambiamento politico sociale profondo, su cui l’arte ha investito il suo potenziale immaginativo. Da un lato l’eredità fascista con cui molti progetti artistici collettivi si stanno in vario modo confrontando, come nel caso della Floating University di Berlino e dell’ente di decolonizzazione Borgo Rizza con cui abbiamo dialogato grazie ad Emilio Distretti nel simposio dedicato all’argomento. Fino ai temi più urgenti della crisi ambientale e di quella che Marco Armiero, ospite del festival, definisce l’era degli scarti. Le ferite delle Alpi Apuane, una presenza costante del Festival, provocate dall’incessante estrazione del marmo, sono state un punto di osservazione necessario per guardare al cambiamento e sono divenute oggetto di interventi sia discorsivi, attraverso le parole di ricercatori e attivisti del territorio come Chiara Braucher, sia installativi, come nel caso della composizione sonora di Massimo Carozzi, un ascolto immersivo registrato nelle viscere di una montagna attivata dall’uomo, a ribadire l’urgenza di ripensare le modalità con cui l’uomo esercita potere e violenza per fini meramente economici concentrati nelle mani di pochi.



EB: Artisti, architetti, designer, urbanisti, giornalisti e musicisti: tante diverse personalità dalla formazione e dagli obiettivi professionali diversi. Ciò che ritengo interessante è la circolarità con cui avete pensato di ‘riattivare’ gli spazi delle ex-colonie. In particolare vorrei che mi segnalaste quali interventi risulteranno più concretamente efficaci e vicini alle vostre ambizioni.
Martina Angelotti: Una delle cose del programma che più ha interpretato la circolarità della Torre nel vero senso della parola, è stata la mostra Cinema Elicoidale. Qui, l’esigenza è stata quella di intervenire all’interno dell’architettura accogliendone le caratteristiche principali per costruire un percorso narrativo attraverso opere filmiche esposte all’interno delle camere da letto che si affacciano sulla rampa elicoidale della torre. Senza seguire un percorso cronologico, ma più tematico ed esperienziale, la mostra ha incluso opere video contemporanee in dialogo con film storici provenienti dall’Archivio Nazionale Cinema Impresa e intrecciato le istanze di cui il festival si è fatto portavoce. Ad aprire il percorso espositivo, il video clip della hit italo disco Radio, successo del cantante e produttore “Savage” (pseudonimo di Roberto Zanetti) girato nel 1984 fra le rovine fatiscenti dell’ex colonia Torino e divenuta la sottesa colonna sonora dell’intero Festival.
EB: L’obiettivo del festival è quello di generare nuove immaginazioni attraverso l’arte e le pratiche di innovazione sociale. Cosa vi augurate, sempre parlando concretamente, possano lasciare le tante riflessioni emerse dal Festival? Pensate che questa sia la prima edizioni di un Festival che può essere pensato anche per gli anni a venire?
Francesca Mazzocchi: Questo Festival nasce dal basso e dialoga con l’alto e l’altro. È stato possibile grazie alla nostra volontà, al lavoro di mesi di un team di professionisti e grazie alle sostanziose risorse messe in campo dal Bando ministeriale, cui si sono aggiunti piccoli contributi pubblici e privati. Crediamo che la città abbia bisogno di questo Festival, in termini di posizionamento e in termini di riflessione. Se il territorio (istituzioni e cittadini) lo vorrà deve metterci nelle condizioni relazionali ed economiche per poterlo replicare, noi ci siamo.
POST-COLONIA
Festival di architetture e immaginari in transizione
Direttori artististici: Martina Angelotti ed Emanuele Guidi
6 -13 aprile 2025
Marina di Massa, ex-Torre FIAT / oggi Torre Marina
Il Festival si è caratterizzato per una varietà di proposte culturali: mostre, performance, laboratori, visite guidate, passeggiate sonore, incontri e dibattiti, coinvolgendo artisti, architetti, designer, urbanisti, giornalisti e musicisti nazionali ed internazionali. Tra gli ospiti: Céline Condorelli (artista) che oltre a presentare un lavoro appositamente pensato per l’occasione e il collettivo di architetti Orizzontale che ha presentato una nuova installazione che celebra il potere trasformativo delle collettività.
Ad accompagnare con presentazioni, conferenze e performance anche Gianni Pettena (artista), Cally Spooner (artista), Muna Mussie (artista e performer), Aldo Giannotti (artista), Emilio Distretti (ricercatore, Royal College of Art, Londra ed Ente di Decolonizzazione – Borgo Rizza), Chiara Braucher (ricercatrice e attivista), Massimo Carozzi (artista sonoro), Giulia Cavaliere (critica musicale), Marco Armiero (storico dell’ambiente), Lorenzo Pezzani (ricercatore e fondatore di LIMINAL), Stefano Pivato (storico), Rosario Talevi (architetta, Floating University Berlino), Mathias Rouet (urbanista, Plateau Urbain Paris), Anna Lambertini (architetta paesaggista)

