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Più che opere storie | Museo d’Inverno, Siena

Testo di Geraldina Albegiani — È ancora in corso presso il Museo d’Inverno Più che opere storie mostra che si compone di alcune opere della collezione di Cesare Pietroiusti, da lui stesso selezionate.Questa peculiare esposizione collettiva presenta, per la prima volta al pubblico, le opere di ventisette artistə: Massimo Bartolini, Alighiero Boetti, Pino Boresta, Silvia […]

Esterno Museo d’Inverno, foto di Ela Bialkowska OKNOstudio

Testo di Geraldina Albegiani

È ancora in corso presso il Museo d’Inverno Più che opere storie mostra che si compone di alcune opere della collezione di Cesare Pietroiusti, da lui stesso selezionate.
Questa peculiare esposizione collettiva presenta, per la prima volta al pubblico, le opere di ventisette artistə: Massimo Bartolini, Alighiero Boetti, Pino Boresta, Silvia Calderoni, Giuseppe Chiari, Fausto delle Chiaie, Ra di Martino, Salvatore Falci, Roberto Fassone, Ceal Floyer, Valentina Furian, Anna Homberg, Andrea Lanini, Sara Leghissa, Sergio Lombardo, Maria Morganti, Giancarlo Norese, Laurie Parsons, Pino Pascali, Redazione de “Il Tempo” di Roma, Fred Sandback, Aldo Spinelli, Jenna Sutela, Uffici per l’immaginazione preventiva, Serena Vestrucci, Cesare Viel e Luca Vitone.

Attraversando Porta Camollia, uno dei dodici portali di accesso all’antica città di Siena, tutt’oggi cinta da antiche mura, s’incontra un’iscrizione in latino che recita Cor magis tibi Sena pandit, ovvero Siena ti apre un cuore più grande (della porta che stai attraversando); un monito gentile che ci preannuncia il grande stupore che si proverà una volta varcata la soglia d’acceso. Il Museo d’Inverno nasce in questo scrigno medievale, con l’intento di dare risalto ad una storia dell’arte inedita e ancora non ufficiale, per soddisfare l’urgenza di una fruizione dell’arte che assecondi tempi più lenti. Per tale ragione vengono invitati artisti e artiste a curare una selezione ragionata di opere derivante della loro stessa collezione, per evidenziare le relazioni che hanno caratterizzato momenti cardine del loro percorso artistico di crescita, di vita e del pensiero. 

Il Museo ideato e diretto dagli artisti Eugenia Vanni e Francesco Carone è situato sopra il bacino idrico trecentesco di Fonte Nuova nel cuore pulsante della Contrada della Lupa, uno dei diciassette rioni che costituiscono la città. Per l’occasione Cesare Pietroiusti ha selezionato dal proprio archivio personale, oltre alle opere, anche corrispondenze, documenti, testimonianze, residui e pubblicazioni che sono il frutto di scambi, acquisti, regali e talvolta eventi totalmente casuali. Il materiale raccolto dall’artista apre dei varchi temporali che tracciano un percorso di circa cinquant’anni, che si compone di relazioni intessute con artistə di diverse generazioni, nonché con gruppi e organizzazioni che hanno rappresentato momenti significativi non solo nello sviluppo della ricerca artistica di Pietroiusti, ma anche nelle modalità di pensiero e nella costruzione di valore e di senso che sostanziano tale ricerca. Quadri, lettere, disegni, stampe, sculture, sono accompagnati da brevi testi che spiegano la ricostruzione della provenienza e la motivazione per cui ognuno dei ventisette lavori presenti in mostra è entrato nella sua vita. Queste testimonianze rappresentano un modo e una possibilità per ricomporre, oltre a una vicenda puramente personale, anche il background artistico e culturale di luoghi e tempi ormai quasi del tutto irriconoscibili.

Cesare Pietroiusti. Più che opere, storie. Veduta della mostra,Museo d’Inverno Siena. Foto Ela Bialkowska, OKNO Studio, Courtesy Museo d’Inverno
Cesare Pietroiusti. Più che opere, storie. Veduta della mostra,Museo d’Inverno Siena. Foto Ela Bialkowska, OKNO Studio, Courtesy Museo d’Inverno

Geraldina Albegiani: Quando e come nasce l’idea del Museo d’inverno? 

Eugenia Vanni e Francesco Carone: Il Museo d’Inverno nasce nel dicembre del 2015, sarà poi nel febbraio del 2016 che verrà inaugurata la prima mostra dal titolo: Maurizio Nannucci featuring James Lee Byars in cui Maurizio Nannucci portò in mostra, in nome della loro amicizia, le opere di James lee Byars appartenenti alla sua collezione. Successivamente abbiamo invitato: Miltos Manetas, Luca Pancrazzi, Nathalie e Piero Sartogo, Luigi Presicce, Alfredo Pirri, Alessandra Spranzi, Riccardo Guarneri, Michelangelo Consani, Marcello Jori, Chiara Camoni e Luca Bertolo, Emanuele Becheri che a loro volta hanno scelto le opere delle loro collezioni personali, selezionandole in base a criteri differenti. Quando abbiamo “inventato” il Museo d’Inverno, ormai più di otto anni fa, eravamo spinti da un’urgenza che ancora oggi riteniamo attuale, ovvero aprire degli spazi di riflessione all’interno della narrazione, ormai troppo veloce, che caratterizza l’arte contemporanea (e anche il resto del mondo). Le collezioni personali degli artisti possono fungere da veicolo per mettere in luce alcuni momenti di una storia dell’arte spesso sconosciuta, fatta di relazioni, scambi e collaborazioni tra artisti. Queste opere posseggono un valore unico che gli attribuisce l’artista a prescindere da quello di mercato e producono una letteratura nuova, sempre cangiante. 
In occasione della sua mostra al Museo d’Inverno, Luca Pancrazzi scrisse una frase che riassume molto bene il senso di una collezione per un artista:“Collezionare è portare a sé, avvicinare, per conoscere o per riconoscersi; in questa azione si forma un cerchio non chiuso che tende alla spirale centrifuga, dove le opere, divenute soggetto, innescano altre relazioni col tempo e con altri soggetti”. 

GA: Eugenia e Francesco, voi siete entrambi artisti, pensate di avere un ruolo curatoriale in questo progetto?

EV – FC:  Il fatto di esporre opere non nostre, non fa di noi dei curatori. Le opere da esporre le scelgono, concordandole con noi, gli artisti che invitiamo e in quel momento ci sentiamo più dei registi che inventano, costruiscono, organizzano un contesto pronto ad accoglierle. Il Museo d’Inverno ha più l’identità di un’opera d’arte che di un progetto curatoriale.

GA: Il Museo d’Inverno si compone solo di due piccole stanze, curioso che abbiate deciso di chiamarlo museo…

In queste due stanze hanno trovato spazio le opere di: Carla Accardi, Caroline Achaintre, Helena Andreef, Thierry Alet, Paola Angelini, Francesco Arena,  Liz Arnold, Pedro Riz A’ Porta, Daniele Bacci, Francesco Barocco, Ines Bassanetti, Michele Bazzana, Becky Beasley, Emanuele Becheri, Luciano Bechicchi, Jacopo Benassi, Carmelo Bene, Erick Beltràn Carlo Benvenuto,  Marco Bernacchia, Alighiero Boetti, Arnold Böcklin, Émile Boilvin  Sergio Breviario, James Lee Byars, Antonio Calderara, Mike Calvert, Fioravante Caputo, Dario Carratta Francesco Carone, Massimo Carrozzo, Emilio Cattolico, Alessandro Ceresoli, Marco Cingolani Gianluca Concialdi, Andrea Contin, Michelangelo Consani,Petra Cortright, Aleister Crowley, Dadamaino, Van Den Dorpel, Giovanni De Francesco, Francesco De Grandi, Rolando Deval,   Danilo De Renzis, Luca De Silva, Anna Dissabo, Nathalie Du Pasquier, Chiara Dynis, Elena El Asmar, Pierpaolo Ferrari, Kyle Field, Luca Francesconi, Greta Frau, Kendell Geers, Luca Giacobbe,  Piero Gilardi, Guarini, Paul Goodwin,Tommaso Gorla, Stefano Graziani, Valery Grancher, Carlo Guaita, Keith Haring, Timothy Hull, Invernomuto, Joan Jonas, Kim Jones,  Marc Kremers, Jannis Kounellis, Andrea Kvas, Francesco Lauretta, Ugo La Pietra, Ezechiele Leandro, Sol Le Witt, H.H. Lim, Anìbal Lòpez, Lev Manovich,  Randi Malkin, Jonatah Manno , Andrea Marescalchi, Eliseo Mattiacci, Fabio Mauri MD, Jonathan Meese, Cildo Meireles, Samuel Mello, Fausto Melotti, Giovanni Meluso, Valentino Menghi, Paolo Meoni, Pilar Vivas Montes, Hidetoshi Nagasawa, Deimantas Narkevicius, Brigitte Niedermair, Hermann Nitsch,Giovanna Olmos, Luigi Ontani, Pierpaolo Pagano, Mimmo Paladino, Andrea Pazienza, Robert Pettena, Steve Piccolo, Cesare Pietroiusti, Franco Pinna, Michelangelo Pistoletto, Angelo Plessas, Luca Pozzi,Luigi Presicce, Fabrizio Prevedello, Pierluigi Pusole, Matt Pyke, Nora Renaud, Luca Rento, Davide Rivalta, Antonio Rovaldi, Rafael Rozendaal, Pietro Ruffo, Gak Sato, Laboratorio Saccardi, Mario Schifano, Gianluca Sgherri, Leo Savoldelli, Davide Savoriani, Luca Scarabelli, Ryan Siegan Smith, Giovanna Silva, Alessandra  Spranzi,  Thomas Shütte, Marco Tirelli,  Stefano Turrini,  Pascale Martine Tayou, Rirkit Tiravanija, Mai Ueda, Amalia Ulman, Giuseppe Uncini, Nico Vascellari, Claudio Verna. Maurizio Vierucci, Joel Peter Witkin John White e Italo Zuffi. 

Cesare Pietroiusti. Più che opere, storie. Veduta della mostra,Museo d’Inverno Siena. Foto Ela Bialkowska, OKNO Studio, Courtesy Museo d’Inverno
Cesare Pietroiusti. Più che opere, storie. Veduta della mostra,Museo d’Inverno Siena. Foto Ela Bialkowska, OKNO Studio, Courtesy Museo d’Inverno

GA:Attraverso queste opere ci racconti stralci della tua vita, ne possiamo percepire l’intensità. Le opere qui esposte sono tutte le opere della tua collezione o solo una parte? 

Una a cui sei particolarmente affezionato?

Cesare Pietroiusti: Le cose esposte al Museo d’Inverno sono ben lungi da essere tutte le opere (di altri artisti) che possiedo. D’altra parte, è molto difficile pensare quando potrebbe finire, completarsi, una raccolta del genere. E forse questa difficoltà è molto simile al concetto stesso di “opera”: anche in questa mostra, il confine fra cosa sia arte e cosa no, mi sembra sfuggente – e quindi interessante.
È chiaro che alcune fra queste opere (o quasi-opere) sono più indicative rispetto alla mia biografia, perché sono di artiste/i con cui ho lavorato, condiviso speranze, delusioni, entusiasmi, riflessioni e conflitti. E poi raccontano dei passaggi generazionali: da quando sei un allievo di un “maestro” (per me, Sergio Lombardo), a quando, insieme a dei coetanei, tenti di dar vita a un “movimento”  (Salvatore Falci e gli altri “piombinesi”), a quando, da docente, hai a che fare con artiste e artisti più giovani, come gli studenti dei laboratori dello IUAV, a cui, in generale, sono molto affezionato perché con loro ho percepito e percepisco di poter contribuire a una crescita, a un pensiero critico, o almeno alla convinzione che fare l’artista è possibile e che la ricerca artistica è il territorio della libertà. 

GA: Che criterio hai usato per selezionarle per la mostra Più che opere, storie? Quando hai iniziato a collezionare? Che significato ha per te collezionare?

CP: Sono convinto che le opere possano avere più vite, e riapparire, quando arriva il loro momento, a riprendersi un significato che non era ancora stato còlto. Nelle Tesi sul concetto di storia Benjamin dice: “…per la storia nulla di ciò che è avvenuto dev’essere mai dato per perso”. Collezionare vuol dire offrire alle cose una seconda possibilità; vuol dire, appunto, non disperdere, non dare per perso ciò che sembra essere già-stato. E nulla manifesta questa capacità di riapparizione (o “redenzione”), più di ciò che fanno gli artisti. Ecco un senso ambizioso del collezionare: mi piace l’idea di poter essere un mediatore di seconde vite.

GA: In questa occasione incarni più figure in una, sei artista e curatore della tua stessa collezione. Ti sei divertito? Hai scoperto qualcosa di te che ancora non era emerso? 

(Cesare) Concepire una mostra – anche di opere “proprie” – è sempre fare anche il curatore. A suo modo, e in proporzioni ovviamente più piccole, questa mostra è una retrospettiva simile a Un certo numero di cose 1955-2018, fatta al MAMbo qualche anno fa. Anche in questo caso, come in quello, mi sono divertito molto, anche perché ricostruire un percorso che attraversa tendenze, dibattiti, discorsi collettivi, offre, se non altro, quella possibilità di riapparizione di qualcosa di sé ai propri stessi occhi. Cosa ho scoperto, dunque? Non vorrei apparire sentimentale, ma mi sembra di sentire gratitudine e affetto nei confronti delle artiste e degli artisti che sono in questa mostra.

Esterno Museo d’Inverno, foto di Ela Bialkowska OKNOstudio